Fucilate e teatro "No,, nel "Romeo,, di Béjart di Massimo Mila
Fucilate e teatro "No,, nel "Romeo,, di Béjart Il balletto di Berlioz al parco di Boboli Fucilate e teatro "No,, nel "Romeo,, di Béjart Suzanne Farrell e Jorge Domi nei personaggi dei due innamorati - Prolungati applausi del pubblico, allontanato soltanto da un acquazzone l o i i e e (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 16 giugno. Tra un acquazzone e i'altro, nel meraviglioso scenario naturale del parco di Boboli inzuppato di pioggia recente, si è svolta ieri la prima delle numerose rappresentazioni che avrà qui «Romeo e Giulietta», grosso balletto in due tempi che costituisce uno dei maggiori successi conseguiti dal « Baiiei. du siècle », l'imponente compagine formata dal discusso ed acclamato coreografo francese Maurice Béjart presso il Théàtre de la Monnaie a Bruxelles. Non è possibile ad un incompetente entrare nel merito della realizzazione coreografica e della sua attuazione da parte del numeroso, validissimo corpo di ballo. Certo, l'impressione d'un profano è che la tante volte annunciata, cercata e promessa fusione di danza classica e danza libera, che costituisce la meta e la formula del balletto moderno, sia realizzata nelle coreografie di Béjart con totale pienezza e spontaneità, amalgamandosi le due componenti nella realtà di un linguaggio nuovo ottenuto dai moti di corpo umano, singolo e in collettività, col concorso delle tecniche teatrali moderne. Figlio d'un professore di filosofia, autore egli stesso d'un romanzo, Béjart è, come si dice, un intellettuale, e il suo contributo al balletto moderno non si limita certo ad alcune caratteristiche posizioni sulle ginocchia divaricate, diventate presto oggetto d'imitazione universale da parte di coreografi in vena d'espressionismo. «Romeo e Giulietta» è qualcosa di più che un semplice balletto sulla « sinfonia con cori » composta da Berlioz nel 1839. La durata dello spettacolo è molto maggiore che non quella dei movimenti sinfonici. Vi si aggiungono inserti recitati, finzioni sceniche varie, vasti episodi nei quali la danza produce a se stessa il proprio suono: per esempio, la drammatica rissa stradale tra Capuleti e Montecchi, ritmata dall'incalzante percussione di bastoni sbattuti per terra. Un lungo prologo introduce lo spettacolo vero e proprio, e indulge un po' troppo alla tediosa moda odierna di mostrare lo spettacolo nel suo farsi. Il teatro dentro il teatro ed i suoi retroscena. Ma una volta superati questi ammennicoli sovrabbondanti (tra cui la ricercata preziosità di due mimi che simulano la proiezione di Romeo e Giulietta nella dimensione barocca di un «No» giapponese). Quando irrompono sulla scena le note del fugato iniziale di Berlioz (purtroppo da una colonna sonora, che ieri sera ha anche fatto i capricci), il palcoscenico circolare, leggermente concavo, a disegni bianchi e neri, si anima di una vita robusta, dinamica e travolgente che non s'arresta più. L'arte di Béjart presenta due aspetti: uno, diciamo cosi, solistico, di concerto da camera, ed è spesso ricercato, quasi morboso; ed uno, invece, collettivo, dinamico, portato sulle ali di un'esaltazione atletica, come avviene nel suo celebre « Sa¬ cre du prinlemps ». A tal genere di balletto sinfonico appartiene « Romeo e Giulietta », in una vena di alta retorica victorhughiana (precisando che si considera Victor Hugo, con o senza « Hélas! », il più grande poeta di Francia). Il che non esclude, anzi, postula momenti di delicatissima poesia nei passi a due dei protagonisti. Numerosi solisti si alterneranno nelle repliche dello spettacolo, alla cui credibilità molto giovano i costumi disegnati da Germinai Cassado. Essi realizzano sul piano visivo ia stessa fusione di classico e moderno che è nella coreografia di Béjart: suggeriscono l'epoca, senza cadere nel color locale di una Romeo e Giulietta operistica. Giulietta era ieri sera la squisita, veramente eterea e poeticissima Suzanne Farrell; Romeo era Jorge Donn, non cosi in forma come si è mostrato altre volte in questo ruolo. Bertrand Pie, nell'indovinato costume nero da « teddy boy », ha reso benissimo la natura del moderno teppista che Béjart attribuisce al personaggio del provocatore Tebaldo. Ma, ammazzato da Romeo, non gratta il suolo con le unghie negli spasimi dell'agonia, co¬ me faceva in modo indimenticabile Germinai Cassado. La parte, così bella, di Mercuzio, era ieri sera tenuta da Daniel Lommel, che ne rende opportunamente i valori di umorismo affettuoso. Angele Albrecht era una regina Mab tutt'altro che implacabile e Pierre Dobrievich un frate Lorenzo dove la devozione non va disgiunta da coreutica agilità. Gli innu| merevoli altri personaggi minori e l'imponente, agguerritissimo corpo di ballo hanno contribuito non poco al vibrante successo che anche qui lo spettacolo ha registrato. Dopo la chiusa grandiosa, che inserisce l'azione shakespeariana in una moderna invocazione alla pace, e alle note di Berlioz mescola sinistre scariche di fucileria e di mitraglia, mentre sulla scena acrobatici ballerini si abbattono fulminati tra le coppie inneggiano danzando ll'i. -iore universale, il pubblico non se ne voleva più andare e sostò a lungo ad applaudire sulle scalinate e tribune rizzate in Boboli (abbastanza acrobatiche anch'esse). A sgombrare la posizione provvide autorevolmente il Padreterno con un ultimo, tempestivo acquazzone. Massimo Mila
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