"Cardiobaina" 8 morti, 2 imputati una condanna passata sotto silenzio

"Cardiobaina" 8 morti, 2 imputati una condanna passata sotto silenzio (Dal nostro inviato speciale) Bergamo, 14 giugno. Per le otto donne del manicomio di Bergamo, che nel '65 furono uccise dalla « cardiobaina », una medicina dosata erroneamente dal fabbricante, è stata pronunciata, ieri, una condanna a due anni di carcere, condonati. Durante il dibattimento, nell'aula del tribunale c'erano sette spettatori, al momento della sentenza addirittura nessuno. Un disinteresse che si spiega soltanto con il fatto che le vittime erano malate di mente e nella generalità dei casi i malati di mente sono dimenticati, o meglio, da dimenticare. Eppure all'epoca del tragico episodio, lo scalpore fu notevole: le otto anziane donne, tutte degenti nel reparto Verga dell'ospedale neuropsichiatrico dell'amministrazione provinciale di Bergamo, morirono nel giro d'una mattina, il 9 ottobre, dopo che una suora aveva loro praticato l'iniezione d'un farmaco cardiotonico, appunto la «cardiobaina ». Altre sette degenti erano riuscite a salvarsi dopo essere state gravissime. Sono passati quasi sette anni da allora; l'istruttoria è stata lunga e laboriosa, sono state necessarie molte perizie; se fossero passati altri sette mesi, il reato sarebbe andato in prescrizione. Qualcuno leggendo sul giornale la notizia della condanna ha commentato: «Per otto morti, solo due anni e neanche da scontare in galera! ». La persona che è stata condannata, la dottoressa Elide Barbero, dice: « Sono stata una sprovveduta e una sfortunata, ma non mi sento colpevole. Non avrei dovuto essere condannata, ho già sofferto enormemente per questo choc che ancora mi perseguita, tanto che non oso più andare dalle parti di Costeggio ». Pronunciando queste ultime parole, piange. Casteggio, in provincia di Pavia, è il paese nel quale aveva sede la Aschei-Dazzini, una piccola fabbrica di medicinali, quella che produceva la « cardiobaina ». Era di proprietà di Ruggero Dazzini, non laureato, il quale aveva un figlio, Roberto, che frequentava l'università. In attesa che Roberto ottenesse laurea e specializzazione per poter dirigere il laboratorio, il Dazzini padre affidava la direzione del settore biologico al professor Pietro Mascherpa, preside dell'istituto di farmacologia dell'università di Pavia, e il settore chimico alla dottoressa Elide Barbero. Racconta la Barbero: « Eravamo nel '49, io avevo 23 anni, 2ro da poco laureata. Mi «Ndesiaanil deciota descMsadimbatue rabe« Mla diil soraasnadinaaumnemtustqumdorepevihalaqulacodrtoriconinplosisc(stfchiesero se potevo assumere I questo incarico, in attesa che : Roberto Dazzini si laureasse, Mi spiegarono che la mìa adesione era soltanto una ; questione burocratica, che j mserviva per il ministero: la dslessa cosa l'aveva accettala \ sil professor Mascherpa, che era stato mio docente e del quale avevo grande siima. Acconsentii. C'era un modestissimo compenso: diecimila lire a! mese. Qualche volta, quando venivano ispezioni, si faceva atto di presenza nel \ laboratorio. A volte io presenziavo per effettuare controlli di purezza o dì dosi, ma non mi sono mai interessata di "cardiobaina": mi diceva- ' no che non la fabbricavano più ». Il 9 ottobre '65, le otto degenti del manicomio sono morte dopo iniezioni di "car- i diobaina" che era stata pròdotta nel 1953. La dottoressa j Barbero aveva cessato il suo incarico, corrisposto fino al-1 l'ultimo con diecimila lire al mese, nel 1960. L'inchiesta èl andata a ripescarla. S'era sposata, aveva diretto per un ' po' di tempo una farmacia e poi si era messa a insegnare matematica nelle scuole medie, coinè fa ancora adesso. L'hanno accusata, insieme con il professor Mascherpa, di omicidio colposo plurimo. Era risultato dalle analisi, che parte di quel prodotto acquistato dall'ospedale neuropsichiatrico era stato dosato male: uno degli elementi componenti, la « oualina », era in misura eccessiva e quindi mortalmente tossica. Racconta ancora la Barbero: «Fu una notizia tremenda per me. Venne subito a casa mia il dott. Roberto Dazzini, che dopo la morte del padre era diventato titolare della fabbrica, per rassicurarmi, per dirmi che dgelbbddlnon c'entravo e che mi avrebbe tolto da ogni.impiccio E invece, tre giorni dopo, evidentemente ancora più sconvolto di me, si uccise con un colpo di fucile ». La Barbero adesso abita a Voghera; ha un liglio che fa io ti terzo anno di medicina, Nel disinteresse il processo per la tragedia di Bergamo "Cardiobaina" 8 morti, 2 imputati una condanna passata sotto silenzio A pagare per le degenti dell'ospedale psichiatrico uccise dal farmaco è una giovane dottoressa, responsabile del reparto nell'azienda che produceva il cardiotonico - I fatti avvennero 7 anni fa: ancora 7 mesi e il reato cadeva in prescrizione - La dottoressa ricorda, tra le lacrime, la vicenda - Il p.m. (in aula sette persone) ha detto: il primo imputato doveva essere il titolare dell'azienda, che sconvolto si tolse la vita «Non avrei voluto che prendesse questa facoltà, mi pare sia irta di pericoli: la lunga angoscia di questi anni con il peso dell'accusa mi fa vedere tutto difficile e minaccioso ». Al processo, c'è stata una lunga disquisizione dei difensori del prof. Mascherpa, gli avvocati Silvano Martini e Gian Domenico Pisapia di Milano, i quali hanno dimostrato che la « cardiobaina » è una sostanza di natura chimica e non biologica e quindi i controlli di laboratorio spettavano alla Barbero e non a Mascherpa. « Mentre eravamo seduti sulla panca degli imputati — dice la dottoressa Barbero — il mio ex insegnante, professor Mascherpa, mi ha sussurrato: "Mi spiace, ma io verrò assolto e lei condannata"». L'articolo 589 del codice penale, che contempla l'omicidio colposo, prevede una pena da sei mesi a cinque anni, aumentabili fino al triplo, comunque non oltre i 12 anni, nel caso di omicidio plurimo. La Barbero avrebbe potuto essere condannata a questa pena. Il p.m. nella sua requisitoria ha detto che il primo imputato sarebbe stato il dott. Roberto Dazzini, titolare del laboratorio, il quale però ha già pagato con la vita la sua colpa. Il tribunale ha tenuto conto del fatto che la Barbero aveva 'assunto quell'incarico subito dopo la laurea quando era inesperta. L'ospedale neuropsichiatrico, dopo quel clamoroso e drammatico scossone dell'ot-1 tobre '65, riprese il suo solito I ritmo, nell'indifferenza, che I continua tuttora. I malati sono 1300 come allora. 300 gli infermieri, sette i medici. Il professor Alberto Rostan, che lo dirigeva in quel periodo, si è dimesso il 31 gennaio scorso, dopo 32 anni di ser- Remo Lugli Pavia II professor Mascherpa fotografato qualche tempo fa nel suo studio co l fgli Pavia. II professor Mascherpa, fotografato qualche tempo fa nel suo studio con la figlia