All'attuale ritmo degli allacciamenti solo nell'84 servizio elettrico per tatti

All'attuale ritmo degli allacciamenti solo nell'84 servizio elettrico per tatti Inchiesta sull'Enel dieci anni dopo la nazionalizzazione All'attuale ritmo degli allacciamenti solo nell'84 servizio elettrico per tatti Il relatore di maggioranza presentò la nazionalizzazione come « il più valido strumento per un equilibrato sviluppo del Paese, per una razionale unificazione del sistema elettrico» - Nei conti passivi dell'Enel figurano 2200 miliardi d'indennizzi agli espropriati, di cui 1824 versati al 1" gennaio scorso - Delle società colpite dalla riforma (e beneficiarie degli indennizzi) poche hanno avuto fortuna nelle nuove attività (Nostro servizio particolare) Roma, giugno. Nei listini di Borsa, si trovano ancora alcune delle ventiquattro società elettriche di dieci anni fa (814 miliardi di capitale nominale, circa mezzo milione di azionisti), e proprio le maggiori, come la Edison (diventata Montcdison dopo aver assorbito la Montecatini), la Sip, la Sme. Operano, ovviamente, in campi diversi da quello elettrico: la prima nella chimica, la seconda nelle comunicazioni (telefoni), la terza tra le finanziarie. Questo perché, nel 1962, furono nazionalizzati la industria e gl'impianti elettrici, non le società e i capitali (le azioni). Differenza che riuscì allora di difficile comprensione, oltre a costituire una sorpresa dell'ultima ora. Infatti, ancora il giorno prima dì quel lunedi 18 giugno (nei due giorni seguenti i giornali tacquero, per lo sciopero dei poligrafici), le corrispondenze da Roma parlavano di obbligazioni che avrebbero dovuto sostituire le azioni elettriche, « al tasso forse del 5 per cento », con « particolari misure a favore dei piccoli azionisti», i quali, invece, anche per insufficienza d'informazione a tutti i livelli, si spaventarono a morte e da quello spavento non sì sono più riavuti. Ad allontanare il risparmio dalle Borse contribuì, negli stessi giorni del 1962. l'istituzione dell'imposta cedolare d'acconto. « non una nuova imposta — come si volle spiegare — solo un modo diverso d'incassare la complementare», ma che ribadiva un più rìgido criterio di nominatività per i titoli azionari. Le società ex-elettriche clic non figurano più nei listini di Borsa, come Sade, Bresciana. Cieli, Emiliana, Valdarno, Romana ecc., sono scomparse perché assorbite dalle grandi società madri, di cui hanno seguito le sorti, non diciamo le fortune perché assai poche hanno avuto successo nei nuovi campi di atfività ai quali sì sono rivolte, impiegando anche gl'indennizzi pagati semestralmente dall'Enel. Ricordiamo che allora, quando si girava negli ambienti delle società per azioni, si sentiva parlare delle ex-elettriche come di « quelle ricche », pere/té avevano un « conto aperto con l'Enel ». Al primo gennaio '72, gl'in¬ dennizzi versati dall'ente nazionale elettrico a quelle 24 società e alle altre, insieme ad esse o successivamente integrate, ammontavano a 1824 miliardi. Siamo agli sgoccioli, per le società nazionalizza- i i te nel 1962. perché la legge istitutiva dell'Enel prevedeva il pagamento in dieci anni, in venti rate semestrali eguali, con inizio dal 1" gennaio 1964 (ma con gl'interessi del 5,5 per cento calcolali dal 1" gennaio 1963). Rimangono quattro rate soltanto, tuttavia sono sgoccioli per modo di dire: la Montedison, per esempio, deve ricevere ancora 183 miliardi 190 milioni e tutto il suo gruppo (che comprende alcune ex-elettriche incorporate) ha un conto Enel attivo per 195 miliardi 929 milioni. Alla fine dei conti, in termini d'indennizzi, la nazionalizzazione elettrica dovrebbe venir a costare circa 2200 miliardi di lire. «Il provvedimento più sconvolgente del dopoguerra, il più discusso, il più tormentato nella storia legislativa italiana » (non era ancora apparso all'orizzonte il divorzio), così fu definita la nazionalizzazione dell'industria elettrica, che tuttavia fornisce appena il 10 per cento del nostro fabbisogno di energia. « Apparve dieci anni fa — l'ha ricordato in questi giorni Guido Carli all'assemblea della Banca d'Italia — la maggiore delle trasformazioni strutturali alle quali la nostra economia sarebbe stata assoggettata ». Noti sembra, però, che la riforma abbia portato quei benefìci che i suoi patrocinatori si attendevano, né abbia provocato quei danni che i suoi oppositori prospettavano. L'on. De Cocci (de), presidente della Commissione industria e commercio e relatore alla Camera del disegno di legge, lo presento come « il più valido strumento per un equilibrato sviluppo economico del paese, per una razionale unificarione del sistema elettrico ». De Cocci illustrò anche i vantaggi derivanti dall'obbligo di allacciature e di aumento di potenze, « obbligo che finora non si è riusciti ad imporre alle società elettro-commerciali ». Che cosa si è fatto, per gli I allacciamenti? Secondo dati 1 Enel, nel 1965 gli italiani con residenza permanente in località rurali prive di energia elettrica (nuclei abitati o case sparse) erano ancora 1 milione 200.000. oltre ad altri 490 mila con residenza stagionale in località senza luce. Nel quadriennio 1966-69 sono stati allacciati ulla rete elettrica 863 centri rurali e 39.700 case sparse, con un totale di 245 mila abitanti, ai quali vanno aggiunti altri 52.000 italiani che hanno avuto l'elettricità in seguito a programmi realizzati dalla Cassa per il Mezzogiorno. A questo ritmo, di circa 300 mila abitanti « illuminati » in quattro anni, si dovrà attendere il 1984 per vedere tutti gl'italiani forniti di servizio elettrico. In coni- | plesso, però, le utenze servite i sono passate dai 16 milioni 395 mila di fine '63 ai 24 milioni 725 mila di fine '71. con . un alimento del 50 per cento in otto anni. L'on. Alpino (pli) negò che il nuovo ente sarebbe stato in grado di fornire al paese l'energia necessaria, per quan- \ rapdlaDridmrctlcpdroi tità e prezzo, affermò che l'aumento del prezzo dei tabacchi, deciso in quei giorni, era la prima conseguenza della nazionalizzazione, una forma per far pagare, con vie traverse, alla popolazione, i maggiori costi dell'industria elettrica di Stato. Abbiamo già visto che la produzione Enel, in quantità, ha raggiunto quanto meno lo sviluppo del decennio precedente, che le tariffe non sono aumentate. Quanto agli oneri aggiuntivi, l'Enel finora ha avuto dallo Stato solo la « promessa » di un fondo di dotazione di 250 miliardi, distribuiti in cinque annualità, in base a una delibera del Consiglio dei ministri del 9 aprile 1971, non ancora attuata. Non si sono visti, però, neppure i benefìci pronosticati da Riccardo Lombardi. Il deputato socialista, parlando nell'agosto '62 alla Camera, rilevò che nel 1961 le imprese elettriche avevano denunciato un reddito lordo di 300 miliardi, 87 dei quali riservati agli utili. L'Enel, che non ha azionisti da retribuire, concluse Lombardi, assolti tutti gl'impegni (indennizzi, relativi interessi, imposte), disporrà di 150 miliardi per autofinanziamento, così da consentire una riduzione delle tariffe. Non aver aumentato le tariffe da allora, come abbiamo visto, si traduce, in pratica, in un'effettiva riduzione, dato il contemporaneo diminuire del potere d'acquisto della lira. Ma ciò è avvenuto per un atto politico: blocco delle tariffe da parte del Cip, non per l'andamento del conto economico dell'Enel, la cui percentuale di autofinanziamento è scesa dal 64,49 del 1964 al 31,77 per cento del 1970. E l'ente dichiara di aver effettuato minori ammortamenti, rispetto a quelli opportuni, per 371,5 miliardi di lire, che rappresentano in pratica la perdita dei primi nove anni di gestione. Operai addetti alla tesatura dei cavi ad un traliccio nella linea Casanova-Vado Ligure

Persone citate: Casanova, De Cocci, Guido Carli, Lombardi, Riccardo Lombardi

Luoghi citati: Montecatini, Roma, Vado Ligure