Le farfalle di Ceylon di Lorenzo Mondo

Le farfalle di Ceylon INEDITI DI GOZZANO Le farfalle di Ceylon Mentre si attende l'edizione davvero definitiva delle poesie di Guido Gozzano, vanno infittendosi, da parte di giovani studiosi, ricerche d'archivio c spogli di giuntali per ricuperare pagine sconosciute o dimenticale di questo autore, clic continua :i godere, in tanto volgere tli gusti e di casi, un'imperterrita lori una. Ci si muove per lo più in zone marginali, clic interessano la psicologia, gli atteggiamenti pratici, le curiosità culturali di Gozzano c le sue amicizie; ma è proptio da questa paziente orditura che si spera di tracciare, al di là dei guasti provocali dalla guerra sulle carie residue, oltre lo stesso mimetismo del poeta, un suo attendibile identikit. E a lai fine appare particolarmente utile la- pubblicazione, a cura di Giorgio De Rienzo, delle lcltcrc tli Gozzano a Carlo Vali iti i. note finora per frammenti e frequentate solo dagli specialisti (ed. Centro Studi Piemontesi). Sono una cinquantina, comprese tra il 1907, l'anno della Via del rifugio, c il 1914, con la guerra incombente. Sulle villeggiatine montane o sugli ozi nel Canavcse pre dominano gli sfondi c i colo ti marini: il Gozzano ventai ne, malato di lisi, sverna a Camogli o a S. Francesco d'Albàro seguendo le dubbiose prescrizioni della medicina del tempo. Descrive l'hotel « come una scatola di cristallo sospesa a picco su di un panorama inverosimilmente bello. Troppo bello! Della bellezza un po' sciocca di una cartolina ili usi rata s. In attesa della guarigione fìnge o s'illude di aver trovato la serenila e rappresenta se stesso dedito a meschine incombenze, recitando una scenetta con animatissimi! arguzia: « La mia vita, dal lato materiale, ha mille asperità e mille umiliazioni che non ti enumero: l'albergo, una bicocca di estate, è più bicocca di inverno, col vento marino che la investe da tutte le parti, le finestre che non chiudono, le fessure eschimesamentc imbottite di stoppa, i padroni trascurati, i servi inetti. Ma oramai mi sono fatto di casa, vado in cucina, maltratto il cuoco, gli scaravento stilla testa te costolette di cavallo, sorveglio la mia biancheria, letico con la Scià Adele... E sono felice! ». Naturalmente non c vero. C'è in lui la forzata gaiezza di chi deve trascorrere i suoi giorni tra malati e vecchi; al ricordo delle sontuose dame di Torino floreale (ombra implacata di Amalia Guglielminetti) non può opporre che una ironica stilizzazione da bestiario linncano: « Ci sono anche le anus... le anus migratrici, provenienti da tutti i più auriferi paesi barbarici: passano e vanno, con le tasche piene d'oro e le chiome ripristinate al nitrato d'argento». * * Non deve ingannare il linguaggio estremamente libero, che scandalizzò i primi lettori di queste lettere c ne costituisce la novità più appariscente. Guido, a parte gli sbalzi d'umore c l'oscillazione abituale tra tenerezza e ironia, sembra sforzarsi di adattare la propria immagine secondo la diversa personalità degli interlocutori. Scrive ad Amalia con il falso sussiego d'un attore del muto, scrive a Vallini in un'eco ili goliardica scapestratezza. Anche la bestemmia e il piglio postribolare sfumano nell'ambiguità. A suprema irrisione d'ogni più caro immaginare, pensa di scrivere una poesia in cui egli stesso, «sul divano chermisi», possiede Carlotta, la dolce amica di nonna Spcranza. il' l'ironia che diventa bravata e scherno, forse in un soprassalto di acre sensualità; è la noia che diventa inimicizia lutale. Non è lui, assiduo consolatole della madre inferma, che invita ora gli amici a visitarla, armandosi però di -.'iiiia buona dose di cretineria»? La professione di cinismo non riesce a nascondere un'an sia tormentosa. Porta da tnol te settimane, giorno e notte, una maschera inalati ice, nuovissimo strumento di tortura, \i indugia con l.i sua tipica cn«lafopdreiltaslagrscmesnSclcbidbcnvmzRrtsdsstpDczrsaCgcgcKls e à d o e a n o , n saa noo n l e, oa, a curiosità per gli oggetti mai nominati prima dai poeti: «Credo proprio che quell'inalazione continua di essenze forti c balsamiche mi intorpidisca il cervello»; già ['«ordegno',, poggiato sul naso, gli rende difficoltoso scrivere. Ila il terrore della sterilità. Ritinta la letteratura, protesta la sua inutilità, cerca di avvilirla compromettendola con i giochi di potere, le chiacchiere di salotto, le rivalità astiose; tua là batte e ribatte il suo chiodo. Anche Vallini è al suo primo libro, La via del rifugio e La rinunzia compaiono insieme nelle vetrine. E Gozzano, clic si sente «come un Silvio Pellico impotente ma che non ha sulla coscienza l'infamia d'una Francesca », chiede che il suo volume sia ben esposto in libreria, esige in copertina il contrassegno di una fittizia terza edizione briga per le recensioni; in cambio, si adopera per Valli ni presso i giornali liguri, scrive di lui sotto falso nome. * -k Amministra insomma con molta abilità e spregiudicatezza la sua fortuna; intuisce (De Rienzo lo mette bene in chia ro) il peso di un'industria cui turale di cui intende avvalersi senza farsene nell'intimo condizionare: si pente infatti d'essere uscito troppo presto allo scoperto, confessa « un'incon tentabilità morbosa che gli fa parere una schifosità anche la Divina Commedia ». Alla luce di questa strumentalizza zione è tutt'altro clic derisorio, come parve a taluno, il suo commercio con il mondo angusto dei Pastonchi e dei Cena. Resta sì, per quanto ri guarda la propria poesia, un'a citta insoddisfazione, un'esi genza oscura di concretezza c verità: « Vedi che anche il Kaiser è del mio parere, con la differenza the ha a disposizione uomini invece di pa iole... ». E' uno scritto del 1914, a due anni ormai da quel viag gio in India intrapreso a sco po di salute, ma che tanta importanza doveva assumere per la sua crisi esistenziale e poetica. Ce ne restituisce i senso la recente « lettura » d Verso la cuna del mondo compiuta da Antonio Mor (ed. Marzorati). Le suggestio ni esotiche, l'approccio alle re ligioni orientali divulgate dai teosofi potevano riuscire pericolose |tcr l'antico alunno di D'Annunzio. Il bagno sull'ultima spiaggia dei decadenti sembra invece immunizzare Gozzano, fortificarlo: mai come ora si è sentito coinvolto, sia pure faticosamente, con la civiltà europea e cristiana, così lontano da sangue c lussurie sacrali. Nelle circostanze più aliene riesce a insinuarsi la nostalgia e talora la quieta identificazione con i volti e i luoghi della sua terra. E' vero però che, in cospetto della natura primordiale, si allarga l'orizzonte della provincia piemontese, e con esso l'arco degl'interessi e delle ambizioni di Gozzano. Cerca, c a volte raggiungerà, nelle Farfalle, un timbro nuovo, di gra\e c solenne recitativo; si abbandona, senza più ironia, a una religiosa considerazione del destino dell'uomo: più effimero delle farfalle che vivono da 250 milioni di anni, e dopo la battaglia — secondo la splendida immagine della poesia indiana — si posano indifferenti sui vinti uccisi e sui vincitori addormentali. Esiste una poesia ritrovata di Gozzano, Risveglio sul Picco d'Adamo (la pubblica e commenta F. Contorbia su Strumenti Critici), nata dal soggiorno a Ceylon: «Cantare udivo un gallo in sogno... Sognavo un villaggio I caiiavesano forse... L'aurora improvvisa mi destai/. E l'illusione svanisce: «Non il Re dei cortili qui regna, ma l'avo selvaggio I (già cantava sul Picco d'Adamo che Adamo non era). I Canta il 'gallo bancl{ywa' l'aurora del Tropico, il raggio I d'oro che scende obliquo dove la jungla è più nera». Ecco, Gozzano, al ritorno nel mondo misurato e famigliare della signorina Felicita, non riuscirà più a dimenticate quel richiamo alto e intatto sullo sfasciume degli evi. Lorenzo Mondo (sgrltotdvtcXarnectpCimadmlulcfls

Luoghi citati: Camogli, Gozzano, India, Torino