Un centro per studi sul patois di Giorgio Giannone
Un centro per studi sul patois AD AOSTA Un centro per studi sul patois Sarà diretto dal glottologo Renato Willien (Dal nostro corrispondente; Aosta, 25 mangio. «Tanqu'a no revér» (arrivederci! è la più antica forma di saluto in « patois valdótain», un dialetto la cui origine si perde nella antichità e che si è tramandato nei secoli ii padre in figlio. Il «patois» non ha regole scritte, ma si mantiene vivo con la tradizione orale: non esistono grammatiche o sintassi, non vi sono dizionari (la «Petite Grammaire», redatta dall'abbé Cerlogne, all'inizio del secolo, è incompleta). Per evitare che cada nell'oblio, come è accaduto per altri dialetti, è stato fondato ad Aosta un centro studi per la conservazione del «patois» j diretto da Renato Willien, conoscitore delle tradizioni della valle e appassionato studioso di glottologia. «Non esiste un solo patois — dice Willien — possiamo affermare che vi sono tanti patois quanti sono i comuni della valle». I dialetti hanno tutti una matrice comune perché derivano dal franco-provenzale, ma differiscono tra loro. Le varianti sono minime tra i comuni limitrofi, ma possono diventare enormi quando aumentano le distanze. Gli abitanti di Pila, per esempio, capiscono con difficoltà il dialetto di Jovengan, località a soli venti chilometri di distanza. Tra le regioni italiane, la I valle d'Aosta è quella in cui il j dialetto conserva la maggiore vitalità. Nei villaggi d'alta montagna, il patois è sovente ! la lingua materna dei bambini. Esiste poi tuttta una lette ratura: poesie e racconti, che hanno larga diffusione nei I paesi delle valli laterali. Unica in Europa, la «petite patrie» ha istituito dieci anni fa concorsi di patois nelle scuole elementari e medie. Proprio in questi giorni si è concluso a Champoluc, con la «Feta di patouè» il decimo concorso «Abbé Cerlogne», cui hanno partecipato 600 tra insegnanti e ragazzi, allievi di scuole elementari e medie. Erano presenti anche due i scuole elementari e medie del Cuneese e della valle di Susa. | «So7io zone — dice Renato Willien, organizzatore del concorso — nelle quali si parla un dialetto simile a quello I valdostano e dove vi sono i analoghi problemi per la saivaguardia del patrimonio culturale». II concorso riguardava una serie di temi su problemi tipici dell'alta montagna e del mondo agricolo. Nei giorni scorsi si è anche concluso un convegno di studi, svoltosi a : St-Nicolas, cui hanno partecipato professori e glottologi delle università di Parigi, Utrecht, Tolosa, Monaco, Neuchàtel, Ginevra e Torino. Sono state poste le basi per una collaborazione sullo studio del franco-provenzale, che sino ad oggi si è svolto in maniera autonoma e con metodi differenti nelle varie università. «Compito dei patoisants valdostani — spiega Willien, che sta completando l'ultimo volume di una antologia dialettale — è quello di sollecitare l'amor proprio, l'orgoglio della nostra popolazione perché prenda coscienza dell'eredità preziosa che ha ricevuto in dono dagli antenuti» Tra i vari obiettivi che i cultori del patois si sono proposti per la difesa e la conservazione del dialetto, i più importanti sono ottenere dall'Amministrazione regionale l'adozione di misure atte a frenare lo spopolamento dei villaggi di montagna, ambiente naturale del contadino e della sua lingua; introdurre tra le materie di studio la conoscenza della letteratura dialettale locale «perché ogni studente ha diritto — secondo la "Charte des langues" dell'Istituto di Friburgo del 'rj9 — all'uso pubblico della lingua che è per lui mezzo più efficace di espressione». In questo senso va considerata l'introduzione del concorso di patois, avvenuta per la prima volta quest'anno, nella scuola materna: «E' necessario che i bambini non avvertano in così tenera età un brusco cambiamento fra la lingua materna e la lingua della società esterna», conclude Willien. Il patois, come tutti i dialetti e le tradizioni, tende a scomparire; per impedirne la scomparsa è necessario, secondo i «patoisants», nobilitare questo dialetto e renderlo ufficiale in tutte le manifestazioni della vita pubblica. Da tredici anni dura anche l'attività d'un teatro in patois, lo «Charaban», che si propone di far rivivere le antiche rappresentazioni (affidate anche queste alla tradizione orale) del teatro popolare in dialetto dell'800, al fine di rendere questa lingua vitale ed attuale. Giorgio Giannone
Persone citate: Cerlogne, Feta, Petite, Renato Willien, Willien
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