E di chi sarà poi il figlio?

E di chi sarà poi il figlio? E di chi sarà poi il figlio? (Considerazioni medico-legali ai margini della fantascienza) Dopo essere stato per anni al vertice dell'interesse e dopo un torrente di chiacchiere a proposito ed a sproposito, il problema dei trapianti pare ritornato là dove gli competeva di rimanere: all'attenzione dei tecnici cioè, ossia, da un lato, del chirurgo, dell'immunologo, del genetista, del medico-legale e, dall'altro, del giurista e del legislatore, in quanto — per lo meno per quel che concerne l'Italia — la legge del 1968 non può considerarsi esente da critiche e da una conseguente necessità di ritocco. Ma è bastato un flash di cronaca a riportare alla ribalta dell'opinione pubblica la questione. Parlarne rimane peraltro un mero esercizio dialettico, poiché la mancanza di informazioni precise sui particolari del caso libanese non consente se non un discorso generico, più problematico che concreto. Troppe cose si ignorano al riguardo. Si è parlato di un feto al settimo mese ma non è dato sapere se fosse spontaneamente venuto alla luce e fosse vissuto, sia pur per poco, di vita autonoma oppure fosse stato estratto chirurgicamente, vuoi morto dall'alvo di madre viva, vuoi ancor vivo da madre da poco deceduta. In- terrogativi senza risposta ma di comprensibile importanza dal momento che mettono in discussione la liceità giuridica e morale del prelievo. Né del resto essi costituiscono cosa nuova, perché interventi chirurgici siffatti erano già stati eseguiti decine d'anni fa ed i dibattiti non erano certo mancati sia prima che dopo la sentenza della Suprema Corte, pubblicata nel 1934, relativa al processo Jannelli ed al « negozio » intervenuto tra il Salvadori (donatore) ed il Lapegna (ricevente). Credo si sia in molti a ricordare i davvero memorabili scritti del Petrocelli che in detto processo aveva sostenuto la pubblica accusa. Ma, per amor di discussione, si prescinda per un attimo dal divieto al prelievo testicolare dal vivo (art. 5 del C.P. circa gli atti di disponibilità del proprio corpo) e dal cadavere (detto organo non è previsto nella legge sui trapianti); si prescinda anche da tutte le difficoltà che, sotto il profilo tecnico scientifico, possono intravedersi circa la concreta conferibilità, con questo mezzo, della capacità di generare ad un uomo che ne sia privo. Si conceda dialetticamente che tale obiettivo non solo sia raggiungibile ma sia stato raggiunto. Quali problemi po trebberò nascere? Una prima ipotesi: da una coppia unita da vincolo matrimoniale nasce così un figlio che biologicamente è figlio del donatore, in quanto è dagli elementi germinali di questo che ha ricevuto il corredo genetico paterno, ma resterà per la legge figlio del padre legale, il quale ultimo non proporrà — è fondato! presumerlo — alcuna azione | di disconoscimento. Una seconda ipotesi: da una coppia non unita in matrimonio nasce un figlio, nei I confronti del quale si pone il problema di un suo even- j tuale riconoscimento da par-1 te del padre, purché non co- ! niugato. Poiché si tratta di un atto volontario ed esiste j il fondamentale presupposto del fatto, non parrebbe si possa ravvisare sostanziale ostacolo. Problemi più complessi potrebbero invece affacciarsi qualora si dovesse addivenire ad una dichiarazione giùdizìale del rapporto di filia-1 zione naturale, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello biologico della prova. Ma altri problemi potrebbero proporsi, ad esempio, di natura successoria. Qualora il donatore non fosse un feto non j venuto alla luce, bensì un neonato vissuto di vita autonoma ed, in ogni caso, un soggetto che avesse acquisito e potesse trasmettere diritti ereditari, non potrebbe un criterio biologico suggerire al tiglio pretese nei confronti di colui che. geneticamente, ne è da considerare il genitore? La questione non si porrebbe in termini molto diversi da quelli che sono stati prospettati per la cosiddetta fecondazione artificiale etero1 Ioga, compiuta cioè con un scsrs1esbtqEumdzt seme diverso da quello del coniuge. Sono note le discussioni che sono sorte a tale riguardo, specie fuori dei nostri confini. Già prima del 1960, il Geiger si chiedeva, ad esempio, se non potesse sussistere per il donatore un obbligo di provvedere al mantenimento del figlio, qualora questi ne vantasse il diritto. E lo Spann (Arzinche Rechts und Standeskunde. 1962) in modo ancor più esasperato si domandava se, per considerazioni di peso non diverso, tale diritto non potesse rav¬ visarsi anche nei confronti del medico che aveva proceduto alla fecondazione artificiale e che, per aver portato il seme, sia pur non suo, nella destinazione naturale, aveva attuato compiti relativi alla paternità; certo — egli annotava — sarebbe stato strano se, essendo stato il medico di sesso femminile, tale donna fosse stata chiamata a rispondere della sua paternità. M. Portigliatti-Barbos Direttore Criminale Istituto Antropologia Università di Torino

Persone citate: Geiger, Jannelli, Petrocelli, Portigliatti, Salvadori, Spann

Luoghi citati: Italia, Torino