I cavalli surrealisti

I cavalli surrealisti LE MOSTRE D'ARTE A TORINO I cavalli surrealisti Le invenzioni di Traverso poste fra due climi culturali - Le sculture di Wach: richiamo plastico alle esperienze interiori Si resta in dubbio, davanti alle opere esposte nella galle-ria «Accademia», di via Accademia Albertina 3, da Nino Traverso, se la poetica di questo pittore genovese, oggi cinquantenne, sia di natura surrealistica o romantica. Un dubbio che si fa stimolo a ripensamenti culturali ove si osservi che l'immagine preferita da Traverso, quasi l'emblema della sua tematica, è il cavallo, figura di ambivalente frequenza nella temperie dei due grandi movimenti artistici: che basta ricordare — daun lato quell'incunabolodel Surrealismo ch'è il cavai lo «folle» nella silografia dello Stalliere stregato (1544) di Hans Baldung Grien, e — dall'altro — il posto tenuto dalla presenza del cavallo nella pittura dell'incipiente Romanticismo. Va aggiunto che un altro cavallo «folle» apparve circa due secoli e- mezzo dopo all'Accademia Reale di Londja in un quadro, incubo notturno, subito divenuto celebre in tutta Europa attraverso le in cisioni. Era stato dipinto dal lo svizzero tedesco Giovanni Enrico Pussli, il «Fuseli» de gli inglesi, anticipatore con William Blake di un'arte «visionaria» che in un certo senso può essere considerata surrealistica. E di lui Frederick Antal, eminente storico ungherese dell'arte morto nel 1954, nei suoi Studi su Fuseli pubblicati l'anno scorso da Einaudi in italiano (Torino, 1971, L. 6000), ha scritto: «Fu uno dei primi a percepire, prima del suo pieno svolgimento, il nuovo romanticismo francese, quello di Delacroix giovane, tra il 1820 e il 1830... oltre ai disegni, vi sono anche dipinti dell'ultimo periodo di Fuseli che preludono chiaramente a Delacroix». Ecco quali possono essere alcune affinità segrete tra Romanticismo e Surrealismo. E' il caso forse di Nino Traverso? Più semplicemente si potrebbe osservare ch'egli, d'u na famiglia di noti pittori liguri, durante la giovinezza avventurosa trascorsa in Africa, fu anche allevatore di cavalli, sì che le forme, gli atteggiamenti e i movimenti dello stupendo animale gii s'impressero nella memoria tanto da dargli una perfetta sicurez za di mano nel rappresentare un soggetto da lui particolarmente amato, come si vede soprattutto nei suoi splendidi disegni, d'una impetuosa,' fo cosa libertà di tocco nell'aiternarsi, a macchia, dei bianchi e dei neri, con una violen za grafica di gusto espressio nistico. E L'ora del cavallo è appunto il titolo del suo quadro più bello per la forte sugge stione che ne emana: un grande cavallo bianco, anzi latteo, nudo di finimenti, coda e criniera al vento, che s'impenna sopra una figura caduta, in ombra, sullo sfondo di un borgo ligure notturno, illuminate le rade finestre delle case geometrizzate sul declivio che sale verso un cielo in cui si spegne l'ultima luce del giorno, un cielo favoloso da cui stranamente pende una stilla, forse una lacrima. Veramente qui rivive il fantasma di un nuovo cavallo « folle ». Quanto alle immagini più scopertamente surrealistiche del Traverso, in un arco espressivo che non esclude le più disparate reminiscenze fino a Magritte, il pubblico intelligente saprà distinguere quelle dove il temperamento romantico dell'artista prende felicemente il sopravvento con robustezza pittorica, dalle altre che, per ingenuità di artificio, confinano col Kitsch, una cui componente Gillo Dorfles ha scorto nella «pseudo-cultura ». Comunque la carta sicura del Taverso resta sempre il cavallo ed il ricordo d'Africa. * * Con 20 bronzi, 74 disegni, 8 acqueforti, esposti nella galleria « I Portici » di via Pietro Micca 10, diretta da Gabriella Peiissero, e con una penetrante pagina, sul catalogo di questa sua prima «personale» italiana, di Luigi Carluccio, l'austriaco Rudi Wach, 38 anni, si fa conoscere dal pubblico torinese. Ha studiato ad Innsbruck, a Brera nella scuola di Marino Marini,ha lavorato nell'ate/ier dello scultore Mario Negl'i, dal quale ci sembra aver assimilato il gusto del blocco plastico, sinteticamente squadrato (ii veda La madre. La grande sfinge); una tendenza alla sintesi monumentale che però gli deriva anche da alcuni moderni e famosi scultori del suo paese. Di suo ha aggiunto un'acuta sensibilità nello strutturare allusivamente, cioè attraverso suggestioni visive, la forma umana, non riprodotta nei dati fisici ma appena indicata da parvenze sommarie che lasciano agevolmente adito al palesarsi di significazioni segrete, che compongono la vita morale e intellettuale dell'artista, ricca di misteriose, contenute emozioni. E' dunque, quella di Wach, una plastica aperta alle più varie interpretazioni della vita interiore: come, del resto, i suoi intricati eppur significanti disegni, sempre connessi con « idee » scultoree, e tali quindi da richiamarci alla sofferta ricerca segnica di Giacometti. mar, ber.

Luoghi citati: Africa, Europa, Innsbruck, Torino