Alla previdenza 7000 miliardi? di Giancarlo Fossi
Alla previdenza 7000 miliardi? Piano del ministero Alla previdenza 7000 miliardi? Presentate alla Camera tre «ipotesi» per l'evoluzione graduale della sicurezza sociale - Punto comune: la riforma sanitaria (Nostro servizio particolare) Roma, 13 maggio. Tre ipotesi di evoluzione graduale della sicurezza sociale in Italia, nel periodo 1971-'7a. sono indicate dal ministero del Lavoro in un documento presentato alla Camera come premessa di un « bilancio sociale ». tua realizzato in altri Paesi. Lo studio dovrebbe costituire una fonte sicura d'informazione e un valido strumento per assumere ogni decisione nel settore. « L'importanza di questo privìa bilancio pluriennale, rileva una nota ministeriale, non consiste tanto nella valutazione delle prevedibili entrate e uscite (che pur costituisce un fatto dì notevole interesse, essendo finora mancato un tale quadro di riferimentol. ouanto nella deliberazione di dare inizio a un bilancio a scorrimento (un bilancio da formulare anni anno) e di condurre nell'ambito delle previsioni globali del quinquennio, indicazioni analitiche per il primo anno ». La prima ipotesi, definita «minima», prevede l'attuazione della riforma sanitaria, l'estensione - della protezione Inail alle categorie attualmente scoperte per il rischio degli infortuni sul lavoro, il pagamento di un'indennità una tantum di 13 mila lire ai pensionati della Previdenza sociale e la parificazione del trattamento di pensione dei lavoratori autonomi a auello dei lavoratori dipendenti. La seconda ipotesi, chiamata « media ». suggerisce la «riliquidazione» delle pensioni liquidate prima dell'aprile 1968 e l'aumento di 5 mila lire mensili delle pensioni degli « autonomi », oltre alla riforma sanitaria, all'estensione della protezione Inail e alla corresponsione dell'una tantum. Nella terza ipotesi, quella «massima», alla riforma sanitaria, all'estensione della protezione Inail. e all'una tantum dovrebbero aggiungersi l'elevazione dei minimi dei lavoratori dipendenti gradualmente fino a 50 mila lire l'aumento dei minimi degli autonomi fino a 32 mila lire e la maggiorazione, sempre fino a 32 mila lire, delle pensioni sociali fissate in favore dei vecchi in povertà. Il documento contiene approfondite valutazioni economiche e interessanti osservazioni. L'ammontare complessivo delle entrate per contributi è stato calcolato, per il periodo 1971-75, in 54.342 miliardi e le uscite in 57.720 miliardi, supponendo costante la legislazione. Il disavanzo dell'intero periodo raggiungerebbe così i 2620 miliardi, sommando un deficit di 684 miliardi per l'Inps, di 352 miliardi per l'Inail e di 1584 miliardi per i maggiori enti mutualistici di malattia. Per realizzare l'ipotesi « massima » occorerebbero 6884 miliardi, per la « media » 4731 miliardi, per la ii minima » 3087 miliardi. Il disavanzo complessivo, tenendo conto dei deficit prevedibili, salirebbe così a 9504 miliardi nell'ipotesi « massima », e a 7351 miliardi e a 5707 miliardi rispettivamente nelle ipotesi « media » e « minima ». In mancanza di provvedimenti estensivi o di miglioramenti delle prestazioni, occorrerà assicurare agli enti previdenziali, osserva la noia del ministero del Lavoro, l'equilibrio delle gestioni, reperendo ben 655 miliardi annui. Bisognerà poi assicurare un maggior flusso di mezzi per consentire di estendere le prestazioni in misura variabile fra i 770 e i 1700 miliardi all'anno. « Occorrerà, quindi, destinare a fini sociali, aggiunge il ministero, una quota del reddito nazionale intorno all'I per cento a copertura dei "deficit" che creeranno in costanza di legislazione e un'altra quota variabile tra l'I per cento e il 2,5 per cento a copertura delle maggiori spese connesse con l'estensione delle prestazioni ». Se si vuole evitare l'ulteriore ampliamento del disavanzo globale della pubblica amministrazione, « rimane la scelta obbligata tra una corrispondente riduzione di altre voci della pubblica spesa e un aggravio della pressione fiscale complessiva (tributaria e contributiva) dell'ordine di vari punti, di difficile, anche se non impossibile realizzazione ». Il problema dell'onere delle riforme dev'essere considerato con molta attenzione. In particolare per quanto riguarda la riforma sanitaria (che «comportando radicali processi di riorganizzazione, potrà avere effetti positivi sul piano economico, ma solo intorno al 1975. mentre nei primi anni si registrerà una dilazione della spesa complessiva più accentuata rispetto a! passato»), il documento afferma che la questione deila copertura dei deficit «non dev'essere minimizzata o sottaciuta ». « E' anzi indispensabile, si aggiunge, che il Paese e il Parlamento ne abbiano chiara coscienza, non per dedur¬ nzcgeigttmnsavsAdlClpvdhsmampPstdpis(rzsn ne l'impossibilità dell'attuazione della riforma, ma perché si trovino la volontà e gli strumenti per affrontarla e risolverla ». Ignorarlo, per il ministero del Lavoro, significa semplicemente perpetuare la prassi degl'interventi straordinari a posteriori, motivati esclusivamente dalla necessità di « permettere la sopravvivenza del sistema, anziché optare per un intervento programmatico e consapevole dello Stato ». Giancarlo Fossi
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