Russia e America di Alberto Ronchey

Russia e America CI SARÀ IL "VERTICE,,? Russia e America Alla vigilia del «vertice» Nixon-Breznev in Mosca, sempre che non venga impedito t) rinviato dalla crisi vietnamita, forse è pubblicamente noto solo un decimo dei temi in discussione. La diplomazia segreta della « linea calda» non lascia immaginare i termini in cui vengono poste le singole questioni politiche e militari, soprattutto ora, dopo le tensioni della conjrontation russoamericana nel golfo del Tonchino. Dunque occorre tenersi ai dati oggettivi e agli interessi noti. Sul piano economico - tecnologico, da qualche tempo si sa che gli americani prevedono per il prossimo futuro un colossale deficit energetico degli Stati Uniti (soprattutto di gas naturale). Tale circostanza può aprire prospettive del tutto nuove all'interscambio russo-americano: gli Stati Uniti hanno per la prima volta molto da comprare e dunque possono vendere alla Russia quegli impianti completi e quelle macchine utensili che sono essenziali (anzitutto nell'elettronica) per lo sviluppo dell'Urss. Unione Sovietica e Stati Uniti sono la seconda e la prima potenza industriale del nostro tempo. Sulla base dei modelli interpretativi politico e ideologico-sociale, esse divergono radicalmente: autoritarismo delle strutture di potere o pluralismo, socializzazione dei mezzi di produzione o economia mista. Diversi sono anche i loro rischi, se è vero, come ritenevano gli antichi, che i despotismi finiscono con l'usurarsi e le democrazie col corrompersi. Ma assumendo il modello interpretativo dei due Paesi come società industrializzate su misure continentali, sono le analogie a prevalere sulle differenze. I due Stati super-nazionali entrarono per primi nell'era atomica e in quella missilistico-spaziale. Le loro vaste basi territoriali, le popolazioni da 200 a 250 milioni di uomini e la potenza tecnologica raggiunta — su larga scala o in alcuni settori prioritari — circoscrivono già una sfera di problemi analoghi. Furono i primi due Stati a inaugurare l'età dell'istruzione di massa, e oggi amministrano «macchine pedagogiche» gigantesche. Sono impegnati nella ricerca tecno-scientifica con risorse che non trovano paragone nel resto del mondo. La loro pianificazione è diversa, ma non priva di elementi comuni. Dalla programmazione lineare di Kantorovic alla analisi input-output di Leontief e alle ricerche statistiche sul prodotto lordo di Kuznets, l'econometrica moderna ha radici comuni. E poi l'entità del mercato attuale o potenziale, per ogni paese industrializzato che superi i 200 milioni di abitanti, consente gigantesche dimensioni d'impresa, con economie « di scala » e investimenti tecno-scientifici commisurati. Da Schumpeter a Galbraith e a Granick, un'intera letteratura ha illustrato il significato di quelle industrie « giganti ». Per i sovietici, l'America è sempre pietra di paragone. Senza l'ingegneria molecolare di Boston, i Russi non avrebbero mai costruito il primo Sputnik. Senza i primi Sputnikì, l'America non avrebbe impegnato la sua potenza tecno-scientifica nello spazio (e con i viaggi sulla Lima, la società che sembrava più legata a semplici lini utilitari come il profitto e il consumo, proprio l'America, ha aperto la via agli sbarchi planetari). 11 prossimo decennio vedrà il moltiplicarsi delle stazioni orbitanti intorno alla Terra, abitate da piccole comunità russe e americane. Entro il 1980 — prevede lo scienziato inglese Bernard Lovell — ci si dovrà abituare alla presenza permanente di russi e americani a centinaia di chilometri « sopra le nostre teste ». Anche questo modificherà la geografia politica; e fra l'altro Sovietici e Americani saranno nell'impossibilità pratica di prevenire i reciproci attacchi missilistici dalle piattaforme orbitanti, dunque dovranno affrontare un nuovo problema comune e circoscritto ai loro due Stati. In virtù di tamr—tddt«nsdcprmbsvrtggtcdtlflPlgfe(lctndsccrsanbigcSlr tali sviluppi, sarà definitivamente chiaro che una guerra — nell'era termonucleare — non può essere considerata più secondo la formula di Clausewitz (e fino a ieri di Mao Tse-tung) come «continuazione della politica». La nozione d'un sistema «tripolare» (russo-americano-cinese), che sarebbe destinato a prendere il posto del « bipolare » (russo-americano), ha fondamento solo parziale. In termini di potere tecnologico-militare, ultimativo su scala mondiale, il bipolarismo russo-americano sussiste. Su scala locale, prevale piuttosto un multipolarismo. Solo sulla scena asiatica il tripolarismo esiste; già dall'inizio della guerriglia vietnamita, se non dal tempo della Corea. In tempi recenti, sembra caduto almeno un motivo indiretto di possibili conflitti tra l'Urss e gli Stati Uniti: l'azzardo eccessivo per l'influenza sul Terzo Mondo. Prima si era creduto che l'esempio del Piano Marshall già sperimentato in Europa fosse utilizzabile con eguali effetti anche per altri Paesi (come l'India, il Pakistan, l'Indonesia, l'Africa, l'America Latina) ed era stato scontato un rapido sviluppo economico anche per simili aree del mondo; in vista di tale sviluppo, era stata pronosticata la nascita di potenze considerevoli, dunque appariva importante che tali Paesi appartenessero all'uno o all'altro blocco. Ora l'economista Galbraith, già ambasciatore degli Stati Uniti in India, ha osservato: « Oggi, ahimè, sappiamo che la cosa non ha importanza. Sappiamo che i tempi di sviluppo saranno così lenti da rendere pura accademia le congetture su quello che emergerà alla fine. Nel frattempo una giungla, sia essa capitalista o comunista, è sempre una giungla; e chiunque l'attraversi non può accorgersi della differenza ». Se l'America ha il problema negro, l'Urss deve difendere un territorio di 22 milioni di chilometri quadrati e una sfera d'influenza commisurata. Questo è un groviglio di problemi: dal nazionalismo dei Baltici di Esto¬ nia, Lettonia, Lituania (già indipendenti fra le due guerre) al panislamismo o panturchismo dell'Asia Centrale (dove già nel '36 si sviluppò un movimento di guerriglia), dalle crisi ormai ricorrenti nell' Europa orientalo alle rivendicazioni cinesi sulla «frontiera più lunga del mondo ». A confronto con simili questioni, sopravvivono tra Russi e Americani solo dispute di prestigio o relative agli estremi confini delle rispettive sfere d'influenza. La teoria della convergenza tra i due opposti sistemi sociali ha avuto, in generale, numerosi difensori: Aron, Duverger, Lilienstern, Tinbergen. La stessa teoria ha pure una versione, pessimistica, nella misura in cui si prevede che l'incontro avverrà sul terrenp d'un demagogico e alienante economicismo: e tale è la tesi, per esempio, di Herbert Marcuse, che vede nella « tecnocrazia » più o meno autoritaria la matrice d'una « confortevole, levigata, ragionevole non-libertà». L'analisi di Galbraith è intermedia, poiché sottolinea sia gli aspetti positivi sia le incognite della tendenza comune verso la super-società della « tecnostruttura ». La letteratura politica russa taccia di utopisti reazionari i teorici della convergenza, limitandosi a ripetere, con Lenin, che « tutte le finestre del capitalismo contemporaneo sono adorne di socialismo ». E' probabile che la teoria sia troppo suggestiva, schematica e simmetrica per essere del tutto vera; ma l'intransigenza ideologica formale dei sovietici è manifestamente fondata su termini dialettici pietrificati. Se è discutibile che sia in atto una decisiva convergenza di fondo, rimane il costante dialogo-confronto tra Stati Uniti e Urss. Esso continua, malgrado le tensioni frequenti, da un periodo di tempo che corrisponde a quattro mandati presidenziali americani: EisenhowerKruscev a Camp David, Kennedy-Kruscev a Vienna, Johnson-Kosygin a Glassboro, Nixon-Breznev a Mosca. Alberto Ronchey