Le nostalgie di Polanski di Lietta Tornabuoni

Le nostalgie di Polanski Le nostalgie di Polanski (Dal nostro inviato speciale) Cannes, 11 maggio. Roman Polanski è innervosito, stranito come un bambino che abbia dormito poco. Batte di continuo le palpebre al sole della spiaggia, si sfila e rinfila la giacca di camoscio, sbottona e riabbottona la camicia a righe arancio e verde, tormenta il laccio di cuoio che porta ul collo. La voce suona strascicata, appena lamentosa. Tra i capelli alla paggio, la faccia di gaio topolino ha la pallida incredula tensione dei colpiti dalla triste- notorietà della sventura. Si capisce: un insuccesso era proprio l'ultima cosa che gli ci volesse. A Cannes il suo Macbeth non è stato accolto troppo male, ma negli Stati Uniti e in Inghilterra non ha attirato il pubblico e non c piaciuto alla critica che l'ha giudicato anonimo, tedioso. I pettegolezzi, certo maligni o bugiardi, parlano di due milioni di dollari perduti; riferiscono la desoluzione del finanziatore, Hugh Hefner di Playboy, che da dilettante e debuttante nella produzione cinematografica aveva forse contalo sul richiamo che l'accoppiamento di due tragedie, quella di Shakespeare e quella del regista, poteva esercitare sugli spettatori. Polanski è nervoso, si capisce. Questa al Festival è da allora la sua prima apparizione pubblica ufficiale, anche se ha una casa a Saint-Tropez e non è dunque la prima volta che torna a Cannes dove nel 19(ìS, insieme a Sharon Tate e agli amici, «eravamo tutti te- liei, ciascuno orgoglioso del successo degli altri. Era bello, e cosi nuovo per me: io sono cresciuto sedendo sulle valigie, in luoghi stranieri, nel cuore della guerra. Non avevo mai saputo che la vita potesse essere un piacere». Ma basta. Non si può, tre anni dopo, continuare a guardarlo come quello che «ha avuto là disgrazia». Neppure lui si vede più in questo ruolo penoso, spiacevole. La tragedia ha lasciato tracce, certo: «Non credo che riuscirei ad avere con nessuno legami emotivi seri, non c'è nulla che possa farmi davvero felice. Ma non sono diventato cinico. Gli amici, le donne e il lavoro mi divertono, mi rendono anche contento». Vive tra Londra e l'America tper lavorare), Parigi (per divertirsi), SaintMoritz (per sciare): zingaro, come ha sempre vissuto e come ha dovuto abituarsi a preferire di vivere. Ha amici fedeli, sempre gli stessi; e bionde infedeli, sempre diverse. Non. ha perduto il gusto di correre troppo in automobile. «ma ho anch'io le mie buone qualità: per citarne una, non turno tabacco». Ha imparato da tempo a dire compostamente «prima della morte di mia moglie», oppure «dopo l'assassinio di mia moglie». Dopo l'assassinio di sua moglie, racconta per esempio, ogni progetto gli pareva futile, nulla gli sembrava meritare l'impegno di un anno di fatica. Lo preoccupava anche, inaspettatamente, l'occhio del mondo. Non se la sentiva di dirigere una storia a suspense come Rosemary's baby e nep- Spure una commedia: «Riecco ; cil diavolo, il mostro», aoreb- i b bero commentato tutti: oppu-i ire: «Ecco il vedovo allegro», j p«Nello stato in cui ero, "Mac- j obetti" risultava invece un'idea i C accettabile». Un classico è j s sempre un classico, d'accor- \ n do: ma perché ha scelto prò- i tprio uno dei più sanguinosi? tNon certo perché sia osscssio-1 nato dal macabro, assicura: : «Quello che mi interessa sul | serio è analizzare come si acomportano gli esseri umani | quando, per le circostanze o l'estrema tensione, non posso- ! rlo permettersi di rispettare | le regole convenzionali e la I morale della società». Lu vio- j lenza, il sangue e la strage i tanto frequenti nel film non | io affascinano, garantisce, ma I neanche lo allarmano: «La i violenza va rappresentata con \ verità, cosi non imbrogli e i non provochi nello spettatore , altra reazione che la repu- j gnanza. Quando un tuo perso-1 naggio muore ammazzato, devi fargli schizzare il sangue e lacerare la carne, devi farlo agonizzare lentamente e orribilmente: come succede nella realtà». Rosicchia svogliato un gambo di sedano, fornisce volen- ìteroso aneddoti pubblicitari] sul film. Incredibile quanto si siano divertiti a girare le scene di decapitazione, sgozzamento o impiccagione: rideI vano come ragazzini, era un | gioco. Incredibile come le vecchie signore che imperso- nano le streghe fossero svelte ! l i e - a spogliarsi, mentre la proto genista Francesca Annis (che un attimo fa l'ha definito « un autocrate prepotente») ha fatto un mucchio di storie per apparire coperta dai soli capelli in un'unica scena. Fantastica l'attenzione al quattrino del produttore: non è arrivato a rivendere come alberi I dì Natale i mille abeti usati per realizzare la mobile foresta di Bimani? Fantastica la decisione dei distributori americani di presentare il suo film al Festival fuori concorso: non è ipocrita e poco coraggioso salvaguardare dalle sconfitte le opere che hanno una certa importanza o che, piuttosto, son costate parecchio? Quanto, a proposito? «Meno di quanto sembri, più di quanto il produttore sperasse». Lietta Tornabuoni

Persone citate: Francesca Annis, Hugh Hefner, Polanski, Roman Polanski, Shakespeare, Sharon Tate

Luoghi citati: America, Cannes, Inghilterra, Londra, Parigi, Stati Uniti