Diminuito rapporto impieghi-depositi di Mario Salvatorelli

Diminuito rapporto impieghi-depositi Continua il ristagno economico Diminuito rapporto impieghi-depositi In febbraio è stato di 64,1, il più basso degli ultimi tempi, ad eccezione dello scorso novembre, quando fu di 63,8 - L'ammontare dei depositi a risparmio e dei conti correnti - Le entrate tributarie nel I0 trimestre: -r- 9 DZo rispetto allo stesso periodo '71 (Nostro servizio particolare) Roma, 4 maggio. n rapporto tra impieghi e. depositi delle aziende ili credito e desìi istituti centrali di categoria è sceso alla fine di febbraio a 64,1, vale a dire che per ogni 1(10 lire affidate in deposito alle banche da privati, imprese, enti pubblici c assimilati, appena 64,1 lire erano a quella data « impiegate » a fornire la necessaria liquidità alle iniziative degli operatori economici, pubblici e privati. Infatti, contro un totale di depositi di 47.101,4 miliardi di lire, il totale degli impieghi valido agli efretti del rapporto percentuale (cioè al netto dell'impiego per gli ammassi, considerato dal sistema come credito a breve, quindi facente parte della liquidità) era di 'Mi mila 184,2 miliardi. E' il rapporto più basso degli ultimi tempi, eccettuato1 lo scorso novembre, quando si verificò una flessione di oltre un punto rispetto a otto-] bre (da 64,9 a 63,8), prontamente ricuperata in dicembre. Questo significa che « il cavallo non beve » ancora, che il ristagno dell'economia | continua, almeno continuava in febbraio. Ciò viene a con-1 fermare, del resto, quanto) aveva già^ lasciato intendere l'indice dèlia produzione in-1 dustriale, che in febbraio era i diminuito dell'I per cento rispetto allo stesso mese del 1971. Per misurare la profondi- | tà del ristagno, potrà essere utile ricordare che nel dicembre del 1963, uno degli anni di maggiore espansione dell'economia italiana, il rapporto impieghi-depositi raggiunse il 79,1 per cento, praticamente il massimo, tenuto conto di quella parte di depositi vincolata a riserva. Anche in anni di congiuntura difficile, come il 1965, il rapporto superò in dicembre il 68 per cento; nel dicembre del '69, in pieno « autunno caldo », fu del 6il,ft per cento; nel dicembre del '70 era ancora pari a 67,6. La « quota 66 » che potrebbe essere considerata il livello di guardia, è stata persa nell'agosto dell'anno scorso, proprio quando s'incominciò a parlare apertamente non più di ristagno, ma di recessione. Una frazione di punto in più o in meno — è chiaro — non sposta molto la situazione, ma ciò che preoccupa è la mancanza di una ripresa, perché il fatto I stesso che il ristagno continui lo rende più grave: il1 basso livello di sfruttamento degl'impianti e, ciò che è | peggio, i suoi riflessi sull'oc- i cupazione — che, malgrado ogni sforzo delle aziende. ' tende a diminuire — e sulla ; sottoccupazione, rendono meno « elastico » il sistema per un eventuale rilancio. E' probabile che i dati di marzo, quando saranno di-1 sponibili, risultino leggermente migliori: lo lascia spe- i rare il fatto che in marzo la ' produzione industriale è an-1 data un po' meglio che in febbraio, con un aumento dell'indice giornaliero dello ; 0.2 per cento. In quest'attesa, riassumiamo i dati com- i plessivi dei depositi e degli I impieghi delle aziende di ere- ì dito in febbraio, pubblicati i oggi nel « Supplemento al j Bollettino » della Banca d'Italia. I deposili a risparmio e i conti correnti hanno raggiunto 47.101.4 miliardi di lire, con un aumento di 321,3 miliardi in un mese (pari al 6,9 per centol e di 7513.6 miliardi in un anno (pari al 19 per cento). Il totale era formato per 42.818,8 miliardi ria depositi e conti correnti rii privati e imprese, per 4282.6 miliardi da depositi di enti pubblici e assimilati. Più in particolare, i depositi a risparmio di privati e imprese ammontavano a 18.667.4 miliardi, con un aumento dell'I per icnto in un mese e del 16,8 per cento in un anno; i conti correnti (sempre di privati e imprese) erano saliti a 24.151,4 miliardi di lire, con un incremento mensile dello 0,3 per cento, annuale del 21 per cento. 1 depositi di enti pubblici e assimilati, infine, sono cresciuti dell'I.4 per cento rispetto a gennaio e del 17,6 per cerno in un anno. Contro queòti forti aumenti nei depositi, stanno i più modesti incrementi degli impieghi, il cui totale a fine tebbraio, pari a 30.871,2 miliardi di lire (30.181,2 senza gli ammassi), risulta accresciuto dello 0,4 per cento in un mese e del 14 per cento in un anno. Inoltre, mentre gl'impieghi presso privati e imprese sono saliti dello 0,5 per cento .su gennaio e del 12.1! per cento in un anno, quelli presso enti pubblici e assimilati sono addirittura diminuiti dello 0,15 per cento rispetto a gennaio, pur risili- i la! ceI st| l'b! pil! s| s' s«mi p| l'enectripdudlrsnld"d o1 -] i landò in aumento del 20 per ! cento sul febbraio 1971. In questa situazione di riI stagno giunge puntualmente | l'annuncio che le entrate tributarie sono aumentate, nel ! primo trimestre 1972. di ben il 9 per cento rispetto allo ! stesso periodo dell'anno | scorso. In marzo, il gettito ' segna addirittura un nuovo «record» mensile, con 1026,3 miliardi, il 12,5 per cento in i più dello stesso mese del| l'anno scorso. Una forte espansione che non è per nulla ' giustificata da una espansione dell'economia e che. tuttavia, non è giudicata sufficiente dal fisco. Si può obiettare che l'aver rastrellato dai contribluenti in tre mesi 231,4 miliardi in più dello stesso periodo '71 dovrebbe essere considerato un successo anche in periodo di congiuntura favorevole; nell'attuale situazione di ristagno .più che un successo si potrebbe giudicare un nuovo segno dell'insensibilità del fisco nei confronti delle esigenze dell'economia. Settore per settore, ecco le variazioni in più del gettito fiscale, rispetto al primo trimestre 1971: imposte sul patrimonio e sul reddito 26,4 per cento; imposte sulla produzione e sui consumi (dogane comprese) 1 per cento; monopoli 11 per cento; tasse e imposte sugli affari 4,8 per cento. Solo il lotto e le lotterie hanno reso meno dell'anno scorso, con una flessione del 26,1 per cento. Evidentemente, siamo in un periodo poco propizio al gioco. Mario Salvatorelli *

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