Ha "deluso" l'andamento del primo trimestre 1972 di Francesco Forte

Ha "deluso" l'andamento del primo trimestre 1972 Primo bilancio d'una "ripresa,, mancata Ha "deluso" l'andamento del primo trimestre 1972 L'indice della produzione industriale, in marzo, ha raggiunto quota 130,1 (1968 = 100), restando sotto il massimo toccato nel '70 - Anche l'edilizia, che a fine '71 sembrava riprendersi, è tornata in questi mesi al ristagno Il primo trimestre del '72, dal punto di vista economico-produttivo, ha deluso. Disponiamo ormai dell'indice della produzione industriale, per il perìodo gennaio-marzo 1972 (qualche giorno fa è stato reso noto quello del marzo) e i dati parlano chiaro: l'indice in questione (che comprende tutta l'industria, tranne le costruzioni edilizie), nel marzo 1972 ha raggiunto la quota 130,1 — facendo eguale a 100 il 1968 — vale a dire è rimasto leggermente al di sotto del massimo toccato nel periodo marzo-giugno 1970 in cui esso superò, per quattro mesi, la quota 131. Questa elementare considerazione mostra che non abbiamo ancora realizzato la ripresa, dopo il precedente perìodo di declino o ristagno. Né l'andamento edilizio sembra, d'altra parte, confortevole. L'avvìo di ripresa, piuttosto consistente, che si era determinato sul finire dell'anno 1971 e che, come ebbi a scrivere su La Stampa a fine anno, faceva bene sperare (a certe condizioni) per il 1972, si è successivamente indebolito. In gennaio abbiamo potuto registrare un incremento di produzione industriale che, ancora, lasciava bene spera re: l'indice giornaliero della produzione industriale, infatti, aumentò dell'I,2 per cento rispetto al gennaio 1971. Non era molto, ma poteva essere un episodio, in un clima di crescente dinamismo. Il febbraio però ha portato un regresso: l'indice medio giornaliero è diminuito dell'I per cento rispetto a quello del febbraio 1971. Marzo non è andato male come febbraio, ma non è andato « bene » come si sarebbe desiderato, né « benino » come febbraio: l'aumento nell'indice giornaliero infatti è stato solo dello 0,2 per cento. Obiettivi del « piano » Se si bada, anziché all'indice giornaliero, a quello globale, per l'intero trimestre, il quadro è un po' migliore: vi è un aumento del 2,5 per cento, il quale — dato lo scarto che esiste fra indice fisico e indice in valore, che è forse attorno al 2,5 per cento — fa presumere un aumento del valore reale della produzione industriale del 5 per cento circa. Due punti in meno di quello considerato nel piano annuale Giolitti per il 1972 (redatto sul finire del 1971) che poneva un aumento del 7 per cento sul valore reale della produzione industriale come la condizione per un quadro economico di riequilibrio per il 1972. Ma il primo trimestre del 1972 ha avuto due giornate lavorative in più di quello del 1971: una perché il febbraio è stato bisestile, l'altra perché la festività di San Giuseppe è ca duta di domenica. Ecco così che l'indice giornaliero della produzione industriale, calcolato per tenere conto del diverso numero di giorni lavorativi, per il trimestre è salito solo dello 0,2 per cento: come quello di marzo, che finisce per esprimere la media trimestrale. Questo corrisponde a un aumento di produzione industriale, in valore reale, forse di un 2,8 per cento: cioè meno di metà di quello richiesto dal piano Giolitti. Si dirà, forse, che quando si considera un intero trimestre, comincia ad avere più significato l'indice globale di quello giornaliero, perché la produzione tiene conto, man mano, del gioco delle vacanze, più o meno numerose, e vi si riaggiusta. Anche a volere concedere questo (ma probabilmente lo si può concedere solo sino a un certo punto, se lo scarto si verifica, come nel caso nostro, nell'ultimo mese del trimestre in esame, quindi quando 1 fattori di compensazione sopra invocati hanno ancora avuto poco tempo per operare) rimane però il fatto che il primo trimestre del 1972 ha comunque un giorno di calendario in più. Esso ha dunque un giorno di consumi oltreché di produzione in più, che non si può assolutamente tralasciare di considerare, in un confronto omogeneo. Limitando la correzione a questo giorno, e omettendo la correzione per quello di non vacanza, del San Giuseppe caduto quest'anno di domenica, abbiamo un aumento nell'indice fisico della produzione industriale di 1,4 per cento e quindi, forse, un aumento del 4 per cento di produzione industriale in valore reale. Siamo a poco più della metà rispetto all'ipotesi del piano Giolitti. Questo documento, con un aumento del 7 per cento nella produzione industriale, calcolava di potere determinare un aumento del 4,5 per cento - 5 per cento del prodotto nazionale. E' facile capire che, continuando al ritmo attuale, tale traguardo non potrà essere conseguito. All'attuale ritmo, vlemtoclisimnncdpptuaailscsdtisbapcsmslhvdchtmsglmGde«fmviarlndb1dn viceversa, il prodotto nazionale può presumibilmente aumentare fra il 3 e il 4 per cento: troppo poco, rispetto alle capacità produttive non utilizzate; alle forze di lavoro disoccupate; alle situazioni di imprese che lavorano con manodopera in cassa-integrazione; alle nuove leve di lavoro che si vanno formando e chiedono lavoro; all'esigenza del paese di investimenti nella produzione, nelle infrastrutture e nei fabbisogni sociali; alle situazioni di squilibrio aziendale di molte imprese. Si deve tenere presente che il piano Giolitti, delineando il suddetto aumento del 7 per cento di produzione industriale e il,connesso aumento del 4,5-5 per cento del prodotto nazionale, non immaginava il 1972 come un anno di piena soluzione dei più delicati problemi contingenti, ma solo di avvio alla loro soluzione. In particolare, esso calcolava che, con quegli aumenti, non si sarebbe raggiunto un aumento d'occupazione industriale, ma solo una sua stabilizzazione. Di contro, il 1971 ha visto diminuire (come avevo accennato nel mio articolo di'fine anno e come le successive statistiche ufficiali hanno purtroppo confermato) l'occupazione industriale, mentre, naturalmente, sì presentava una nuova leva di giovani in cerca di posti di lavoro. Lo sviluppo d'investimenti, considerato nel piano Giolitti, in relazione alle suddette ipotesi, del pari, non era affatto «ottimo» ma solo «discreto»: un avvio per una fase di più robusto investimento, ma non più di un avvio. Alla fine dell'anno scorso in verità, si calcolava che avrebbero potuto agire favorevolmente due fattori di rilancio: l'espansione dell'azione pubblica per il sostegno dell'investimento che avrebbe comportato, per il 1972 1500 miliardi d'investimenti della pubblica amministrazione e maggiori investimenti, sia delle imprese pubbliche, sia di quelle private; l'attuazione dell'imposta sul valore aggiunto che, esentando scorte e investimenti fissi dalla tassazione, avrebbe determinato un impulso alla ricostituzione delle scorte e all'investimento, per varie centinaia di miliardi e, nel periodo transitorio, avrebbe ridotto la pressione fiscale di circa 400 miliardi. Se, nei primi mesi del 1972, le cose non sono andate al ritmo allora giudicato possibile (e che a fine dicembre i dati autorizzavano a ritenere si stesse ormai realizzando), è perché, in verità, quelle due azioni di rilancio si sono disperse, in dipendenza di fattori politici nuovi. La crisi politica ha portato a certi rallentamenti nei piani di spesa della pubblica amministrazione, la chiu¬ sura del Parlamento ha determinato carenza di fondi per la Gepi e per il Mediooreddto Centrale, con conseguente minor sostegno agli investimenti, infine è intervenuto lo slittamento dell'Iva al gennaio 1973. La prospettiva di ricostituzione delle scorte e di accelerazione dell'investimento, per fruire dei benefìci dell'Iva, che, già nei primi mesi dell'anno, poteva esercitare la sua influenza sugli ordinativi alle imprese, si è allontanata nel tempo. In sostanza, abbiamo perso tempo. Solo un recupero Possiamo annotare come confortevoli le condizioni finanziarie: l'andamento della bilancia dei pagamenti è rassicurante; l'aumento dei prezzi si è un po' contenuto. Anche la conflittualità sindacar le è rimasta contenuta. Ma in questo campo, i veri problemi sono verso fine anno, con il rinnovo dei contratti. Questi mesi di tranquillità contrattuale non sono stati utilizzati, invece, come si sarebbe potuto. Ora urge più che mai il rilancio. I tempi disponibili si sono abbreviati. E' anche fuor di luogo, naturalmente, un pessimismo di maniera. Certamente la situazione attuale è un po' migliore rispetto alla media del 1971. L'indice della produzione industriale ha smesso di scendere, il che vuol dire che, in termini reali, il valore della produzione industriale sta salendo, sia pure di poco. E' un recupero, non una ripresa però. Quali le linee per il rilancio? Occorre concedere l'esenzione dairige per i sei mesi in cui non vi è la detrazione per l'Iva per le scorte e gli investimenti. Occorre ridurre i contributi sociali per i settori a più alta intensità di lavoro. Occorre insistere sull'accelerazioone e sul sostegno della spesa d'investimento. Anche l'aumento delle pensioni (che compensa la loro decurtazione per effetto deH'aumento dei prezzi), in questo quadro, è utile. Ricordiamocene per il dopoelezioni. Come si è già detto, la ripresa dipende da noi. Non possiamo sperare che i avvenga per conto proprio. Francesco Forte

Persone citate: Giolitti