Lo "scultore,, Raphael Mafai

Lo "scultore,, Raphael Mafai LE MOSTRE Lo "scultore,, Raphael Mafai Le forti opere dell'artista lituana, per tanti anni compagna di Mario Mafai Un grande scultore è presente a Torino con quarantadue opcie che riflettono un quarantennio di lavoro; la mostra è presentata dalla galleria « Narciso » in tre sale di piazza Carlo Felice 18. E diciamo « scultore » rifacendoci a una lettera scritta da Marino Marini dopo aver vi- | sto la terracotta Busto di Si mona ad Antonietta Raphael Mafai: « Lei non è sciUtrice, I è scultore, signora: non deve aver paura di chiamarsi scultore ». S'era allora nel 1938 circa, e Raphael, già affermata come pittrice nella cerchia Scipione-Mafai, tanto da esser definita, dieci anni prima, da Roberto Longhi « sorellina di latte dello Chagall » tra i pittori della « Scuola di via Cavour », cominciava ad esporre, con le pitture, qualche scultura. Lituana di nascita, liglia di un rabbino, dopo una lunga dimora a Londra ed un soggiorno a Parigi, nel '24 era giunta a Roma e l'anno dopo s'univa a Mafai, dal quale avrebbe avuto tre figlie, Miryam, Simona e Giulia, da lei tante volte ritratte. Con quel giudizio Marino Marini, uomo del mestiere (e che mestiere!), aveva voluto individuare tutto il vigore espressivo, tutta l'energia pia- j stica, maschia, per nulla femminile, che scorgeva nel saggio della giovane scultrice; ed è un giudizio che calza perfettamente all'intera opera di Raphael, fino alle più recenti prove. Un'opera ch'è adesso esaminata nel nuovo libro di Marzio Pinottini, Scultura di Raphael (Milano, All'Insegna del Pesce d'Oro, con 112 illustrazioni, 1971, lire 3000), con un testo sintetico e asciutto ch'è un eccellente esempio di critica d'arte guidata dai binari di un'adeguata storicizzazione estetica d'Estetica è il pane quotidiano, all'Università di Torino, del Pinottini); e che perciò giunge, attraverso le citazioni del Winckelmann, del Lessing, dell'Hegel a conclusioni convincenti: come l'avvicinamento della Raphael al Maillol « nel perseguire ricerche di intensità plastica e volumetrica ». Conclusione, in fondo, che il Marini aveva anticipato di trent'anni col suo occhio sicuro precedendo i riconoscimenti d'un sagace scopritore di valori, Emilio Zanzi e — dopo la guerra — della critica più autorevole, che forse culminano nell'affermazione di Cesare Brandi: «Sema possibilità di dubbio, l'unica autentica scultrice italiana »: che venendo dallo scrittore di Arcadia o della Scultura suona come una lode quanto mai impegnativa. Ma portandoci ancor più vicino al presente giova ricordare che Raphael da tempo ha trovato posto in testi che solitamente concorrono a darci il quadro dell'arte contemporanea italiana. Ne citiamo due: Mario De Micheli, Scultura italiana del dopoguerra (Milano, Schwarz, 1958), Corrado Maltese, Storia dell'arte in Italia (Torino, Einaudi 1960). Scrive De Micheli dopo aver rammentato la sensibilità, l'inquietudine, le diret te esperienze (l'incontro con Epstein a Londra) dell'ebrea lituana: « C'è nella Raphael una forza incontenibile, traboccante, amara e tenera a un tempo. La sua scultura è il frutto di questo temperamento, in cui si agitano influenze contraddittorie... da queste contraddizioni, da questo antigrazioso, sì sprigiona improvviso, ora con sorprendente veemenza plastica, ora con indicibile finezza di modellato, il senso di una poesia cosmica, o l'acerbo, triste, eterno lascino della bellezza... ». Dice Maltese, situando la personalità della scultrice — « ima delle più alte e schiette di tutta la storia artistica contemporanea » — nel particolare clima favorito dall'emigrazione in Occidente di artisti slavi, quali Chagall, Pascin, Kisling, Solitine, il clima in cui fiorisce la spiritualità di Modigliani: « La Raphael ha infuso sempre nei corpi nudi delle sue sculture una carnalità talora gracile, talora esuberante, ma sempre terrena e - vibrante, "vera" e mai "idealizzata" secondo gli schemi dell'accademia ». C'è poco da aggiungere; ma non senza importanza. Di solito si sottolinea, nella scultura di Raphael, la forza del modellato espanso, turgido, che plasma volumi possenti, che affiora alle superfici rugose, vibranti di luce impressionistica. Si insiste cioè, giustamente, sui suoi valori formali. Ma ciò non basta a definirne la spinta idealistica, quel « contenuto » senza il quale essa resterebbe forma e non avrebbe vita. La deli nizione l'ha data Raphael stes sa con le parole riferite dal Pinottini al termine del suo saggio: « Ho sempre lavoralo ad un certo soggetto: la ma dre con il bambino, cioè la genesi e la maternità. Come maternità intendo l'inizio delmondo, l'inizio delle cose, di tutte le cose ». mar. ber.

Luoghi citati: Italia, Londra, Milano, Parigi, Roma, Torino