Grassi lascia il "Piccolo" con un dramma su Cuba

Grassi lascia il "Piccolo" con un dramma su Cuba Una novità di Enzensberger a Milano Grassi lascia il "Piccolo" con un dramma su Cuba «Interrogatorio all'Avana»: dopo la fallita invasione alla Baia dei Porci ( Dal nostro inviato speciale) j Milano, 20 aprile. | Dopo un quarto di secolo, l Paolo Grassi lascia definitiva- j mente il «Piccolo Teatro» di Milano, gli succede Giorgio Strehler che già gli era stato accanto per oltre vent'anni. L'ha annunciato lo stesso i Grassi ieri sera prima che il sipario si aprisse su Interrogatorio all'Avana con il quale ' si conclude la stagione del «Piccolo». Se ne parla ancor prima dello spettacolo per doveroso omaggio a un uomo che per il teatro di prosa ha fatto molto, e con l'augurio e la speranza che, dalla Sovrin-1 tendenza della Scala, possa I fare altrettanto per il teatro'; musicale. i a e - Grassi si è congedato dal suo pubblico con accenti commossi, ma discreti, quasi in punta di piedi: un breve riassunto dell'attività svolta in venticinque anni (la recita di ieri sera portava il numero 80211. il testo rappresentato era il 146"), la notizia dell'imminente arrivo di Strehler, qualche parola di saluto per gli spettatori e di ringraziamento per tutti coloro che dal 1947 hanno contribuito ulta fortuna e alla fama, davvero mondiale, del «Piccolo», Da»'Albergo dei poveri — 14 maggio 1047 — a Interrogatorio all'Avana: Grassi si è detto lieto di congedarsi con un lavoro che conferma l'impegno politico e civile che ha sempre contraddistinto, secondo una linea e una tradìI zione di socialismo, le scelte e | le realizzazioni del teatro di Strehler e suo. Il testo del tedesco Hans Magnus Enzensberger, uno scrittore d'avanguardia che trascura, dopo averne dato buone prove, la poesia e il romanzo per una saggistica politica di estrema sinistra, appartiene infatti a quel genere di teatro-cronaca, o teatro-verità o anche teatrodocumento che sia, del quale lo stesso «Piccolo», e basterà citare L'istruttoria di Weiss, ha già dato numerosi esempi. I fatti? Il 17 aprile 1961 millecinquecento fuoriusciti cubani, appoggiati dal governo degli Stati Uniti, invadono la loro isola con il proposito di strapparla con le armi ai rivoluzionari di Fidel Castro. L'impresa fallisce miseramente: appena quattro giorni dopo, mentre ancora si combatte sulle spiagge paludose (la | Baia dei Porci degli americani) dove è avvenuto lo sbarco, la radio e la televisione di Cuba trasmettono gli interrogatori pubblici dei primi prigionieri che, nelle quattro serate durante le quali si protrae l'eccezionale trasmissione, saliranno a oltre millecento. Mancando sia l'intenzione -1 di un processo (che se mai e i o , l i : verrà celebrato a parte) sia qualsiasi forma di procedura giudiziaria, più che di interrogatori si dovrebbe parlare di «confronti»: i prigionieri cheaccettano di prendere la parola possono esporre liberamente le proprie opinioni e dibatterle con gli uomini politici e i giornalisti castristi che li in-i terrogano. Ha ragione Enzenr-1 sberger quando afferma chea a. o a, n ae: o e- v- di si tratta di «un avvenimento ' inaudito..., che non soltanto | scaturisce da una situazione | rivoluzionaria, ma è esso stesI so un atto rivoluzionario»Di quarantuno «confronti» contenuti in un verbale di oltre mille pagine. Enzensberger ne ha raccolti dieci in un volume pubblicato anche in Italia da Feltrinelli e «questa scelta — dichiara lealmente lo scrittore — è insieme un'interpretazione politica» A sua volta Alberto Ncgrin, che ha curato la regia dello spettacolo del «Piccolo», ne porta sulla scena soltanto ot- to, e con qualche taglio, spo- stando l'azione dal palazzo dei sindacati dell'Avana, dove gli interrogatori realmente si svolsero, in una palestra o che altro edificio (l'allestì- mento e i costumi sono di Carlo Savi) nelle immediate retrovie del fronte. In questo modo, riempiendo sin dall'inizio il palcosce- nìco di controrivoluzionari in lacere uniformi e restringendo a quattro i rivoluzionari che li interrogano, il regista ha cercato di dare una dimen sione teatrale a un testo che. per ammissione dello stesso autore, al teatro non è destinato e nemmeno al cinema e, caso mai, è più adatto alla te-levisione. Nei limiti abbastanza ferrei del genere, c'è riuscito spogliando gesti e in fonazioni di ogni retorica dacomizio, contenendo la materia in poco più di un'ora e mezzo di spettacolo e riservando accortamente alla fine il più drammatico, e teatrale, degli interrogatori: questo sì quasi un processo perché mette a confronto l'aguzzino, spia n poliziotto del dittatore Batista, con le sue vittime. | | i Questo criminale, reso assai bene da Gianfranco Mauri nella sua allucinata caparbietà, sta un po' a sé tra gli illusi e gli ottusi combattenti anticastristi: il figlio dell'ex ministro (Giampiero Fortebracciò), un latifondista (Pierluigi Giorgio), l'operaio ingannato (Piero Buttarelìi i, l'agente voltagabbana (Elio Velieri, l'industriale che «non fa politica» (Gianni Agus), un cappellano (Ottavio Fanfani) e il sostenitore di una problematica «terza via» (Oreste Rizzini). Tutti, applauditissimi con il regista, recitano con lodevole sobrietà e misura rispondendo alle domande di Franco Graziosi, Francesco Carnelutti, Giampiero Becherelli e \C,artl0 ^^LZ^^t date a Relda Ridoni e a Ivana ! Monti le non molte battute ì dei due soli personaggi femminili. Alberto Blandi