La Francia ratifica l'Europa (ma per Pompidou non è un lei Dieci trionfo)

La Francia ratifica l'Europa (ma per Pompidou non è un lei Dieci trionfo) Il voto di domenica e il prestigio di Pompidou La Francia ratifica l'Europa (ma per Pompidou non è un lei Dieci trionfo) I «sì» sono il doppio dei «no», ma rappresentano soltanto un terzo dell'elettorato: il 40 per cento dei francesi si è astenuto dal voto (normalmente, le astensioni sono il 20 per cento) - Dubbi non per l'Europa, ma per il neo-gollismo: « Il potere, commenta "Le Monde", ha subito uno scacco » - Possibile una nuova maggioranza ANALISI del Referendumma,,sì... I giornali di Parigi l'hanno subito definito «Il referendum del sì, ma». Con il referendum, il presidente Pompidou aveva chiesto ai francesi se approvassero l'allargamento della Comunità europea da sei a dieci Stati. Nei suoi discorsi aveva poi tracciato le grandi linee di una politica europea molto ambiziosa, mirante a realizzare, entro dieci anni, le strutture portanti di una confederazione europea. Per il successore di De Gaulle, tutto ciò rappresentava una grande svolta politica. Essa non poteva non dispiacere a molti vecchi gollisti,' proprio mentre attirava su Pompidou le lodi di alcuni tra i padri del movimento europeo, da Jean Monnet a Koudenhove-Kalergi: alla vigilia del voto, quest'ultimo aveva addirittura indicato nella Francia «il Piemonte dell'Europa», in Pompidou stesso «il Cavour del Continente». Di fronte a prospettive così grandiose e a scelte così fondamentali, i risultati del voto sono stati modesti. E' vero che, tra i voti validi, i «si» (68 per cento) hanno largamente dominato sui «no» (32 per cento). Ma le astensioni sono state il 39 per cento degli elettori, le schede bianche o nulle il 7 per cento: queste sono percentuali spropositate, e non casuali (normalmente le astensioni si aggirano sul 20 per cento). Come giudicare dunque l'esito del referendum? Se si tiene presente il fatto che alcune delle forze politiche più saldamente europeiste, come il partito socialista di Francois Mitterrand, avevano raccomandato, (esclusivamente per ragioni di politica interna) l'astensione o la scheda bianca, si può concludere, con lo stesso Mitterrand, che « l'Europa ha egualmente ottenuto un successo, mentre 10 scacco riguarda soltanto il governo » . Questo scacco, sia pure parziale, è dovuto a vari motivi. Sottoponendo a referendum 11 progetto di allargamento della Cee, Pompidou si proponeva di dividere e confondere i suoi avversari, e in parte ci è riuscito; ma ha diviso e confuso anche i suoi sostenitori e i sostenitori dell'Europa. E' vero che il «fronte delle sinistre», socialcomunista, si è spaccato, e che il partito comunista francese, l'unico che proponesse il voto contrario, si è trovato nuovamente isolato (i «no» sono stati appena il 17 per cento del totale degli elettori, meno cioè di quanto i comunisti ottengano abitualmente nelle elezioni parlamentari). Ma è anche vero che molti «paleogollisti», contrari alla nuova politica europeista del governo, hanno accresciuto le schiere dei contrari o degli astenuti. Pompidou era parso a tutti molto astuto, quando aveva scelto l'Europa come tema del suo primo referendum: era sembrato che egli potesse assicurarsi così un successo facile e sicuro. Ma il calcolo era troppo scoperto e i risultati puniscono la furberia del Presidente. Invece di uscire rafforzato dal referendum, Pompidou ne esce quindi indebolito. Il suo prestigio ha ricevuto un colpo non lieve: l'immagine di «Cavour dell'Europa» appare per lo meno prematura. Egli può tuttavia consolarsi constatando (a ragione) che l'avere spostato, senza danni, la gran^ massa del movimento gollista dal nazionalismo all'europeismo, rimane pur sempre una storica impresa: è giusto che gli europeisti non francesi gliene diano atto, in questo momento per lui forse amaro. Il referendum francese ci suggerisce altre due considerazioni. Anzitutto, si rafforzano ancora i nostri dubbi sulla validità del referendum come autentico strumento di democrazia. Apparentemente, questo è il mezzo più diretto per consentire alla volontà popolare di esprimersi su una questione particolare. Nella realtà, però, la decisione sottoposta a referendum si confonde sempre con il problema se si voglia votare pio o contro il governo; per questo i risultati, alla fine, sono spesso oscuri. La seconda osservazione riguarda il rapporto fra i governi, i popoli e l'Europa. srsqrOra che la grande massa del conservatorismo francese si è, anch'essa, allineata su posizioni europeiste, appare evidente che si è formata nel continente una maggioranza assai vasta (tanto da essere politicamente composita), a favore dell'Europa unita. Chi è ormai contrario? Soltanto alcune frange nazionaliste di destra, in Francia e in Inghilterra; una parte dei laboristi inglesi (ma la loro è un'opposizione strumentale e temporanea); e i comunisti francesi e italiani, che sono, nel quadro europeo, una sinistra regionale. Arrsgo Levi Lussemburgo. Il ministro degli Esteri francese, Schumann, che partecipa ai lavori del Consiglio del Mec, legge un quotidiano parigino che riporta i risultati del referendum