Il giusto allarme di Alberto Ronchey

Il giusto allarme nella campagna elettorale Il giusto allarme La Frangoise Giroucl, che I nè il miglior giornalista di Francia, scriveva su L'Express pochi giorni fa: « Nessuno pensa "bene" o "male." in materia politica. Si pensa come si può, come si e, come si crede, e talvolta ci si sbaglia nobilmente, e talvolta si ha ragione bassamente». Apprezzando la riflessione, ancorché amara, ne segue che ciascuno tenti almeno d'assolvere per il meglio la sua parte, secondo i suoi giudizi di valore e di fatto. In questa campagna elettorale, torniamo anzitutto .sul tema del « voto fluttuante» per dire che non poca è la differenza tra il suffragio critico e quello di pura protesta. Il voto di pura protesta è la malattia italiana: qualunquismo nel '47, laurismo-neofascismo nel '51-'53, e a sinistra flussi alterni di voti non comunisti al pei anche nei momenti di crisi in tale partito. Chi aiuta gli elettori al volo critico? In qualche misura la discussione incomincia a essere concreta (La Malfa, Giolitti. alcuni esponenti pcr lo più giovani di vari parlitii. ma spesso continua la guerra di parole. La campagna presidenziale negli Stati Uniti si svolge su basi ben altrimenti fattuali c specifiche. Da tempo l'atmosfera politica nordamericana ò tutt'allro che I un modello, e anzi con rammarico si osserva come quella vasta società non abbia j un'adeguata espressione politica; ma leggiamo (Wash- j ington Post) che la competi- i /.ione delle « primarie » si j svolge tutta su fatti e cifre: 1 come il saggio d'aumento delle tasse, del reddito, dei prezzi, e il numero degli americani tuttora in Vietnam, e il numero dei giovani iscritti nelle scuole che praticano o non praticano l'integrazione razziale, sulla scorta di dati tempestivi secondo rilevazioni mensili. Eppure noi, più che gli americani, avremmo buone ragioni per discutere su fatti e cifre. L'economia è malata, ma nello stesso tempo è florida rispetto all'entità degli errori e degli attentati già commessi contro il meccanismo di sviluppo. Abbiamo una sinistra di tradizione comunista, e anche socialista, che pare destinata a studiare sempre il « perché » e mai il « come » delle proposte di riforma. Abbiamo un'ultrasinistra, che vuole far esplodere ogni organizzazione civile; ed è seguita in questo dall'ultradestra, che perseguendo gli stessi lini fa leva sulle rivendicazioni corporative, municipali, di gruppo, com'è sempre accaduto quando s'è tentato di trasformare una società (dalla Francia e la Spagna degli Anni Trenta in poi). E sono ben conosciuti gli errori dei poteri pubblici o semi-pubblici e insieme quei fenomeni che non possono definirsi errori, ma solo vergogne: come là dove ognuno evita d'assumersi responsabilità e accoglie qualsiasi rivendicazione allo scopo di reggere comunque nella piccola sua posizione d'i potere (maggiore o minore), persuaso che per il momento la confusione non consentirà a nessuno di censire simili errori o debolezze e colpe. Forse tengono conto che una qualsiasi gestione coscienziosa verrebbe deplorata oltre che dalle demagogie d'opposizione anche da quel lassismo di governo e di partilo che non di ratio, negli ultimi anni, giunse a condannare persone serie come poco duttili, intempestive, ingenue, nell'arrogante convinzione che nessun problema si può neppure tentare di risolvere mai e lutto si lascia sempre a chi verrà dopo. A sinistra, anche quella più responsabile, s'è voluto vedere spesso in tale qua- dro una piattaforma d'avanzamento sociale; s'è creduto che le agitazioni endemichee proliferanti fossero utili?, zabili per un volo politico innovatore, per un «grande balzo in avanti ». E invece natura non facit sallns; e quasi nulla era interpretabile politicamente. 11 dilagare delle rivendicazioni particolari non è riducibile a unitàè un moltiplicarsi di preteseauvl'sl'nfzsMlersnldldilnddtstmrsnsFcontraddittorie, corporative non suscettibili di costituire i alcun fondamento solido per una svolta politica. E' il terreno più favorevole all'insorgenza di quell'ultradestra e di quella destra, che sul disordine e sull'atomizzazione sociale hanno sempre fondato le '.oro fortune politiche, le condizioni per una raccolta di semplici « voti di protesta ». Ma nessuna soluzione e nelle spinte inconsulte e nei loro contraccolpi. Innalzando non solo i vessilli dell'ordine in piazza, nelle fabbriche e nelle scuole, ma insieme l'insegna del dispotismo, l'ultradestra e le sue ultime reclute (Birin-1 delli, De Lorenzo) reclamano '' il loro it governo duro »: e j l'uditorio spesso non sa che j neppure i dispotici militari i dell'Argentina, del Brasile, j delia Spagna, sono sufficien- i ti a fronteggiare le ccnvulsioni del nostro tempo, mentre alla loro volta suscitano i moti più profondi e seri di j ribellione. i Si spera che le capacità persuasive delle forze migliori, nella campagna elettorale, sappiano contrastare l'estre- ma destra come l'estrema rema sinistra. Si può aver fiducia nella lenta e inesorabile forza del senso comune, nell'equità della sobria ragione? Due anni fa, dopo le pi ime illusioni rivoluzionarie che seguirono l'autunno caldo, pei e psiup persero ventimila voti nella sola citta di Torino, sebbene gli eletto: i fossero più numerosi rispetto alle precedenti elezioni. Non sappiamo quanto allora fosse dovuto alle circostanze, alla logica espressa dalla campagna elettorale, all'informazione. E oggi non sappiamo quali effetti avranno, nel voto del 7 maggio, la critica dei partiti e 1 dati dell' informazione riguardo all'estrema destra e alla si nistra ultra o dispotica, Ma si deve temere e in ogni modo contrastare, evi tare un disastro civile. Non vorremmo, fra qualche anno, rivedere le collezioni dei giornali nella coscienza d'essere stati colpevoli d'insipienza politica o reticenza: accadde già a un'altra generazione, esattamente cinquant'anni fa. Alberto Ronchey

Persone citate: De Lorenzo, Giolitti, La Malfa, Post

Luoghi citati: Argentina, Brasile, Francia, Spagna, Stati Uniti, Torino, Vietnam