Il processo per lo "scandalo,, deirospedale di Bordighera di Filiberto Dani

Il processo per lo "scandalo,, deirospedale di Bordighera Davanti ai giudici del tribunale di Sanremo Il processo per lo "scandalo,, deirospedale di Bordighera I cinque imputati (l'ex presidente e quattro medici) sono accusati di concorso in peculato I sanitari hanno affermato di non essersi mai occupati di questioni amministrative - Uno di essi ha sottolineato: « Ricevevo 50-40 mila lire ogni 3 o 4 mesi, ma che razza di peculato è questo» Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 17 aprile. Ai tribunale penale di San ionio, prima udienza del prò cesso per lo « scandalo n del itoliasml'ospedale di Bordighera. Cin-\pque gli imputati: l'ex presidente del consiglio di amministrazione Giovanni Cherchi, 79 anni, e i medici Angelo Laurenti Giribaldi, 69 anni; Domenico Cesare Gabetti, 63 anni: Carlo Alberto Zaccagna. 56 anni, e Carlo Biancheri, 54 anni. Sono tutti accusati gbgtibtotevdi concorso in peculato (daluire a cinque anni di carcere), avendo l'ex presidente « distratto a favore dei quattro medici la somma di lire 32 milioni e 2S7.:i2(ì lire, quale loro compartecipazione ai proventi dell'ente ospedaliero » e ciò « senza una pre ventina delibera del consiglio il'amministrazione ». I fatti, nelle linee essenziali, sono abbastanza noti: i quattro medici prestavano la loro opera presso l'ospedale bordigotto, ma non percepivano alcuno stipendio perché l'ente pubblico non era in grado di pagarli; il consiglio d'amministrazione, dando atto di questa generosità, aveva sentito il dovere di « compensarli moralmente » attribuendo a ciascuno di essi una qualifica del tutto onoraria i primario, incaricato o aiuto di vari reparti) che, come tale, non implicava un vero e proprio rapporto di lavoro ! subordinato. I medici, soddisfatti, ave vano continuato a prestare I la loro opera, gratuitamente, nei confronti dei ricoverati poveri; non gratuitamente, invece, nei confronti dei ricoverati non poveri o assistiti dagli enti mutualistici /«Era più comodo per loro — dirà la sentenza di rinvio a giudizio — lavorare all'ospedale, usarne l'attrezzatura c guadagnare poi come liberi professionisti con una | clientela fissa e sicura »). Chi, dunque, autorizzò i medici a farsi pagare dai ricoverati non poveri o mutuati le loro prestazioni professionali? E' la prima domanda che il presidente del tribunale, dr. Aroldo Romanelli, pone a Giovanni Cherchi. L'anziano ex presidente dell'ospedale risponde che il consiglio di amministrazione «era d'accordo», anche se di questo accordo non v'è traccia di delibera: la compartecipazione dei medici ai proventi dell'ente ospedaliero, precisa, evitava l'esborso degli stipendi e di tutti gli oneri riflessi. All'ex presidente passò mai per la mente che questa procedura non era regolare? Cherchi: «Mi preoccupai soltanto di superare le difficoltà di ordine formule allo scopo di mandare avanti l'attività dell'ospedale. Ciò mi spinse ad essere maggiormente generoso con i medici per tenerli legati all'ospedale». Presidente: «CVte cosa intendeva, come amministratore, per prestazioni gratuite da parte dei medici?». Cherchi: «Intendevo riferir m stipendi. Se l'ospedale avesse dovuto retribuirli avrebbecessato di funzionare». L'amministrazione ospedaliera era confusa. Non esistevano mandati per le uscite né reversali per le entrate. Quasi tutte le riscossioni venivano effettuate direttamente da un'impiegata anziché dalla banca d'Imperia ch'era il tesoriere dell'ente. Tolto daglincassi quanto spettava all'ospedale, il resto andava amedici, a saldo delle loro prestazioni professionali. La tariffa che l'Inam pagava all'ospedale era per sette giorni di degenza, quale ne fosse la durata: era una tariffa convenzionata e quindnon suscettibile di aumentoCome far fronte alle rimostranze dell'ostetrico? Semplice: stabilito, attraverso un'indagine statistica, che ldegenza delle partorienti non superava mediamente le cinque giornate, bastava concedere all'ostetrico il corrispettivo delle rette delle due giornate in più che l'ente mutualstico in ogni caso pagava. Presidente: «A'on le sembrche questo risparmio sarebbdovili'ì ululare dell'ospedale e non del medco'' Il consiglio d'amministruzione comunque, prese iquesto senso una regolare delibera?». Cherchi: «No Volevamevitare che l'Inam venisse conoscenza d: questa nostriniziativa: c'era il caso che dnunciasse lu convenzione». Presidente: «Non temevatche l'uscita delle intuenti dul'ospedale, dopo il putto, ptesse essere affrettata prpria per fruire delle due gionate in più di degenza?». «No. l'ex presidente dell'spedale e suoi colleglli di cosiglio non ebbero mai quesitimore' per loro il beneficriconosciuto ali ostetrico si rsolveva in un beneficio pel'ospedale che poteva cosi ucontagiare la richiesta d'amento di retribuzione». Cpropose questa soluzione? Rsponde il dottor Curio AlbepcCir»T«n»' nnn,n^i7riònnrr.uuitjniyiiiiieuiu ioioa benefici o Zaccagna: «Non fui io. Mi j simitai soltanto a far presente cl consiglio d'amministra- ! ene l'estremo disagio della j mia situazione: 240 lire per Icparto. Chiesi una cifra più di- ngnitosu e mi fu proposto il j beneficio dei due giorni di de-, genza non fruiti dalle pazien-ìi. "Sé per voi sta bene, sta | bene anche per me" dissi ». \Chiuso questo capitolo, si - orna a parlare della compar- j ecipazione dei medici ai prò- j venti dell'ente ospedaliero. E' | un faticoso tiro alla fune tra ! presidente e imputati per chiarire l'argomento in tutti il suoi risvolti, ma alla fine non ci sono né vinti né vincitori. 1medici sostengono concorde-mente di non essersi mai occupati della questione animi- nistrativa. Annotiamo qualche battuta Laurenti Giribaldi: «Il consiglio d'amministrazione mi iti tcrpelluva soltanto su questioni che riguardavano il personale o l'attrezzatura tee Bica. Non mi sono inai preoc capato di controllare l'esat tezza dei compensi che mi ve¬ nivano conteggiati». Domeni- co Cesare Gabetti: «Mai mes so piede negli uffici ammini strettivi: firmavo le ricevute e basta. Quei compensi sono stati decisi dal consiglio d'uni-mimstrazione. Potevo imma-ginare clic non mi spettava-no?». Carlo Biancheri: «Qua-si mi vergogno ad esporre lecifre delle mie retribuzioni: 30-40 mila lire ogni tre. quattro mesi. Che razza di peculato è questo?». Termina qui l'interrogato-rio degli imputati. Ora è lavolta dei testimoni: il tribù-naie ne ascolta un paio, poiaggiorna l'udienza a domani Filiberto Dani

Luoghi citati: Bordighera, Sanremo