Chopin riscoperto in patria
Chopin riscoperto in patria LE NOVITÀ DISCOGRAFICHE Chopin riscoperto in patria La grande esecuzione di Benedetti Michelangeli davanti al pubblico di Cracovia Nel 1955 Arturo Benedetti Michelangeli, membro della giuria al Concorso Internazionale Federico Chopin che ogni cinque anni si svolge a Varsavia, diede due concerti pubblici a Varsavia e a Cracovia. In questa città, l'antica capitale dei re di Polonia che deve molte sue bellezze agli architetti italiani, il concerto si svolse in una sala cinematografica, adibita a sede della locale società dei concerti. Fu un recital. E fu certamente uno di quegli avvenimenti musicali che restano per sempre impressi nella memoria di chi ebbe la fortuna di assistervi. La fortuna ci voleva davvero: parecchie ore prima del concerto, la sala era completamente gremita, rotti i cordoni della severa milizia polacca, riempito ogni spazio disponibile. L'artista italiano suonò le Variazioni di Brahms, la Ciaccona di Bach e Chopin. La sala crollava di applausi dopo Bach e dopo Brahms. Brahms, cosa mai vista, fu bissato. Ma alla fine dello Scherzo in si bemolle minore op. 31 di Chopin, dapprima ci fu silenzio. Sgomento. In un certo senso, i polacchi cosi profondi conoscitori di Chopin, lo capivano per la prima volta. Fu un silenzio di stupore, di venerazione, timoroso di non rompere l'incantesimo creato dal pianista italiano. Lo stesso Benedetti Michelangeli, spossato da quasi tre ore di recital, rimase sorpreso. E solo quando egli volse il viso verso il pubblico, esplose l'entusiasmo. Molti piansero. Solisti di fama, presenti in sala, dissero che non avrebbero più suonato; un grande pianista russo disse: «Ecco come si suona Chopin». Ora, la Deutsche Grammophon ci consente di goderci anche noi, nella quiete delle nostre case, un'ora di Chopin e di Benedetti Michelangeli. Un magnifico disco ( DOG 2530 236 ) che da un lato racchiude dieci Mazurke, dall'altro il Preludio in do diesis minore, op. 45, la Builata in sol minore, op. 23 e lo Scherzo in si bemolle minore, op. 31, di cui si è parlato. Otello Prol'azio si è fatto strada tenacemente, sicuro del fatto suo, convinto della validità di ciò che faceva, o meglio di ciò che cantava. Da molti anni ormai egli è uno dei pochi e bravi ricercatori-interpreti del folklore meridionale. Nonostante il successo che gli sorride, Profa'zio non si è lasciato corrompere, resta sempre genuino, è spiritoso, ha straordinario senso di misura, sa essere aggressivo e drammatico, quando il testo lo esige. Nel disco che segnaliamo (Cetra LPP 168), Profazio canta molte cose già note (interessante, per esempio il confronto con «Lamentìi pi la morti di Turiddu Carnivali» interpretato da Cicciu Busacca, di cui si è parlato di recente in questa rubriI ca). Molte altre canzoni, ] però, o meno note o nuove, s: ascoltano con divertimento e con ammirazione; «Putto strano». «La mamma illusu». «La scuola», «La leva» I sono piccoli esempi della vi| vacità di questo bravo can- i tante. i i r. la.
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