Le immagini dell'inconscio

Le immagini dell'inconscio LE MOSTRE D'ARTE Le immagini dell'inconscio Le visioni metafìsiche di Fabrizio Clerici e realistiche di Jacqueline Nesti-Joseph - Pitturamusica di Oliva, paesaggi greci di Pennisi Se c'è categoria mentale che la pittura sia impotente a esprimere, questa è il tempo: precisiamo, il passar del tempo. Può esprimere la forma, la linea, il volume, il colore, un'infinità di sentimenti e d'idee, non il fluire del tempo, affidato soltanto alla parola (quantunque la critica d'arte contemporanea si sforzi, con ingegnose argomentazioni, a dimostrare il contrario). Rinunziando allora alle simbologie degli antichi, come il vecchio con la falce, la pittura moderna di carattere metafisico ricorre al surrogato della evocazione, cioè al fantasticamento mnemonico che dalle lontananze della memoria estrae immagini che dal nucleo di ricordi personali si irraggiano nell'atmosfera del sogno e nella labilità dell'inconscio. Ci sembra che l'importante mostra di Fabrizio Clerici («Davico», galleria Subalpina 30), del quale non si vedevano opere a Torino, salvo errore, dal 1959, ci riporti a questa situazione. Presentandola sul catalogo, Giuseppe Marchiori individua con perspicacia le due principali componenti di questa pittura: « Le prodigiose apparizioni delle città scoperte negli immensi deserti da un archeologo visionario», e «le stanze segrete, di una nuova dimensione metafisica, nelle quali domina il mistero di mitici eventi o delle più surreali invenzioni prospettiche». Vorremmo aggiungere una terza componente: la luce arcana, magica, assolutamente innaturale, con cui il Clerici materializza ogni fisicità di codeste apparizioni ed invenzioni. L'effetto ottenuto è quello d'una perpetua aura d'incantesimo che avvolge le intellettualistiche composizioni d'un pittore magnificamente padrone dei suoi mezzi espressivi. Gli elementi evocativi di un passato temporalmente indefinibile se non per vaghe indicazioni di un'archeologia misteriosa n di civiltà remote appena accennate da qualche simbolo religioso d'Hor egiziano) o mitico (l'Ariete, il Capricorno), vengono così a comporre il sortilegio d'una pittura parcamente e nobilmente illustrativa che non smentisce le inclinazioni scenografiche manifestate con memorabili successi dal suo autore, né i suoi solidi studi giovanili di architetto. Forse proprio mercè questo suo gusto per la composizione scenica Fabrizio Clerici, tra i maggiori surrealisti italiani nella scia di De Chirico e di Savinio, è quello che meglio traveste la sostanza irrazionale con la parvenza del razionale. •A: * Anche per Jacqueline NestiJoseph la memoria è stimolo all'invenzione pittorica, ma su un piano non metafisico bensì realistico. Nata ad Haiti quarant'anni fa, allieva in Francia d'un discepolo di Braque e poi nel Messico di Diego Rivera, dopo le mostre a Venezia, Pisa, Milano, Firenze si presenta ora a Torino («Accademia», via Accademia Albertina 3) con immagini di iconografia quasi invariata: gruppi di donne haitiane in piedi o accoccolate su un terreno biancastro divorato dalla .luce, contro un incerto sfondo marino: insomma ombre cinesi definite dal solo profilo. Eppure queste figure, lodate dal Ragghianti per il «mondo silenzioso e favoloso» che evocano, e dal Buzzati per la «tensione luminosa», acquistano una fortissima vita plastica per la intensità del sentimento nostalgico che le anima. Ogni monotonia tematica scompare da questi espressivi quadri proprio per un contenuto morale della stessa qualità dei quadri (tenuto conto delle distanze) di Gauguin e di Lorenzo Viani. * * Un lungo balzo dal figurato al non figurativo (volendo usare gli schemi convenzionali di comodo) e siamo alla mostra («Triade», via Cavour 19) del giovane ma già bene affermato Enzo Tommaso Oliva. Al primo sguardo su questi vasti quadri si domanda: rinasce il pointillisme di Seurat, magari nei burleschi d'après di Enrico Baj? Ma do ve sono le «figure»? Subito Albino Galvano, nella presentazione, mette in guardia: non si tratta di Neodivisionismo, bensì di una «ossessione del motivo iterato, microtico e innumerabile», punti, cerchietti infinitamente moltiplicati con infinita pazienza ed infinito lavoro, che con la loro fittezza e varietà cromatica compongono onde colorate ad alterne zone tonali, e. di luci e di ombre, equivalenti ad altrettante onde melodiche. Quindi, pittura-musica, e perciò svincolata da ogni dato naturalistico. Ma pittura che con acuta intelligenza ricupera, reinventa un gusto, appunto musicale, che fu dell'Art Nouveau, delle Secessioni viennesi, dei primi artisti di Ca' Pesaro, di Klimt, del Casorati del Sogno della melagrana (1913). Con le Microcellularità di Oliva si passa da un fatto di rappresentazione a un fatto di decorazione, alla Zefiè anteDtugrhapiGstdsc«sdnnpcogMviindtuVsased1lod(cnamctvrlrbztsibrndhnPtCszp Zecchin; e con sensibilità raffinatissima. * * Paul Pennisi, quarantenne, è nato ad Acireale, ma la sua anima è greca, ritornata dalla terra natia alla madre antica. Dopo aver studiato architettura, esercitato attività varie, grafica, cinema, televisione, ha seguito il richiamo della pittura durante un viaggio in Grecia; e così fortemente da stabilirsi nella Macedonia per dipingere i paesaggi che — ha scritto Raffaele Carrieri — «sono i più deserti e silenziosi di tutto il bacino mediterraneo». Li si vedono ora a Torino («Quaglino - Incontri», piazza S. Carlo 177), e particolarmente i motivi suggeritigli dai celebri monasteri di Monte Athos appaiono convincenti per forza costruttivaintensità di colore, splendore di luce. Segnalazioni. Gustose sculture di Mario Porcù ad «Arte Viva» (via Casalis 12); paesaggi piacevoli del piemontese Giacomo Poggio al «Quadrifoglio» (corso Re Umberto 10); raffinati collages del bolognese Giorgio Chiarini Boddi presentati alla «Viotti» (via Viotti 8) da Janus. mar. ber.