Difficile vendere di Arturo Barone
Difficile vendere INCHIESTA Difficile vendere Stanziati tre miliardi di lire per valorizzare i prodotti agricoli Nel periodo 1965-'70 la bilancia dei nostri scambi di prodotti agricolo-alimentari è andata continuamente peggiorando; nello spazio di appena un quinquennio il disavanzo è quasi raddoppiato, passando dai !ì81 miliardi del 1965 ai circa 1100 del 1970. In base ai dati disponibili per il 1971. si può aflermare che la tendenza negativa è proseguita anche lo scorso anno, con un ulteriore peggioramento di quasi 200 miliardi. L'aumento del deficit è in parte dovuto a cause obiet-1 live come il rincaro dei prezzi unitari e la crescita della popolazione italiana, che continua ad aumentare al ritmo annuo di quasi .'100 mila unità, ma è anche la conseguenza di fattori modificabili: la scarsa efficienza produttiva! di alcuni settori-chiave (primo fra tutti la zootecnia) e la debolezza delle nostre strutture commerciali. Questo secondo fattore è stato praticamente ignorato sino ad oggi, anche se la sua importanza è ormai riconosciuta da tempo nel settore industriale; gli studiosi di marketing vengono infatti affermando da anni che vendere è assai più difficile che produrre. Solo nel 1971, in sede di approvazione —tardiva e parziale — di alcuni capitoli del Piano Verde, si è deciso di stanziare ,'ì miliardi per la valorizzazione e promozione dei prodotti agricoli. L'art. 2, nono comma, della legge 4 agosto 1971 n. 592 è stato fatto inserire dal ministro dell'Agricoltura Natali nell'intento di porre un argine al « deterioramento allarmante della nostra capacità concorrenziale, non solo nei confronti elei procioni stranieri all'estero ma anche, c questo è particolarmente qrave. ull'inter- \ no dei nostri slessi mercati ». Queste parole si possono leggere in un recente studio dell'Associazione nazionale agricoltura e turismo (più nota con la sigla Agrituristi, commissionatole dalla Confagricpltura. Lo studio sottolinea l'importanza dell'iniziativa, la prima di una certa consistenza nella nostra storia, e la necessità che essa dia buoni frutti sin dall'inizio cosi da giustificare nuovi e maggiori stanziamenti nei prossimi anni. In base alla legge, l'opera di promozione dovrebbe riguardare anzitutto l'olio d'oliva, gli agrumi e il vino, e valersi di enti già esistenti come l'Irvam e l'Istituto di nutrizione, a carattere pubblico, e di v organizzazioni private come le associazioni dei produttori e i consorzi dei prodotti tipici, direttamente interessate alla commercializzazione, in Italia e all'estero, dei nostri prodotti più prestigiosi. Venuti meno, con l'avvento e l'allargamento del Mercato Comune, gli antichi strumenti protezionistici, dobbiamo imparare a batterci con i più moderni strumenti della penetrazione commerciale mediante programmi organici di campagne promozionali e di propaganda diretta al livello dei consumatori. Qualcosa si è fatto sia all'estero, grazie alla partecipazione dell'Ice a mostre e liere internazionali, sia all'interno (valga per tutti l'esempio del Consorzio del Parmigiano-Reggiano), ma è necessario un autentico « salto », in qualità e quantità, se vogliamo reggere all'aggressiva concorrenza dei nostri due I « partners », Francia mania. | Entrambi i Paesi si preoccupano di accreditare all'estero i loro prodotti con marchi di qualità e denominazioni di origine, concessi dopo accu. .ite definizioni degli « standards » e accompagnati da rigorosi controlli. Una volta sicuri di queste premesse hanno avviato, anche in Italia, piani capillari di propaganda che stanno dando frutti superiori ad ogni aspettativa. Fra il 1967 e il 1970 l'export francese di prodotti alimentari è salito da 116 a 255 miliardi, mentre il corrispondente export italiano è cresimilo da 60 a 84 miliardi, ossia in misura largamente inferiore. Ancora più notevole, fatte le debile proporzioni, il successo della Germania, che da pochi anni si è presentata sul nostro mercato come esportatrice di prodotti alimentari. Fra il 1967 e il 1970 le sue vendite sono salite da 65 a 153 miliardi, mentre i suoi acquisti sono cresciuti più lentamente (da 184 a 229 miliardi): siamo ancora in attivo, ma, se la tendenza dovesse proseguire, rischiamo di passare presto in deficit, persino con la Germania. 11 suggerimento della Confagricoltura ci pare senz'altro . valido: dobbiamo creare anche in Italia delle società miste, a capitale pubblico e pri vatp, che cerchino d'imitare quel che fanno la francese Sopexa e il Cina tedesco. Si deve però aggiungere che tutto non può venire dallo Stato. Arturo Barone silqpnmgsumctobfdie Ger- j
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