Corrispondenti che vita dura

Corrispondenti che vita dura Lo straniero in Italia Corrispondenti che vita dura I j 11 Presidenlc della Repubblica, Leone, ha latto un grande onore al Consiglio direttivo" dell'Associazione Stampa Estera, ricevendolo in udienza. 11 Capo dello Stato ha voluto giustamente sottolineare con discrezione il dovete dell'imparzialità, che si impone a ogni giornalista e che è inscindibile dalla libertà di stampa, essa stessa garanzia della libertà d'opinione. Non è male che i giornalisti siano invitali a riflettere sui principi che devono, o dovrebbero, applicare quotidianamente. E la parola « imparzialità », usata espressamente dal presidente Leone, è la stessa che un maestro del giornalismo contemporaneo. Hubert Beuve-Méty, fondatore e direttore di Le Monde, è solilo usare quando gli si chiede di parlare dell'" obicttivila ». Non è il momento né il luogo per riprendere l'eterna polemica sull'obiettività, espressione'che. a l'orza di significate troppe cose, ha finito per non significare più nulla e serve sovente da alibi ad operazioni di tuga davanti agli avvenimenti. Ma forse non e inutile fare qualche considerazione sulle dillicoltà che un corrispondente straniero in genere, c in Italia in particolare, incontra ad essere imparziale. Prima difficoltà (comune a tutti i Paesi) : un uomo solo dovrebbe conoscere tutto, sapere tutto del Paese in cui vive, essere in grado di valutare immediatamente il giusto equilibrio di un'informazione nel momento stesso in cui la riceve e la trasmette. Il giornale gli chiede di fate da solo il lavoro che all'ambasciata del suo Paese viene realizzalo da una equipe di almeno dodici persone e. per di più. unte specializzate. A Roma, poi, non si tratta di un'ambasciata, ma di due. dato che la maggior patte dei corrispondenti devono interessarsi anche al Vaticano. Sempre in viaggio? Seconda dillicoltà: il dono dell'ubiquità. In Gran Bretagna, in Francia, in Germania, i corrispondenti non devono mai lasciare Londra, Parigi o Bonn. L'essenziale delle informazioni e sempre a portala di mano. In Italia, invece, il vero corrispondente dovrebbe essere sempre in viaggio, trovarsi lo stesso giorno a Torino per seguire i negoziali per salvare Sallustio, a Milano per assistere ai funerali di Feltrinelli, a Roma per seguire i lavori del Consiglio Nazionale della de. Eventualmente anche a Treviso e a Napoli. E' chiaro che è im- possibile. Terza difficoltà: l'ignoranza del valore che il giornale attribuirà a questo a a quell'avvenimento che. visti dall'Italia, hanno grande rilievo. L'imparzialità non consiste soltanto nel trasmettere tutti i suoni della campana, ma anche nel trasmettere regolarmente quei l'atti che segnano l'evoluzione di un avvenimento. Orbene, alcuni dei maggiori giornali del mon¬ ninnili illuminili i t ! i I ; i do non dedicano all'llalia lo spazio che ogni giorno i graflI di quotidiani italiani riservano I j tigli articoli dei loro corrispon- j demi a Londra. Bonn. Parigi o Washington. Gli archivi di (utli i corrispondenti a Roma sono pieni di articoli scrini, spedili e non pubblicati. Oliarla difficoltà: è più sodile e meno evidente. Riguarda la posizione molto particolare che i giornalisti politici e i corrispondenti esteri occupano nella vita del Paese. In nessun alti-.-' capitale gli ambienti politici attribuiscono tanta iniporlanz a quello che scrivono i corrispondenti. In ncssun'altra palle si concede loro tanta amichevole confidenza: e questa apertura s'accompagna al desiderio di inserirli in una politica ben precisa, dalla quale essi avrebbero per principio il dovere di tenersi distaili. Fuori dei miti In queste condizioni, la reazione più spontanea è lo sforzo costante di tenersi al di fuori dei miti che talvolta trascinano collettivamente gli interlocutori dei corrispondenti. Non potendo dire lutto, questi sono eoslrclti a una sintesi, che inevitabilmente appare come una scelta, che non si concilia sempre con la necessaria imparzialità, Si gira in un circolo vizioso. l.a ricerca dell'imparzialità incollila un'altra difficoltà: la strumentalizzazione che. in tre casi su quattro, viene latta dei commenti dei corrispondenti stranieri. Anche fuori dell'attuale clima polemico, un articolo del Times, di Le Monde, della Suddeutsche Zeitung viene sovente inteso non per quello che esprime realmente, ma come argomento per una certa battaglia. Se un corrispondente afferma, sulla base di dati reali e non in base a un processo alle intenzioni, che, tutto sommato, i dicci anni di Centro Sinislra hanno consentilo all'llalia di progredire, si vede accusato di complicità con il potere. Se giudica che il Manifesto non e un fenomeno trascurabile, gli allaccili gli vengono dal partito comunista. E se dà il giusto valore all'operalo del giudice Stiz, la destra moderata gli rimprovera di favorire un'operazione di sinistra. Per evitate simili inconvenienti bisognerebbe accontentarsi di fare la concorrenza alle agenzia di stampa, limitandosi ai latti nudi e crudi. Ma così, il leltore straniero non capirebbe niente dei problemi di fondo. Oppure accettare la soluzione scelta da molli giornalisti: limitarsi a riferire le vicende delle dive o della « cronaca netti ». Ma equivarrebbe a fare dell'Italia un'eroina di romanzi sentimentali o di «- l'cuilletons » romantici. Senza dubbio, quest'ultima soluzione sarebbe ancora peggiore, e certamente più ingiuriosa per l'Italia e la sua realtà vibrarne, di qualche distorsione che, pressati dall'urgenza di scrivere in fretta, i corrispondenti stranieri possono commettere malgrado tutte le loro buone intenzioni, Jacques Nobécourt Corrbpondcntc da K. :\. di » Le Monde »

Persone citate: Hubert Beuve-méty, Jacques Nobécourt