Bella "Bohème,, con Mirella Freni

Bella "Bohème,, con Mirella Freni L'opera al Teatro Nuovo Bella "Bohème,, con Mirella Freni Gianni Raimondi rivaleggia in belcanto con la soprano - Direttore Gianfranco Rivoli La più bella delle opere ili Puccini e ritornata al Teatro Nuovo con un « casi » eli nulo repello, quale effettivamente è indispensabile, quando un grande teatro vuol cimentarsi con opere cosi popolari. Protagonisti il soprano Mirella Freni e il tenore Gianni Raimondi, che rivaleggiano in perfezione di belcanto. La Freni, che era tanto piaciuta nella parte vivace delia Figlia del reggimento, uova in Mimi un personaggio confacente alle caratteristiche personali del suo canto. C'è nella sua voce una carica affettiva naturale, che le permette di riuscire commovente senza ricorrere a lenoeini. senza inclinare la voce nel tremolo piagnucoloso, senza indulgere a sospiri, a singhiozzini e ad altri trucchi naturalistici. L'emozione si genera nella purezza assoluta dell'emissione. Il tenore Raimondi attraversa l'orse il momento più bello della sua carriera: c in piena forma, la voce è poderosa, piena, calda, può anche permettersi di impegnare un vitlorioso braccio di ferro con qualche impennala un po' pesante dell'orchestra, e d'altra parte non trascura le esigenze della dolcezza. Rolando Panerai, Gianni Maffeo e Federico Davià costituiscono con lui il quartetto dei « bohémiens » del Quartier Lalino. E' noto con quanta facilità e spontanea adesione i cantanti italiani interpretino Puccini: lutti stanno nelle loro parli con agevole disinvoltura, e sembra quasi sconveniente elogiare uno piuttosto che l'altro, lauta e l'invidiabile scioltezza del gioco collettivo. Tuttavia non si può fare a meno di rilevare l'autorità con cui Panerai rende il personaggio di Marcello il pitlore. Rosetta Pizzo è una pungente e aeerbella Musetta. Enrico Campi e Guido Pascila cantano realmente, senza troppo bulfoneggiare nelle parti del signor Benoit e del consigliere Alcindoro. Mario Romagnolo, Sergio Villa, Raffaele Branchinelli e Giovanni Sandrone completano degnamente la compagnia. Il coro, istruito dal maestro Antonio Brainovich. si uova qui a suo agio, compreso quello di bambini. La direzione del maestro Rivoli è attenta, sollecita, onnipresente, ed assicura la precisione degli insieme. Certi tempi sembrano un po' lapidi, in corrispondenza, dei resto, al ritmo registico un po' gesticolante nella prima scena; per il resto tutto si svolge secondo la tradizione, entro le appropriale scene e costumi di Antonio Mastromatlei. Nella scéna del sccond'atto, in strada al Cale Momus, è incredibile il nùmero delle persone che riescono ad accalcarsi sul palcoscenico, lasciando ancora il posto per il passaggio della banda militare. Con rapido cambiamento di scena vengono accoppiati il primo e il sccond'atto, riducendo a due gli intervalli e permettendo così allo spettacolo di finire a un'ora ragionevole. Il pubblico ha applaudito a scena aperta, con immenso calore, i suoi beniamini, che purtroppo cedono all'antica usanza di ringraziare con un devolo inchino: vecchia consuetudine un po' pacchiana, ormai quasi sparita, grazie alle regie moderne. Un penoso imbarazzo si difronde quando, per esempio, il soprano, prima di rispondere: « Mi chiamano Mimi », deve aspettare pazientemente che il tenore si sia risieduto al proprio posto, dopo essere sorto in piedi a ringraziare con la mano stpap sul petto. Ben inleso, più lardi tocca a lui sospendere la propria risposili, in altesa c'hc lei abbia eseguilo la sua compunta riverenza. L'opera avrà sette repliche, delle quali le prime quattro con questa prestigiosa compagnia (Raimondi soltanto tre). Le successive daranno luogo a sostituzioni non prive d'interesse.

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