Cile, referendum spauracchio di Francesco Rosso

Cile, referendum spauracchio IN DIFFICOLTA IL FRONTE POPOLARE DI ALLENDE Cile, referendum spauracchio Quattro mesi fa il presidente promise di appellarsi ai cileni per abolire le due Camere e sostituirle con una socialista Assemblea del popolo Ma dopo la sua disastrosa politica economica, cerca di evitare ogni referendum: anche quello contro le nazionalizzazioni richiesto dagli oppositori - Neppure questi però insistono troppo: temono una possibile insurrezione della piazza manovrata dai socialisti, con l'appoggio dei gruppuscoli (Dal nostro inviato speciale) Santiago, marzo. il 4 novembre dell'anno scorso, per celebrare il primo annuale della sua ascesa al potere, il presidente Salvador Allende fece organizsare una gran festa popolare nello stadio di Santiago e dopo canti e dame egli pronunciò un discorso prolisso sulla sua politica marxista, ma rialzò l'interesse con una botta che andò diritta all'uditorio. Disse che aveva fatto depositare un decreto legge per riformare la Costituzione, abolendo le due Camera del Senato e dei deputali per sostituirle con una sola, che avrebbe assunto la definizione socialista di Assemblea del popolo. Però, aggiunse, poiché in Parlamento l'opposizione era ancora in netta maggioranza e certo non intendeva accettare il suicidio subendo la rivoluzionaria innovazione, egli avrebbe fallo ricorso al referendum, come gli consentiva la Costituzione. Paura di perdere Sono trascorsi quattro mesi da quel discorso, e proprio l'opposizione parlamentare, gli ha offerto l'occasione propizia per saggiare gli umori dell'elettorato con un referendum, ma Allende ha subito detto no. che non era il caso, tanta è Iti certezza ch'egli ha di perderlo, e cerca ogni via per liberarsi di quel peso morto che l'opposizione gli ha gettato sulle spalle. Quattro mesi sembrano cosa da poco in una legislatura di sci anni, ma per il governo frontista di Unità popolare e per il presidente Allende sono slati quattro mesi disastrosi che hanno seriamente compromesso la. possibilità di percorrere fino in fondo la « via cilena al socialismo ». Quattordici mesi or sono, quando Allende assunse il potere, gli occhi del mondo erano puntali sul Cile e molli videro nell'esperimento di un governo marxista qualcosa di nuovo e di interessante non solo per l'America Latina. Che cosa sia rimasto di tanta aspettativa è presto dello; la « via cilena al socialismo » è già ingombrala da ostacoli che appaiono insormontubili e nascono dalle contraddizioni interne ni sistema. Fare la « rivoluzione nella legalità », come afferma Allende, è un nonsenso. Intanto, come dicono i suoi avversari, la rivoluzione non si può fare perché la legge non lo consente. O si fa la rivoluzione violenta, alla russa, alla cubana, alla cinese, o àltrimen- ti si fa del riformismo, cosa che il doli. Allende non vuole ammettere. Le più grosse difficoltà economiche e politiche sono derivate al governo frontista dalle massicce nazionalizzazioni. Attraverso la Corporación de Fomento, cioè la Corporuzione per lo sviluppo economico, Allende ed il suo governo si sono messi a nazionalizzare industrie private una dopo l'altra con un sistema che corre proprio sul filo della legge. Valendosi di una leggina emanala nel 1932 durante lina Repubblica Socialista durata tredici giorni, e subito spazzala via dall'unico golpe militare avvenuto in Cile, la Corporación acquista sul mercato normale le azioni dell'industria da nazionalizzare, per cui lo Stato si ritrova poi regolarmente padrone di settori che, oltre a quelli di interesse pubblico come l'elettricità, il telefono, le ferrovie, le miniere di rame, comprendono anche i tessili, il cemento, la siderurgia, la carta. Il colpo che mise in allarme l'opposizione parlamentare fu il tentativo fatto dal¬ 10 Stalo di comperare la Papelera, un'industria che produce tutta la carta ed il cartone da imballaggio del Cile; il maggior azionista è l'ex Presidente della Repubblica Alessandri, battuto per pochi voti nelle recenti elezioni. Disponendo della carta, il governo frontista avrebbe potuto lesinarla, ad esempio, ai giornali di opposizione, come El Mercurio, 11 più diffuso quotidiano cileno e « bibbia » dei conservatori, soci del Circolo de la Union. Si gridò al tentativo di strozzare la libertà di stampa, si formarono comitati di privati che si incaricarono di acquistare tutte le azioni disponibili sul mercato, purché non finissero in mano ad Allende. La cogestione La manovra andò male, ma il governo di Fronte popolare non si dichiarò vinto, e preparò un secondo colpo: la nazionalizzazione di 91 aziende attraverso le quali lo Stato, e quindi Allende, avrebbero controllato circa il 50 per cento della produzione industriale cile¬ na. Il tentativo fece ravvicinare ancora di più democristiani e nazionalisti che, convocate le due Camere in seduta congiunta, volarono una riforma della Costituzione per cui le nazionalizzazioni dovevano essere approvale con leggi discusse in Parlamento, e non più con semplici strumenti amministrativi, com'era avvenuto in passato. Un altro articolo della legge, davvero rivoluzionario, prevede che l'azienda, una volta nazionalizzata con il consenso del Parlamento, dev'essere gestita direttamente dagli operai, ai quali spettano gli utili. Una copia dell'aulogestione delle fabbriche di tipo jugoslavo. Questa proposta, fatta dal senatore democristiano Juan Hamilton, ed accettata per forza dai conservatori, ha messo al muro Allende ed il governo frontista; essi hanno compreso che l'opposizione, definita borghese è troppo forte per poter sperare di batterla nel referendum insito nella riforma costituzionale, specie per quella clausola dell'autogestione operaia delle aziende di Stato, un principio che i comunisti respingono come un'inaccettabile eresia politica. Dopo averla predicala per oltre quarant'anni, quando non erano al governo, solo per speculare sulla lolla fra operai e imprenditori, essi la respingono ora, sostenitori come sono di un capitalismo di Stato che il governo può manovrare a fini politici, senza rendere alcun conto alle commissioni operaie. Nessuna vittoria L'opposizione insiste per il referendum, ed il presidente Allende cerca tempo per trovare una via d'uscila, quasi impossibile. Egli non vuole il referendum, perché è sicuro di perderlo; né intende promulgare la riforma costituzionale, perché sarebbe la fine del governo frontista. Però, anche per l'opposizione non si tratta di una vittoria da sfruttare fino in fondo; comunque si mettano le cose, alla fine ci sarebbe un nodo che nessuno riuscirebbe a sciogliere. Secondo la riforma della Costituzione, gran parte delle aziende finora nazionalizzate dovrebbero essere restituite agli antichi proprietari, un'eventualità che non può nemmeno essere presa in considerazione per le infinite complicazioni che comporterebbe. Il centro della questione è proprio nell'impossibilità che governo ed opposizione hanno di proporre soluzioni alternative accettabili. L'opposizione, che conserverà la maggioranza in Parlamento tino al marzo dell'anno prossimo, quando ci saranno le elezioni per rinnovare metà Senato e metà Camera de: deputati, insiste per il referendum, ma più per prestigio elettorale che per convinzione reale. Infatti, una vittoria nel referendum, o la promulgazione tout court della nuova legge, potrebbe significare l'insurrezione della piazza manovrata soprattutto dai socialisti, assai più a sinistra dei comunisti; sollevazione che quasi certamente sarebbe appoggiata anche dai gruppi della sinistra extraparlamentare, già addestrati nella guerriglia, che mirano alla rivoluzione violenta. Questo vuole l'opposizione parlamentare? Tutti coloro cui ho posto la domanda hanno risposto che in Cile la rivoluzione violenta è impensabile, ii Sono cose — hanno detto quasi tutti — che in Cile non possono accadere. Una rivolta della piazza è impossibile da noi». Però ci sono altri che credono, anzi, sperano in questa eventualità; per esempio Pablo Rodrigtiez. cupo del gruppo nazionalista «Patria e libertà ». una organizzazione dì estrema destra anch'essa addestrata alla guerriglia non meno della sinistra. it Finora, egli afferma, il governo marxista si è tenuto nella legalità, sia pure sul filo del rasoio. Ma il giorno in cui andasse oltre i limiti imposti dalla Costituzione, l'esercito interverrà sicuramente ed allora noi saremo pronti ad offrire l'appoggio civile all'intervento militare ». A giudicare da questi atteggiamenti si direbbe che il Cile non sia lontano da un colpo di Slato, con la rivoluzione violenta provocala dal governo, o reazionario, con l'intervento delle forze armate. Finora il Cile è sfuggito all'epidemia di golpes, pronunciamientos, cuartelazos che affliggono tutte le altre nazioni latino-americane, tranne il breve intervento per spazzar via la Repubblica Socialista del 1932. Ma per la grave, situazione economica, l'inflazione che divora tutto (provocata quasi esclusivamente dalla necessità di battere monda per finanziare le nazionalizzazioni), la rarefazione dei generi di prima necessità, dagli alimentari ai tessili, alle scarpe, per cui è quasi certo un razionamento alla cubana, non è da escludere che questa volta le forze armate si muovano; anche se, per tenerle buone il governo frontista ha quasi triplicato gli stipendi agli ufficiali. Il "ravanello" La « via cilena al socialismo » di Allende. comunque, corre seri pericoli di essere interrotta e la « rivoluzione nella legalità » pare abbia un solo sbocco: la rivoluzione con la soppressione delle libertà costituzionali, finora rispettate, provocata dalla rivolta violenta della piazza, come desidererebbe il segretario del parlilo socialista Carlo Altamirano, o il ritorno nell'ombra dei rivoluzionari con l'intervento delle forze armate. A questo hanno portato i quattordici mesi del governo di Allende. trovatosi ad affrontare, oltre all'insanabile crisi economica, anche la riforma costituzionale con cui l'opposizione ha praticamente legato le mani al presidente. Per evitare le soluzioni drammatiche, secondo alcuni osservatori, il dott. Allende avrebbe una sola scelta: diluire per ora il suo marxismo e deviare un poco dalla sua « via cilena al socialismo », cosa che pare già in procinto di fare. Infatti, molti paragonano il marxismo di Allende ad un ravanello, rosso di fuori e bianco dentro. Però, come assicurano alcuni uomini politici dell'opposizione, si tratterebbe solo di tattica dilatoria. Egli non rinuncerà mal all'ambizione di realizzare integralmente il suo marxismo, certo di poter un giorno o l'altro riformare la Costituzione che ancora lo blocca. Francesco Rosso Pi D riunione del partito counista nel ee d è t il t Pbl Nd (ft Gi Ni) Parrai - Dna riunione del partito comunista nel paese dove è nato il poeta Pablo Neruda (foto Grazia Neri)