Combattere «all'origine» l'ipertensione con rigorosi controlli in cliniche-pilota

Combattere «all'origine» l'ipertensione con rigorosi controlli in cliniche-pilota Consiglio dell'Organizzazione mondiale della Sanità Combattere «all'origine» l'ipertensione con rigorosi controlli in cliniche-pilota In una recente riunione della «World Health Organization » a Ginevra nove grossi nomi della medicina internazionale (J. Richard di Parigi, Z. Fejfar di Ginevra, T. Dollery di Londra, H. Blackburn jr. di Minneapolis, P. Harmsen di Goteborg, Norovin Dondog della Mongolia, R. Lovell di Melbourne, J. Rosenfeld di Tel Aviv e T. Omae di Fukuoka) hanno unanimemente riconosciuto che l'ipertensione arteriosa, in tutto il mondo, non è abbastanza presa sul serio; e che solo una implacabile e capillare campagna educativa potrà mettere tutti gli ipertesi un po' più al riparo da quel « precursore » delle affezioni cardiovascolari che è la loro comune e silenziosa malattia. Quello che regna ancora ovunque — secondo il pare¬ re degli esperti — è l'incuranza, la superstizione e la ignoranza. Tant'è vero che, di tutti i milioni e milioni di ipertesi viventi al mondo, metà non sono neppure diagnosticati: e più di una quarta parte degli altri — di quelli con diagnosi ben precisa — ricevono, stancamente, cure non adeguate o insufficienti. In Giappone come in Mongolia, negli Stati Uniti come in Svezia, a Parigi come a Melbourne sarebbero solo le eccezioni, cioè gli ipertesi ricoverati nelle cliniche « pilota », quelli con le massime probabilità di un rigoroso controllo della loro malattia e di una efficace profilassi dei potenziali danni futuri. Solo in questi ambienti di cura i farmaci sarebbero veramente in grado di togliere all'ipertensione arteriosa le sue sornione e tristi intenzioni di provocare trombosi cerebrali, di accompagnarsi sottobraccio all'arteriosclerosi, di minacciare da vicino il cuore e la retina ed i reni. E tutti gli altri? Quelli che sono « fuori », neìla vita di tutti i giorni, e che hanno solo i loro fuggevoli e poco convinti incontri col medico di ambulatorio? Non quelli con 160-80 a cinquant'anni (situazione da controllare, con molto buon senso e pochi farmaci, di tanto in tanto) ma quelli con almeno 180-110? Come si fa a parlare di « cure » se, invece che di farmaci difficili da manovrare ma efficaci, si adoperano solo medicamenti o dosi che, per definizione, lasciano il tempo che trovano? Per ora, in tutto il mondo, abbiamo esagerato in difetto, dicono gli esperti, per scarsa convinzione degli interessati e per debole con- j tributo di attenzione della pratica medica. Se vogliamo risultati buoni, anche j « collettivi », dovremo far j uscire dai centri di cura | « pilota » tutti i dati e gli | insegnamenti utili per i medici, per i malati e per il pubblico. Nessuno dovrà offendersi se stimolato a far meglio e a fare di più: in tema di ipertensione arteriosa il programma futuro — con ospedali « pilota » per ipertesi, con programmi di informazione per i medici, con campagne di educazione per il pubblico, con coordinazione internazionale degli studi scientifici, con sistematici accertamenti collettivi — dovrà essere tale da accontentare i criteri di una vera profilassi cardiovascolare. -, doUor x

Persone citate: H. Blackburn, Lovell, Rosenfeld