Alto gioco di Strawinsky di Massimo Mila

Alto gioco di Strawinsky "La carriera di un libertino,, al Teatro Nuovo Alto gioco di Strawinsky Uno spettacolo di notevole livello teatrale - Le belle scene e i costumi di Emanuele Luzzati, la regìa di Franco Enriquez e la direzione di Gianfranco Rivoli - Interpreti principali Mirto Picchi, Mario Basiola, Claudia Parada e Anna Maria Rota - Una novità per Torino C'è qualcosa di singolare, quasi fatale, nel destino della Curriera del libertino, massima opera teatrale di Strawinsky, clic le conferisce una posizione unica nella storia della musica, ed è il fatto che, apparsa nel 1951 (prima esecuzione a Venezia; pochi mesi dopo, in italiano, a Milano), essa parve un manifesto trionfale di quello stile neoclassico, fondato su! rifacimento di stili del passato, che Strawinsky praticava ormai da una trentina d'anni; invece né era la liquidazione. Dopo d'allora la musica di Strawinsky cominciò a mostrare un interesse, dapprima pallido, poi sempre più marcato, per la serialità dodecafonica, litiche l'imprevedibile musicista passò armi c bagagli nel campo a lui nemico, professando la propria venerazione per l'arte ascetica e solferta di Anton Weberti. Cosi La carriera d'un libertino rimase lì sospesa, come un magnifico palazzo costruito sull'orlo d'un precipizio, come una comoda autostrada che non va in nessun luogo. Il conto del diavolo Pare che la prima idea dell'opera sia venula a Strawinsky dalla visita di una esposizione Hogarth a Chicago nel 1946. 11 poeta W. H. Auden trasse il libretto, letterariamente pregevole, dalla serie di 8 incisioni (da altrettanti quadri hogarthiani) che mostrano la rovina del giovane Tom Rakewell (in italiano, Tom Birba), irretito da Nick Shadow (Ombra), cioè il diavolo; questi s'impadronisce della sua anima recandogli la ricchezza e servendolo per un anno c un giorno. L'incauto Tom lo segue a Londra, abbandonando in campagna la fidanzata Anna, e s'immerge in una vita di follie (scena del bordello di Mamma l'Oca), sposa per capriccio una donna barbuta, fenomeno da baraccone, c si rovina nel proposito umanitario di sfruttale una ridicola macchina per trasformare le pietre in pane. Tutti i suoi beni vengono venduti all'asta, c il diavolo gli presenta il conto, durante una cupa notte in un cimitero, concedendogli la possibilità di salvarsi la vita per mezzo di una truce partita a carte. Inopinatamente Tom la vince: un caso fortuito ed il ricordo della fedele Anna gli permettono di indovinare le carte estratle dal Maligno, il quale si vendica della sconfitta togliendo a Tom la ragione. Nell'ultimo dei nove quadri in cui sono riparliti, con ossessione ternaria, i tre alti dell'opera, vediamo Tom in manicomio in mezzo a schiere di dementi: lui si crede Adone, ed aspetta la visita di Venere. Infatti arriva la Dietosa Anna a recargli l'estremo conforto della sua presenza in mezzo a quella bolgia di dementi, sicché Tom vi potrà moriie felice. Ma l'opera non finisce in modo cosi cupo: sul modello del Don Giovanni, già apertamente ricalcato nella sterni del cimitero, i personaggi vengono tosto alla ribalta per cantare una allegra moralità conclusiva. L'opera è scritta nello stile del melodramma settecentesco, con impiego di recitativo secco e recitativo obbligato, e con arie e concertati nei quali si spiega un belcanto fabbricato con volontaristica applicazione, mentre la costante politonalità del discorso orchestrale lo smentisce malignamente, coinvolgendolo in ironiche e corrosive dis- Divertimento e ironia Le ostentate reminiscenze di Mozart, di Bach, di Haendel, di Gluck, di Pergolesi, di Verdi e dell'opera italiana alimentano di continuo l'invenzione musicale: La carriera d'un libertino va tutta lena o sentita su un doppio piano, ascoltando quello che l'artista dice, e quello a cui allude. Ma l'opera non è tutta e soltanto intelligenza di ammiccarne divertimento stilistico. 11 musicista si lascia prendete al gioco della sua lavola, sicché si possono agevolmente riconoscere i momenti in cui la musica di Strawinsky funziona, per così dire, in presa diretta, interpretando sinceramente le situazioni sceniche ed espressive dei personaggi, e ciucili in cui essa agisce auraverso la mediazione della parodia, intesa come sapiente ed allusivo rifacimento di stili del passato. Agiscono in presa diretta anI zitutto le scene ove hanno luoI go l'ironia, il comico, il grottejsco e il movimento: la scena del [casino, quella della vendila all'asta, quella dei volubili discorsi casalinghi di Babà la l'urea, c, più alla di tutte, la scena del cimitero, con la l'osca irruzione del soprannaturale. Ma, incredibile a dirsi, anche i momenti psTLl'madsdtègacrvfBpptrszlLEgtdstenlcigcvFlglmspcc più patetici del dramma (lo straziante duetto di addio tra Tom c Anna in una strada di Londra, e la follia di Tom nell'ultimo quadro) riescono a spremere una sorta di commozione attraverso l'applicazione tenace di convenzionali formule espressive: qualcosa come una paradossale conquista della sincerità attraverso l'artificio. Il resto è per lo più gioco dell'intelligenza, « pastiche » stilistico di allo livello intellettuale, complicità di citazioni per l'ascoltatore collo, al quale Strawinsky viene snocciolando, con sorriso furbesco, le sue allusioni a Bach e a Mozart e a Gluck. L'opera, non tanto difficile sul piano tecnico, c difficilissima per l'alto grado di cultura teatrale che la sua realizzazione richiede. Questa cultura e questa intelligenza moderna l'esecuzione torinese le ha trovale nelle scene e costumi di Emanuele Luzzaii e nella regia di Franco Enriquez. Le scene sono ingegnosamente funzionali e consentono cambiamenti rapidissimi: d'altra parte, insieme con gli splendidi costumi, con lo spiritoso siparietto, opportunamente esteso ai due lati del palcoscenico, e con l'impiego sagace delle luci, evocano perfettamente il clima del Settecento inglese ed il chiuso, feroce moralismo hogarlhiano. Quando si dispone di scene c costumi simili la partita e già vinta al cinquanta per cento, e Franco Enriquez ha trovato nella Carriera d'un libertino quelle ghiotte sollecitazioni intellettuali che non sempre il melodramma sa offrire, con la sua semplicioneria, agli smaliziati registi del teatro di prosa. Naturalmente non se le e lasciale scappare, ed ha improntalo la recitazione degli allori e il movimento scenico a criteri di spiritoso, calibrato equilibrio tra il serio e il faccio, cogliendo il clima dell'opera e dell'ambiente storico a cui essa si ispira. Cantanti di cartello 1 cantanti stanno in scena come attori di cartello, e fra essi spicca il tenore Mirto Picchi, che entra in modo perfetto nel personaggio l'utile e debole di Tom (da lui già interpretalo alla Scala più di venl'anni fa), e ne la un'autentica creazione teatrale. Non meno bravo Mario Basiola. nella parte del diavolo: questo giovane baritono melle al servizio d'una felice intelligenza della musica moderna una voce che potrebbe figurare degnamente nelle più esigenti parti del repertorio tradizionale. Per la parte di Anna ci vorrebbe un soprano rossiniano, o mozartiano: invece il teatro ha credulo bene chiamare un'artista segnalatasi ripetutamente in opere moderne di difficile e tormentata vocalità: ma Claudia Parada si e distinta anche nella insolita destinazione, e si è impegnala con piacere e con successo nel virtuosismo belcantistico della sua parte. Anna Maria Rota ha dato rilievo alla spassosa figurctla di Babà la Turca, dipanando velocemente il suo volubile parlare a vanvera (un'anticipazione musicale dei dialoghi alla Innesco) e dando impeto alla seguente « aria di collera », con relativa strage di stoviglie. Con piacere si è rivisto il basso Franco Calabrese nei rispettabili panni del padre di Anna, e si è apprezzato il buon rilievo dato dal tenore Ferrando Ferrari alla divertentissima parte del venditore all'asta. Il coro, istruito dal maestro Brainovich vigorosamente sorretto dalla buca del suggeritore. ha superato discretamente gli scogli d'una partecipazione non molto estesa, ma disseminata di insidie, e specialmente nell'ultima scena ha contribuito anch'esso alla convincente efficacia dei movimenti scenici. 11 lutto è slato governato con vivace intelligenza dello stile strawinskiano dal maestro Gianfranco Rivoli. L'orchestra si destreggia con discreta bravura (specialmente i l'iati) nella ingannevole scrittura bitonale della partitura; si vorrebbe maggior leggerezza di tocco. In un'opera come questa, per nulla sinfonica e dichiaratamente vocalistica, l'orchestra dovrebbe avere la capacità di dissimularsi senza sparire. Molte prime parti vi hanno spicco, in particolare trombone, flauto c clarinetto, c si sono mollo bene disimpegnate; così il bravo Cognazzo al clavicembalo, che non si limita ad accompagnare i recitativi secchi, ma ha una stupenda ed impegnativa parte nella lugubre scena cimiteriale. Ascoltata con rispetto ed interesse. La carriera di un libertino ha avuto un successo positivo, anche se un po' tiepido, com'è forse fatale per un'opera che fa appello soprattutto alla rara virtù dell'intelligenza, c solo attraverso questa soddisfa le esigenze, più universalmente intese, dei sentimenti e della loro espressione. Massimo Mila

Luoghi citati: Chicago, Londra, Milano, Torino, Venezia