Che dice Mancini di Giovanni Trovati

Che dice Mancini I PRIMI SONDAGGI PRE-ELETTORALI Che dice Mancini La collaborazione tra socialisti e cattolici può continuare, se c'è una «comune volontà di rinnovamento» - «Bisogna vedere le prospettive politiche e quelle democratiche » d'un diverso rapporto tra pei e governo - Non crede « a previsioni catastrofiche per il sette maggio»: il neofascismo «è un fenomeno che non ha avvenire» (Dal nostro corrispondente) KmriH, 10 marzo. Allo prime elezioni del dopoguerra, quelle del 2 giugno 1946 per la Costituente, i socialisti ottennero il 20,7 dei voti, ponendosi tra la de (35,2) ed il pei (10 per cento). Il 18 aprile 1948 si allearono con i comunisti, [ormando il « Fronte popolare », e la lista unica raccolse il 31,2 per cento dei voti, ma la perdita fu particolarmente grave per i socialisti, che dei 183 deputati eletti ne ebbero soltanto 42. Nel 1955, al congresso di Torino, Rodolfo Morandi lanciò la proposta di avviare un dialogo con i cattolici: dialogo che portò il psi ad appoggiare il governo nel 1962 e a farne parte, dopo 15 anni di opposizione, con la formula di Centro Sinistra. Adesso c'è chi giudica fallila la formula e ritiene che si debba pensare al «dopo»: i liberali sostengono che occorre tornare al centrismo, i comunisti, come ha scritto Natta su Rinascita e come afferma Amendola in un'intervista al settimanale Tempo, chiedono di « diventare forza di governo ». Al segretario del psi, Giacomo Mancini, domandiamo se sia possibile oggi parlare del « dopo Centro Sinistra ». Risponde: « Sarebbe piii giusto porre la domanda ad alcuni esponenti democristiani, come il senatore Spagnolli, che parlano di scelte della de dopo le elezioni in un ambito democratico non meglio identificato». Il psi, continua Mancini, considera il Centro Sinistra come la formula che esprime una politica fondala sull'incontro tra socialisti e cattolici: « A noi interessano la politica, i suoi contenuti riformatori c democratici, i suoi obiettivi di progresso ». « E' l'incontro Ira forze di diversa ispirazione ideologica per un'azione che trasformi le strutture politiche, sociali, ccono•■delie del nostro paese, secondo le aspirazioni comuni di larghe masse popolari ». I socialisti, dice Mancini, credono « d'essere capaci d'esprimere le esigenze di larghi strati sociali »; non si sente di affermare la stessa cosa «per la de di oggi, la de del monocolore, della corsa a destra, la de che rimpiange il suo passato centrista ». Parliamo con il segretario del psi nel suo studio al terzo piano di via del Corso 476. Ad una parete è appeso il ritratto di Morandi, il propugnatore del dialogo con i cattolici, un'altra parete è occupata da una riproduzione fotografica ingrandita del noto quadro di Pelizza da Volpedo sull'avanzata delle forze popolari. Mancini respinge il giudizio di fallimento per il Centro Sinistra. « Vorrei chiedere a tanti illustri critici, soprattutto a quelli che ritengono di conoscere la storia, di indicare un decennio più fertile per il nostro Paese. La partecipazione dei socialisti alla direzione dello Stato in questo periodo è per noi motivo di soddisfazione; non mi riferisco soltanto alle riforme fatte (partimmo dalla nazionalizzazione dell'energia elettrica, che affermò per la prima volta in Italia U principio della prevalenza dell'interesse pubblico sull'interesse privato, e siamo giunti alle Regioni, che sono destinate a cambiare il volto auloritario. burocratico, accentratore dello Stato), ma alle energie sprigionate, alla nuova coscienza democratica, alla faccia nuova che oggi in Ilulia ha ogni eosu c ogni problema ». Per Mancini « il rigurgito fascista e solo il risultato del rifiuto della parte più debole c più incolta di guardare in faccia la realtà ». E' convinto che sia « un fenomeno senza spazio e senza avvenire ». « La democrazia è molto più forte di quanto non si voglia credere: i partiti che si rifiutano di prendere atto di questa verità possono prepararsi al peggio. Nel 1969 ripetemmo più volte che l'Italia non è la Grecia; oggi che si smascherano i veri responsabili del¬ le pomè deracommsiMtufiqtimcoriRraslsentitetipsplercsimnpAtsdtsprzc le nefandezze di quell'anno, possiamo confermare con maggior forza che l'avvenire è indissolubile dalle scelte democratiche che la maggioranza degli italiani ha già compiuto ». Osserviamo che lo scioglimento anticipato delle Camere è una denuncia di crisi: che cosa non ha retto? Mancini: « Io rilevo soprattutto che una legislatura difficile e tormentata, come quella che si e conclusa anticipatamente, è stata comunque capace di operare con profitto e di approvare riforme come il divorzio, le Regioni, lo statuto dei lavoratori, la casa; questa legislatura ha dimostrato che, se le forze politiche tengono, è possibile andare avanti e legiferare proficuamente, anche nel mezzo di forti tensioni, sociali; basta saper cogliere di queste tensioni le spinte positive ». Il psi, dice ancora, è stato l'elemento stabilizzante ed è riuscito a « determinare un comportamento dell' intera sinistra, che ha raggiunto importanti traguardi di rinnovamento ». Portiamo il colloquio sul pei, sulP affermazione di Amendola « siamo un partito di governo », sulla richiesta di Natta, il quale ricorda che già nel 1963 Togliatti riteneva che in un « prossimo avvenire » si sarebbe posto il problema di « inserire la grande forza comu¬ nista in un campo governativo democratico di sinistra ». Che cosa ne pensano i socialisti? Mancini risponde che « la richiesta è legittima, perché una forza che raccoglie larghi consensi popolari non può non porre un tale problema», ma che «si tratta di vedere in che modo lo pone, e le condizioni politiche, i programmi, gli indirizzi politici generali, le prospettive democratiche entro le quali affrontare il discorso ». Osserva che « le posizioni nel pei sono diverse: si vedrà come il congresso affronterà la questione ». Domandiamo se vede una via «nazionale» del pei. «Sulla via nazionale al comunismo — dice — il pei sta svolgendo un dibattito da dieci anni: non credo che gli manchi il realismo, la nozione di dover operare in una società che si fonda sulla Costituzione e sulle libertà democratiche ». E' ipotizzabile la cosiddetta « repubblica conciliare »? « Non sono mai riuscito a comprendere che cosa significhi questa ipotesi, formulata da chi attribuisce ai partili comportamenti diversi da quelli che possono consentirsi. Non riesco ad immaginare un dirigente del pei che stipula nelle stanze vaticane con il segretario di Stato pontificio un accordo su non so che cosa e per conto di chi; comunque, do¬ po la vicenda presidenziale parlare di queste cose è un conversare da perdigiorno ». Se la de dovesse perdere molto, sarebbe in pericolo il regime democratico? Si dovrebbe ricorrere, come già qualcuno anticipa, ad altre elezioni? Mancini afferma che non esiste soltanto la de. « In momenti drammatici della storia del nostro paese, la democrazia l'hanno salvata gli altri partiti democratici e popolari, con il concorso della de, certo, ma dopo che questa aveva creato paurose situazioni di rottura, come nel luglio tambroniano». In ogni caso, « Tion credo a previsioni catastrofiche per il 7 maggio ». Oggi c'è chi respinge i termini di « sinistra » e di « destra ». Ha ancora senso parlare di « sinistra »? « Certe classificazioni non spariscono solo perché qualcuno predica il primato della tecnica, o della tecnocrazia, o dell'efficientismo sulla politica; questo è un ragionamento da destra ». « Dire "sinistra " significa dire un certo modo d'affrontare i problemi della società, significa una storia di lotte e di battaglie politiche, che sono state condotte dalla sinistra e non da altri; io vedo dappertutto una sinistra e una destra: ciò che si vede poco è se mai il centro, o, come e di moda dire oggi, la "centralità"». Giovanni Trovati

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