La tenuta di Racconigi ai Savoia di Remo Lugli

La tenuta di Racconigi ai Savoia La sentenza emessa dalla corte d'appello di Genova La tenuta di Racconigi ai Savoia La vertenza tra lo Stato e gli eredi di Vittorio Emanuele III si trascinava dal 1949 - Una quinta parte toccherà allo Stato, che ha 60 giorni per ricorrere in Cassazione - Nel '63 i beni erano stati valutati da 4 a 5 miliardi (Nostro servizio particolare) Genova, 4 marzo. Il castello e la tenuta di Racconigi spettano agli eredi di Vittorio Emanuele III: così ha stabilito con una sua sentenza la corte d'appello di Genova. Questa è l'ultima tappa di una vertenza giudiziaria, tra lo Stato e i Savoia, che si trascina dal 1949. L'amministrazione demaniale ha perduto e deve restituire i beni che aveva incamerato come proprietà dell'ex re. Non è la prima sconfitta dello Stato in questa vicenda e potrebbe non essere l'ultima in quanto il Demanio ha ancora la possibilità di ricorrere, entro 60 giorni, alla Cassazione. Ma la Cassazione se ne è già occupata due volte e negli ambienti giudiziari si considera poco probabile che l'amministrazione statale voglia insistere nella battaglia pia persa. Lunga trafila Del problema si sono occupate le magistrature di Roma, Torino, e ora Genova. L'avvio avvenne il 4 maggio 1949 quando Maurizio e Enrico Ottone ed Elisabetta d'Assia, figli della defunta Mafalda di Savoia, la secondogenita di Vittorio Ema- I nuele III. citarono in giudizio il Demanio chiedendo che fossero loro restituiti i beni esistenti in Italia già di proprietà del loro nonno, di cui erano eredi, e che lo Stato aveva avocato a sé. Alla richiesta si associarono anche le figlie dell'ex sovrano: Giovanna ved. Sassonia Coburgo-Gotha di Bulgaria, Jolanda in Calvi di Bergolo. Maria in Borbone Parma. La risposta del Demanio fu negativa: «La Costituzione pre- j vede l'avocazione dei beni j degli ex sovrani, quindi il patrimonio di Vittorio Emanuele III rientra in questa disposizione». La nuova Carta costituzio- i naie era entrata in vigore il primo gennaio 1948. quattro giorni dopo la morte di Vittorio Emanuele 111. Le figlie ebbero quindi buon gioco di sostenere che alla data del primo gennaio il patrimonio in discussione non apparteneva più al defunto re, ma ai suoi eredi; e quindi lo Stato aveva il diritto di avocare soltanto la quinta parte della massa patrimoniale, quel Miimii in immilli m mi ii Mimili ti mimi! n imi la relativa all'eredità di Umberto II. Ed ecco snodarsi la lunga trafila giudiziaria, intéssuta di cavilli e di «eleganti» tesi. Tra una tappa e l'altra vi sono, talora, lunghi silenzi, nei quali tuttavia covava tra eredi e Stato una discordia insanabile. Nel. giugno '50, il tribunale di Roma e, nel giugno '52, la corte d'appello di Roma stabiliscono che nulla si può obiettare alla tesi dei Savoia. Gli eredi chiedono pure che entrino nella massa patrimoniale anche il castello e la tenuta di Racconigi che Vittorio Emanuele III aveva donato ad Umberto in occasione delle sue nozze il 7 dicembre 1929. Il tribunale di Roma nel novembre '53 ordina la divisione dei beni compresi quelli di Racconigi. Ma il Demanio non molla e nell'ottobre '58 la corte d'appello di Roma annulla la sentenza per incompetenza territoriale: quanto concerne Racconigi deve essere discusso dal tribunale di Torino. Il ricorso I giudici del tribunale torinese nell'agosto '59 sentenziano che Racconigi spetta agli eredi Savoia, ma la corte d'appello di Torino nel marzo '60 afferma che la sentenza precedente non è valida perché non era stato citato Umberto e quindi gli atti devono essere rimessi al giudice di primo grado. L'avvocatura dello Stato ricorre alla Cassazione la quale, nell'ottobre '61, respinge il ricorso quindi considera valida la sentenza della corte d'appello. Con una nuova sentenza, il tribunale di Torino nel febbraio '63 dice che i beni di Racconigi vanno assegnati per i quattro quinti agli eredi Savoia e per un quinto allo Stato. Esattamente un anno dopo la corte d'appello torinese dà ragione allo Stato sostenendo che esso può avocare tutto. Questa volta sono gli eredi a ricorrere in Cassazione, la quale, nel no- vembre '70, accoglie il ricorso, annulla la sentenza della corte d'appello di Torino e assegna la causa alla corte d'appello di Genova perché sia definitivamente risolta la questione relativa al conferimento dei beni rappresentati dal castello e dalla tenuta di Racconigi. La corte d'appello genovese (presidente Riccomagno, relatore Gallerani, consiglieri Siccardi, Lonza e Saitta) ha ora sentenziato come il tribunale di Torino nel '69: quattro parti agli eredi e una parte allo Stato. S'è detto che difficilmente lo Stato tornerà a ricorrere e quindi si dovrebbe essere vicini alla conclusione della lunga vertenza. Tuttavia passeranno ancora degli anni, forse, prima che gli eredi Savoia entrino in possesso di questi beni. Prima di tutto bisogna stabilire il valore di questa massa patrimoniale, visto che lo Stato deve averne una quinta parte. Dovrà essere il tribunale di Torino a pronunciarsi sulla valutazione finanziaria, Il castello e la tenuta di Racconigi erano stati valutati nel 1950 due miliardi e mezzo, nel 1963 dai quattro ai cinque miliardi; la cifra ora è ulteriormente salita in ampia misura. La tenuta, che comprende numerose cascine, si estende su oltre trecento ettari, di cui una parte (recintata con un muro lungo 5 chilometri) costituisce il parco. Il castello comprende 400 stanze, molte delle quali sono arredate con mobili, soprammobili e quadri di buona fattura, ma non di firma eccelsa. I dipinti che coprono le pareti di gallerie, corridoi e stanze, sono tremila, quasi tutti raffigurano personaggi di casa Savoia. Vi sono decine di vasi cinesi, trenta lampadari di cristallo di Boemia e di Murano, un salotto etrusco, mobili del '700 in legni pregiali, busti di bronzo, arazzi, pergamene. C'è anche la camera da letto dove nel 1909 dormi lo zar Nicola di Russia, che Vittorio Emanuele ospitò a Racconigi, temendo a Roma azioni di disturbo da parte dei socialisti. Remo Lugli IIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIItllllllllllllllllllllllllllllll tJÌ1ÉÉf' m Una veduta del Castello di Racconigi, che tornerà proprietà dei Savoia (Foto Moisio)