Sanremo: due minuti di caos che non abbiamo visto alla tv di Emio Donaggio

Sanremo: due minuti di caos che non abbiamo visto alla tv I vincitori del FESTIVAL, all'annuncio, perdono la testa Sanremo: due minuti di caos che non abbiamo visto alla tv NADA incredula: «Che sono? Seconda o terza?» - DI BARI: «Mi spiace per Morandi» dal nostro inviato Sanremo, lunedì mattina. Nicola Di Bari oppure, per i più in/ormati, Michele Scommenga. Che abbia 31 anni è dubbio, che venga da Zapponeta è universalmente riconosciuto. Ecco: tutte le storie sui divi della ventiduesima edizione del Festival di Sanremo ieri mattina e stamattina cominciano così. In realtà tutto s'è deciso nei due minuti e cinquanta secondi tra la mezzanotte e luna di ieri, quando ancora non si sapeva se il nome all'inizio delle storie sarebbe stato Giovanni — detto Gianni — Morandi, oppure Nada. Due minuti e cinquanta secondi sono il tempo di fumare mezza sigaretta, di un bacio tra Faye Danaway e Marcello Mastroianni. Eppure nella nostra registrazione dietro le quinte del Festival, c'è clamore sufficiente per ricavare tre «crepuscoli degli dei» di Wagner, un paio di atti unici di Ionesco. C'è Nada attonita che domanda: « Che sono? Seconda, terza, quarta? Che sono? ». C'è ancora Nada che non osa dire « prima », perché non sente l'emozione troncarle la parlantina facile della Toscana. C'è ancora Nada che fra le grida dei fotografi che fanno a gomitate, sale davanti al microfono e eanta la sua canzone come se fosse l'ultimo desiderio di Mata Hari davanti al plotone. C'è un vocione ricorrente: « Mi dispiace per Gianni Morandi ». I due minuti e cinquanta non sono ancora trascorsi, eppure Nada canta già. l'uomo dal voc'one, ovvero Nicola Di Bari, ha già potuto recriminare su Morandi che neppure nelle fantasie notturne immaginava di superare. Peppino Gagliardi è ubriaco di sogni. Ascoltare questo nastro è come cacciarsi in un immenso Luna Park: c'è Barbara Bouchet che telefona di notte sbagliando numero; Sylva Koscina che graffia Erika Blanc •(per gelosia?). Le promesse d'amore di Peppino Gagliardi diventano sincere come versi di Pablo Neruda. «Quan- ti anni hai? Sei proprio napoletano? Dov'è che abiti? », sono cose che chiederebbe l'impiegato dell'anagrafe all'emigrato di nuova residenza. Ma lui è Benvenuti davanti a Monzon, l'Inter con il Torino. Prova a parlare: « Quarantadue » dice, e bravo chi ci capisce qualcosa. E il trionfatore Nicola Di Bari? Fanno ressa attorno a lui, eppure non dice che dedicherà la vittoria alla moglie, ai figli, a quello che nascerà tra poco; non vuole applausi, saluta tutti quelli di Zapponeta i milleottocento compaesani) e di S. Maurizio al Lambro (seimila con gli | immigrati, in provincia di Milano, dove abita). Dice: « Mi spiace per Gianni Morandi ». ' oi chiede dov'è Modugno, che ha rifiutato di stringergli la mano, perché non era d'accordo sullo sciopero proclamato da Villa. « Non posso perdere un amico » spiega. E' finita. I due minuti e cinquanta sono un ricordo nel registratore. Il Festival di Sanremo ha un vincitore. la canzone italiana non ha un nuovo idolo. E' la vittima di tutto ciò. In testa alle vendite dei dischi (oltre 200 mila prenotati a Torino, Milano e Sanremo) ci sono i Delirium. Sta bene: ma se per Sanremo l'inno Jeshael è come uno « strip » a Castelgandolfo. per chi ha delirato per i Beatles ieri ed oggi, per chi ha ascoltato i Traffic prima e i Pink Floyd dopo, sono solo dei ragazzi volenterosi, senza futuro. E' impopolare riconoscerlo in questo momento ma è vero. Anche Lucio Dulia, considerato un profeta, è un musicista abile, niente più. La sua Piazza grande, sembra un « fado » portoghese. Questo Sanremo — che meritava di più — ci ha immiseriti fino a farci applaudire la filastrocca dove la principessa è sostituita dalla prostituta e il cavaliere buono dal barbone della « brigata Cirio ». Gianni Morandi non è più. Ignoriamo L'ultimo domicilio conosciuto di Modugno che ha cercato invano voti fra i suoi vecchi ammiratori. Trenta milioni di telespettatori hanno bevuto troppo vino delle vigne di Zapponeta, e non hanno trovato niente di più fresco. Il Festival è già un (brut-, to) ricordo. Subato prossimo il pubblico si rifarà con Mina e il suo nuovo « Teatro dieci ». Se ieri ha trionfato il compositore Nicola Di Bari, il prossimo week-end è di Giacomo Puccini. Eccola Mina: « Mi chiamano Mimi, ma il mio nome è Lucia... ». Il tono è giusto, non dissacrante. Sessanta professori d'orchestra al comando di Gianni Ferrio esplodono nella melodia considerata « immortale ». E mentre Dì Bari nei juke-box sussurra: « Perché a sedici anni hai avuto ramante», Puccini risponde nella magnificenza degli ottoni moderni e per il tramite di Mina: « Ma per fortuna, è una notte di luna... ». Forse la canzone italiana è qui. Non nei sirtaki greci di Milva, nei fado portoghesi di Dalla, nella matrice sassone dei Delirium. Ventiquattro ore dopo Sanremo, c'è già modo di meditare. La strada era lì. nessuno l'ha imboccata. Il preludio della « Rondine » di Puccini, fino al cantato, potrebbe andare a Broadicay senza cambiare un rigo, e con tanti saluti ad Hair o My fair lady. Il Festival è morto, viva la canzone. Johnny Dorelli fa eco a Mina: capace di mormorare « Che gelida manina » meglio di Sinatra. E se non basta, il contrappunto è dei Bee Gees. australiani vittime di casa nostra. Scoppia la batteria, c'è una chitarra: «E' | possibile che La Bohème sia una canzonetta? Pare di si basta un po' di gusto ». Emio Donaggio Sanremo ha scelto i melodici: ecco Peppino Gagliardi, Nicola Di Bari e Nada dopo la vittoria (Foto Moisio)