Rottami "poetici,,

Rottami "poetici,, MOSTRE D'ARTE Rottami "poetici,, Paesaggi moderni nei quadri di Selis - Le altre esposizioni: Barella, Macchi, Capellini Possono essere interpretate come moderne versioni dell'antico inesauribile tema — dai pittori d'Ercolano e Pompei a Cézanne e Picasso — della « natura morta » queste immagini dipinte dal torinese quarantenne Fulvio Selis ed ora esposte a « L'Approdo » di via Bogino 17? E se mai, come giustifica il Selis, umanissimo artista non proclive a fantasticamenti astratteggianti, la sua personale visione risolta in composizioni emblematiche che, con le loro l'orme convulse, costrette nello spazio da un'interna energia o dinamicamente scattanti a invaderne i vuoti, colorate in dialettico esatto rapporto coi significati figurali di esse, tendono a suggerir l'idea di un mondo avviato alla propria degradazione, ma nel contempo ad una sua lenta ricostruzione organica, vittoriosa dei miti tecnologici e delle conseguenti frustrazioni? Aiuta a rispondere la bellissima introduzione al catalogo di Piero Bargis, letterariamente soddisfacente e criticamente illuminante. In effetti il Selis è pittore di nature morte, e tanto attualizzate da ipotizzare l'aggiunta di un capitolo « aggiornato » alla celebre opera di Charles Sterling, « La nature morte de l'antiquité à 7ios jours », pubblicata a Parigi nel 1952 e riedita nel '59. Fulvio Selis ha lungamente osservato, e studiato, nella periferia di Torino, uno di quei « campi » dove malinconicamente (perché non dire tragicamente?) s'ammassano logori e ormai inutilizzabili macchinari, rottami d'automobili, detriti industriali: spettacolo dal quale egli ha tratto non soltanto dei motivi pittorici ma (se si vuole! una « filosofia » ch'è il substrato spirituale dei motivi stessi. Anni fa così ne aveva parlato Renzo Guasco: « Con il tempo questi rottami sono stati riassorbiti dal paesaggio, sono diventati come le \piante, come le pietre che si vedono ma non si osservano »: e adesso Bargis ne nota l'evoluzione in « una tipica araldica dei nostri giorni ». Si tratta dunque, da parte del Selis, d'una scelta non certo casuale, bensì obbediente a una « moralità » che non è contestazione ma distaccata verifica d'una condizione esistenziale. Forse per sostituire l'angoscia con un minimo di serenità, almeno sul piano dell'arte, un rimedio vi sarebbe: riprendere a contemplare le cose naturali per rappresentarle « con linee proporzionate e con colori simili a la natura de le cose ». come scriveva il pittore e trattatista Giovan Paolo Lomazzo sul finir del Cinquecento: come fecero, con la loro « imitazione », i pittori antichi, ed i moderni fino al principio del nostro secolo. Non rottami né immagini generate da pensieri febbrili, ma fiori e frutti della terra nelle loro arcane armonie. Se non che questa è impresa dichiarata al giorno d'oggi impossibile. * * Ne sia o no cosciente, Michele Baretta, 56 anni, di Vigorie presso Torino, benché abbia anche affrescato cupole di chiese, ha un temperamento d'illustratore. Lo dicono queste gentili donnine, di solito poco vestite, che escono vivissime da una pittura- rapida, fresca, elegante, esposte ria « Quaglino-Incontri », piazza S. Carlo 177; ed anche meglio degli oli, le tempere di delicato colore, a toni soffusi, che starebbero benissimo in copertina o sulla « patinata » d'un periodico mondano. Ma Baretta, pittore di sicura esperienza e vasta produzione, è anche paesaggista, e i suoi motivi della Camargue, trattati con la medesima spigliata sicurezza di disegno, sono quanto mai piacevoli. * * Conquistata con la dura ascensione d'una scaletta a chiocciola la sala per esposizioni di « Il Torchio » (corso Moncalieri 3), ci si ritrova nel simpatico ambiente un poco boheme degli artisti dell'Oltrepò torinese e dei loro amici di fuori. Vi ricompare, dopo tre anni, Silvano Macchi coi suoi quadri nebbiosi, nei quali le forme dai contorni incerti affidano viceversa l'evidenza della visione a una pasta pittorica brillante per smalto di vernici: un curioso contrasto di crepuscolarismo e di sensualità cromatica. * * Uno scultore di successo ò il bolognese trentenne Sergio Capellini che vive e lavora a Roma: almeno a giudicare dal numero dei bronzi e bronzetti venduti nella sua mostra alla galleria « Accademia » di via Accademia Albertina 3. Piacciono al pubblico queste sue forme aderenti alla realtà naturale e tuttavia composte con libertà di fantasia, con scioltezza di modellato. Per conto nostro ai nudini femminili atteggiati con una grazia da bibulots preferiamo i cavalli selvaggi scatenati nella corsa e nel salto, coda e criniera al vento. mar. ber. gpccindntar(nlilogtri gAcmucmtcsTdtbivrtddclnsbbpasfsdtsprlfmecgCsdrf

Luoghi citati: Cézanne, Parigi, Pompei, Roma, Torino