Nell'Alessandrino e nel Vercellese sono tutti unanimi: non c'è ripresa

Nell'Alessandrino e nel Vercellese sono tutti unanimi: non c'è ripresa La piccola industria nella "regione d'avanguardia Nell'Alessandrino e nel Vercellese sono tutti unanimi: non c'è ripresa Nelle due province si concentra un quinto degli addetti all'industria di tutto il Piemonte - Operatori, sindacalisti, rappresentanti delle categorie sono preoccupati; le indagini confermano la « stagnazione economica » - La caduta degli investimenti e dell'occupazione nell'Alessandrino - Decine di aziende chiuse in provincia di Vercelli - Dichiarazioni degli esperti (Dal nostro inviato speciale) Alessandria. 5 febbraio. Nelle province di Alessandria e di Vercelli si concentra un quinto deirli addetti all'industria di tutto il Piemonte: 61 mila nell'Alessandrino e 81 mila nel Vercellese. Le difficoltà e le incertezze di questa grossa fetta della struttura produttiva sub- | alpina accrescono le preoccupazioni, che si stanno addensando anche su una « regione d'avanguardia » come il Piemonte. Operatori economici, sindacalisti, rappresentanti delle categorie, sono unanimi — sia pure con qualche sfumatura — nell'escludere che ci siano segni di ripresa. I più ottimisti parlato di « stasi » ed i pessimisti temono che « non si sia ancora toccato il fondo ». Il presidente nazionale delle piccole industrie dell'Api, Fabio Frugali, è alessandrino: « La ripresa — dice — è come l'acqua nel deserto: a furia di desiderarla si finisce per credere di vederla, ma non c'è ». Ci tiene però a sottolineare che « esiste la volontà di reggersi in piedi » e che « il pessimismo non è voluto per speculazione, ma rispecchia lo stato d'animo di gente che ha ''la pelle che brucia" ». Nell'analisi compiuta recentemente dalla Giunta regionale la situazione della provincia di Alessandria è stata cosi delineata: « Stagnazione demografica e stagnazione economica, che tocca punte particolarmente gravi nel Casalese, nell'Ovadese e nell'Acquese, ma anche crisi di aziende industriali nel capoluogo provinciale ». Ora « il muro » che separa il basso Alessandrino da Genova sta per essere scavalcato: i lavori per la realizzazione del primo tratto dell'» Autostrada dei trafori » — 69 chilometri, da Voltri ad Alessandria — sono appaltati e l'arteria « dovrà essere consegnata entro mille giorni ». E' un elemento positivo che potrebbe dare, a media termine, una spinta agli investimenti industriali. La caduta degli investimenti è uno degli aspetti negativi della provincia che ha uno dei più bassi rapporti impieghi-depositi bancari di tutta Italia: nell'Alessandrino soltanto 40 lire (ogni cento di risparmio bancario formatosi in loco) vengono impiegate nella zona. Il presidente delle piccole industrie (aderenti alla Coirflndustria), Aldo Lucini, dichiara: « Il Consorzio fidi, dell'Associazione industriale, dispone di un miliardo e 700 milioni, ma finora le aziende hanno chiesto finanziamenti soltanto per 700 milioni ». Il presidente dell'Associazione industriale, Wilmer Graziano, come costruttore di macchine utensili, conosce bene la crisi degli investimenti: « Non ci sono — dice -— miglioramenti seri. Non vedo niente che possa essere interpretato come una ripresa. Gli investimenti in macchine utensili vanno malissimo; sono scesi a un livello inferiore di quello della crisi del 1964-65 ». A Casale i sindacalisti lanciano un grido di allarme. Il segretario provinciale dei cementieri della Cisl, Gualtiero Tacchino, afferma: « I disinvestimenti nella nostra area sono in atto dal 1963. Le industrie se ne vanno e siamo di fronte ad un aggravamento progressivo della situazione. La gente emigra. Il settore metalmeccanico, che doveva essere sostitutivo di quello cementìfero in grave crisi, manifesta forti e gravi segni di fatiscenza. Ci stiamo avviando ad essere un'area depressa ». Secondo il presidente dei piccoli industriali, Aldo Lucini, Casale — come Alessandria, Acqui, Tortona. Novi, Ovada e Valenza — fa pane di quei comuni « dove c'è un problema di piani regolatori e dove l'alto costo dei terreni rende diffìcile prendere iniziative ». Per favorire le tre zone più deboli della provincia — Casale, Acqui, Ovada — i sindacati hanno chiesto, di fatto, il blocco delle localizzazioni industriali nelle «.aree forti » (che sarebbero Alessandria, Novi e Tortona I. Questa tesi è vivacemente criticata dal capo dell'ufficio studi della Camera di Commercio, Carlo Taverna: «Alessandria — afferma — è una città depressa con aziende che chiudono. Rifiutiamo questa impostazione ». In quasi tutti i rami industriali presenti nella provincia si è verificata una caduta dell'occupazione: sono diminuiti gli addetti nei settori marmi e pietre, cemento, calce e gesso, laterizi, chimici, materie plastiche, abbiglia mento, calzature, orafi ed argentieri. Nella meccanica e nella gomma (in conseguen za del nuovo insediamento Michelint c'è stato un lieve incremento. Se il numero dei disoccupati non ha tocepto punte molto elevate «e perchè la acute va a lavorare a Tonno o a Milano». Gli interventi dVs1; della Cassa integrazione nel | 1971, rispetto al 1970, si sono | triplicati. . Passando da Alessandria a i Vercelli i toni del pessimi-1 smo si accentuano. Alla prò-1 vincia di Vercelli appartiene il comprensorio del Biellese I dove la crisi dei tessili — che j abbiamo trattato nei giorni j scorsi — ha assunto propor- : zioni drammatiche. «Ma la I stasi — dice il documento preparato dalla giunta regio naie piemontese — è di casa anche a Vercelli, che tra il 1963 e il 1970 ha perso occu Pati e occasioni di lavoro, la sciando parte dei giovani nel la condizione di dover emi arare per trovare all'adegua ta possibilità di lavoro ». Il segretario provinciale della Cgil, Francesco Ghisio, dtglidDridvngèn t 1 m n ti 1111 li i l i n i m m 11 it 1111 mi m 11111111111 dice: « Non vedo segni positivi. Per un sindacalista ì segni dì ripresa sono la norma- lità degli orari di lavoro e \ degli organici delle aziende. Da noi. invece, negli ultimi ritte anni si sono chiuse una j decina di aziende e gli ìnter- \ venti della Cassa integrazio- i ne si sono moltiplicati. Per gli investimenti l'unico segno è negativo: la Chàtillon, che arerà lavori in corso peri l'ampliamento, da qualche \ I mese li ha sospesi ». In tutta la provincia la Cassa inte- vgrazione. nel 1971. è interve-1 rnuta per un totale di oltre | e6 milioni di ore (di cui 5 milioni per la crisi dei tessili). Il presidente degli industriali vercellesi. Giulio Sambonet. attribuisce all'agricoltura «che un tempo era grassa ». il fatto che a Vercelli non si sia sviluppata una forte industrializzazione. Il rappresentante dei piccoli imprenditori, Giorgio Bona, esprime lo stato d'animo della categoria con una frase: « Va malissimo, c un guaiacciò. Sì lamentano tutti. Investimenti non ci sono ». « Nel Vercellese — afferma il presidente della Camera di commercio. Marcello Biginelli — siamo di fronte ad una assoluta mancanza di prospettive. L'autostrada dei trafori dovrebbe essere un grosso incentivo. A metà strada tra Vercelli e Casale c'è l'area di Stroppiana adattissima per insediamenti industriali. Potrebbe risollevare l'economia delle due zone. Inoltre Vercelli è forse l'unica città mlnmlcpgmrcdvodIppniCnnfèndfH del Piemonte che dispone di \ tinfrastrutture, come ospedali e scuole, in grado di vice- \ vere gente. Finora perà — j conclude Biginelh — tutte le \ iniziative si sono congelate i cci e male Perché gli enti Io¬ cali sono disponibili per qualsiasi, offerta seria ». Sergio Devecchì ftnfn«czt l | I Alessandria. Operai della Imes in assemblea durante l'occupazione della fabbrica