I fantasmi di Zagabria di Giorgio Fattori

I fantasmi di Zagabria IN CROAZIA SEMBRANO TORNATI I TEMPI DELLA PAURA I fantasmi di Zagabria I campanelli suonano alle cinque del mattino per annunciare la visita dei poliziotti, che cercano tracce di eventuali legami con gli «ustascia » - Le punizioni, si afferma, saranno abbastanza miti, ma il più libero e spregiudicato Paese socialista sembra qui ammutolito - Il dilemma è questo: se il ritorno all'unità federale avverrà con più democrazia o con metodi autoritari tDal nostro inviato speciale) Zagabria, febbraio. I campanelli di Zagabria suonano alle cinque del mattino come ai vecchi tempi per annunciare la visita dei poliziotti. Si presentano in squadre speciulizzatc. rovistano e interrogano per ore. Cercano tracce di eventuali legami Ira ex dirigenti croati e associazioni di fuorusciti ustascia. Sequestrano libri, pistole d'ordinanza, {rugano fra lettere e documenti. Vogliono sapere sino a che punto funzionari di partito o professori d'università sono coinvolti nel presunto « complotto sciovinista ». A differenza dei tetri anni del Cominform, i poliziotti si scusano compitamente per l'ora insolita e non portano via gli ospiti per destinazione ignota. Ma, come ai vecchi tempi, molta gente ha paura. Con le scampanellate all'alba — decine ogni giorno — tonano i fantasmi di un passuto che in Jugo¬ slavia pareva cancellato per sempre. Due mesi dopo la violenta offensiva politica contro i nazionalco munisti, c'è soprattutto questo di nuovo in Croazia: un indefinibile sentimento di paura. Allarme per quello che potrà cambiare, timore di compromettersi: molti evitano i giornalisti stranieri o parlano guardandosi in giro, con frettoloso disagio. Il più, libero e spregiudicato paese socialista dove da anni si critica tutto con tutti, sembra di colpo — in Croazia — quasi ammutolito. Il trauma è stato forte e Zagabria non si è ancora ripresa. Amaro confronto « Quando 1 serbi stalinisti di Rankovic tentarono il colpo di Stato, si fecero meno drammi e meno purghe » dice con amarezza uno studente. Giustificato o no, il confronto con Belgrado spunta in ogni discorso. Gli ex leaders croati hanno sbagliato, questo tutti l'ammettono: ma la preoccupazione è che i serbi più oltranzisti tentino di prendere la mano a Tito per regolare vecchi conti fra le due comunità antagoniste. Forse sono reazioni emotive che passeranno presto. I provvedimenti amministrativi, secondo alcuni, sono abbastanza miti rispetto alle accuse di controrivoluzione. Le cifre ufficiali danno poche centinaia di dimissionari e epurati (una trentina in carcere nell'attesa del processo): ma a Zagabria parlano di oltre settemila casi aperti dalla polizia politica. La punizione a volte appare simbolica: la proposta d'espulsione dalla Lega comunista. Ma in un paese dove la tessera di partito è preziosa per arrivare a ruoli importanti nella vita pubblica, questa minaccia tiene tutti in sospeso. I condottieri rossi di una « più forte e pia libera Croazia » sono scomparsi dalla circolazione. L'ex pupillo di Tito. Miko Tripuio. sta chiuso in casa e non risponde al telefono, afflitto da una grave depressione. Per due settimane si è rifugiato in clinica, alcuni dicono per curarsi l'artrite, secondo altri perché aveva i nervi a pezzi. Nel gioco un po' scontato delle rivalse, ora gli attribuiscono tutti i peccati che possano indignare lu povera gente: si spostava con l'aereo personale, girava per la Dalmazia con un corteo di automobili e di servizievoli propagandisti, alla dispendiosa maniera americana. La scopa di ferro Ma è difficile, e a volte imbarazzante, distruggere sino in fondo un mito: il processo a Tripalo e a Suvka Dapcecie, la donna leader del nazionalcomunismo croato, quasi certamente non si la¬ rà. Verranno solo eliminati dal partito senza troppo chiasso. « Liquidare e dimenticare»; questa, dice un dirigente di Belgrado, dev'essere la linea del governo in tutto l'affare croato. Detestato da molti per la strepitosa carriera. Tripalo era considerato uno dei politici più intelligenti e abili della nuova generazione. Come mai si è fatto intrappolare dalle manovre dei nazionalisti intransigenti senza rendersi conto che « la scopa di ferro ». invocata da Tito, l'avrebbe prima o dopo spazzato via? E' uno dei tanti misteri croati. Forse i leaders rossi di Zagabria liunno sopravvalutato il segreto debole del vecchio Maresciallo per le rivincite storico-economiche della repubblica. Hanno tentato una direzione comunista dì tipo nuovo basala sul larghissimo consenso popolare, scivolando nella demagogia. Con le battaglie per l'indipendenza economica della Croazia. Tripalo aveva suscitato entusiasmi di massa solo parago- vabili ai cruciali momenti di Tito nella sfida con Stalin. « E' stato cieco — commentano a Zagabria — ma anche coraggioso: ha detto a Belgrado alcune verità che ci stavano in gola da 25 anni ». Secessione negata Il diritto alla secessione è sancito nelle prime righe del principi generali della Costituzione jugoslava. Almeno in. teoria, ognuna delle sei repubbliche può decidere di staccarsi dalla federazione e fondare un nuovo Stato balcanico. L'attuale caccia ai separatisti non va d'accordo con la legalità costituzionale, comunque tutti escludono che l comunisti Tripalo e Dapcevic puntassero così lontano. Il loro piano era di far convergere in un complesso gioco di potere tutti i malesseri e i sogni del nazionalismo croato, non arretrando davanti a nessuna tortuosa combinazione. Il capo della ragioneria del governo di Croazia si è ucciso perché l'inchiesta ha provato che grosse somme statali vennero versate ai dirigenti dell'associazione nazionalista Matica, in contatto con gli ustascia rifugiati in Svezia. Il funzionario suicida ha lasciato una lettera in cui afferma di aver obbedito a un ordine di Tripalo. Questa confusa ambiguità di rapporti ha coinvolto capicellula, burocrati, direttori di fabbrica e professori d'università. Quanti volevano in buona fede una più equa autonomia da Belgrado e quanti sognavano quella nebulosa « Federazione danubiana » denunciata dal segretario della lega zagabrese Marinko Grujic? L'ondata di repressione rischia di travolgere tutti. « Se Tito morisse ora — dice un ex dirigente — sarebbe una grande sciagura. Resteremmo alla mercé dei serbi più oltranzisti che già premono da tempo per confonderci nel mazzo con i terroristi ustascia ». A Belgrado rispondono che molti croati tentano di coprire le loro colpe scioliniste dietro uno spicciolo vittimismo. Ricordano le follie recenti dì alcuni universitari che per rabbia nazionalista c anche razzista chiesero l'espulsione dall'Aleneo di Zagabria dì un centinaio di serbi e di ebrei. Rievocano le tensioni dì dicembre nei villaggi dei serbi di Croazia, dove dì notte vigilavano guardie armate contadine nella paura dei pogrom. Nella guerra mondiale morirono I milione e 700 mila jugoslavi, uno ogni nove abitanti. Non è mai stato possibile stabilire quanti perirono nei bombardamenti e negli scontri con italiani e tedeschi, e quanti invece nei feroci massacri tra croati e serbi. Anche questi sono fantasmi che tornano nell'inquieta realtà jugoslava. Adesso la televisione croata e i giornali martellano appelli all'unità federale, rivendicano il ruolo guida de- gli operai comunisti (che non appoggiarono le manifestazioni studentesche di Zagabria, ma neppure si mossero per contestarle). E' una propaganda di vecchio stile, forse necessaria in questo momento, ma alla quale la maggioranza dei croati risponde con una chiusa mortificazione e scatti di polemica ironia. Cominciano a circolare battute clandestine. Anche Nixon — dice l'ultima — dovrà dimettersi da presidente, perché quando nel '70 venne a Zagabria gridò « Viva la Croazia ». Liquidati i nazionalcomun'isti, i nuovi dirigenti debbono fronteggiare questo stato d'animo offrendo garanzie politiche a Belgrado senza sacrificare gli interessi della repubblica. Il famoso oro della Croazia (le rimesse degli emigrati, i dollari del turismo dalmataI non è ancora al sicuro nelle casse di Zagabria. La riforma per la ripartizione dei fondi nazionali si annuncia complessa nell'esecuzione, le resistenze burocratiche sono ancora notevoli. Ora nessuno si azzarda a protestare, ma nessun leader croato può restare al comando senza accelerare la soluzione dei problemi economici. « La crisi della Croazia si chiuderà senza strappi perlI colosi e in Jugoslavia non | torneranno gli stalinisti — dice un dirigente a Belgrado —. Le conquiste della nostra democrazia socialista sono irreversibili ». Se andrà così (i segni, anche nelle parole di Tito, sono per ora contraddittoril il merito sarà anche degli ex condottieri rossi di. Zagabria. Gli errori nazionalisti non cancellano i meriti di Miko Tripalo e Savka Dapcevic. che si sono battuti con asprezza per anni contro i superstiti difensori del «centralismo ». La battaglia croata è stata anche di maggiore libertà per le repubbliche contro la burocrazia al potere e i successi di Zagabria si identificano con il nuovo corso del socialismo jugoslavo. La vera paura dì una svolta c questa: se il ritorno a una rassicurante unità federale avverrà con più democrazia o con metodi autoritari. Un dilemma politico che non riguarda solo il futuro dei croati, ma chiama in causa l'antica scommessa antistalinista del maresciallo Tito. Giorgio Fattori I | i ili ll l lbili i ili ti

Persone citate: Dapcevic, Marinko, Miko Tripalo, Nixon, Stalin