Cinque medici in tribunale per la morte d'una paziente di Marco Benedetto

Cinque medici in tribunale per la morte d'una paziente S'è iniziato il processo a Genova Cinque medici in tribunale per la morte d'una paziente Devono rispondere di omicidio colposo - La donna morì per complicazioni in seguito a taglio cesareo - Tutti si dicono innocenti (Dal nostro corrispondente) Genova, 25 gennaio. Accusati di non aver saputo urare una donna, morta per complicazioni post-operatoie cinque medici dell'ospedale San Martino sono comparsi oggi in tribunale. Devono rispondere di omicidio colposo. Sono i professori Eugenio Marchese, di 65 anni. Remo Rossi, di 59, Giovanni Ermiglia, di 45, Elia Balzarmi, di 54 e Gino Rossi, di 49. Principale imputato era il prof. Vincenzo Dogliotti, primario del reparto ostetricia e ginecologia dell'ospedale. Egli però è morto due anni fa, e l'imputazione è caduta. Secondo la sentenza di rinvio a giudizio, i cinque sanitari hanno causato la morte di Maria Luisa Pavese, deceduta nel 1967 per complicazioni seguite ad un taglio cesareo. L'intervento sembrava essersi concluso normalmente ma poco più di un mese dopo le condizioni della donna si aggravarono. Nella perizia medico legale, i professori Canale, Cavallero e Tiziano Formaggio dell'Università di Pavia, dissero: « I medici curanti si rivelarono incapaci di diagnosticare la natura delle complicazioni e di curare adeguatamente la malata ». Oggi, in aula, i medici si sono difesi affermando di aver fatto quanto era possibile per salvare la donna. Primo ad essere ascoltato dal giudice è stato il prof. Marchese che sostituì, quale medico più anziano, il prof. Dogliotti per alcuni giorni. « La diagnosi non è stata sbagliata — ha detto —. Quando le condizioni della Pavese si sono fatte più gravi abbiamo subito avuto il dubbio che fosse intervenuta una oc clusione intestinale. Era il primo di maggio. Abbiamo in terpellato il prof. Balzarmi, chirurgo, il quale ha affermato che non si trattava di una occlusione ma di un fatto infiammatorio pelvico. Quindi fu fatto un drenaggio con un tubo nell'intestino poiché temevamo la peritonite ». Presidente: « Quel giorno il prof. Dogliotti era in ospedale o lo sostituiva ancora lei? ». Marchese: «Il prof. Dogliotti tornò al lavoro il giorno dopo ». P. m. (Franco Meloni): « Quindi visitò lei l'ammalata quando le sue condizioni cominciarono ad aggravarsi?». Marchese: « Si. La visitai al mattino durante il normale giro ma la Pavese non era in condizioni allarmanti. Al pomeriggio, verso le 18, mi avvertirono che stava male. Prendemmo le misure che le ho detto ». P. m.: « La perizia parla di una lesione intestinale avvenuta durante l'intervento ». Marchese: « Lo escludo nel modo più. assoluto. Se ci fosse stala una lesione infraoperutoria la donna sarebbe morta nel giro di tre giorni ». Anche gli altri quattro imputati hanno ripetuto che «è, stato fatto tutto il possibile per salvare la Pavese». Il prof. Giovanni Ermiglia, assistente, visitò più volte la donna. « Seguii sempre la terapia indicata dal primario ». P. m.: « Quando la donna morì lei era presente? » Ermiglia: «Si. Mori durante il mio turno. Io avvertii i parenti e poi telefonai al primario al quale chiesi che cosa dovevo scrivere sulla richiesta di autopsia. Lui mi rispose ''fistola stercoracea" ed io feci cosi » IP. m.: « Ma lei non si me ravigliò visto che la donna era morta di peritonite? ». i Ermiglia: « Si, mi incrud gliai. ma eseguii quel che mi era stato detto ». Il processo è stato rinviato al 28 marzo. Marco Benedetto

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