L'onesto Muskie, "uno di noi" di Ennio Caretto

L'onesto Muskie, "uno di noi"L'AVVERSARIO DI NIXON ALLE PROSSIME ELEZIONI L'onesto Muskie, "uno di noi" Si mise in luce nel 1968 come candidato alla vicepresidenza per il partito democratico; appannato il mito dei Kennedy, si trovò di colpo a capo dell'opposizione - Figlio di un immigrato polacco, cattolico convinto, ha cinquantotto anni: piace alla gente per la sua faccia di «vecchio medico condotto », sembra incarnare alcuni dei valori più sicuri della tradizione americana - Politicamente assai sfumato, ha però il consenso dei progressisti (Dal nostro corrispondente) New York, gennaio. Richard Nixon non ita mai avuto dubbi su chi sarà il suo avversario alle prossime elezioni. A dieci mesi dalla battaglia per la presidenza, i candidati democratici aumentano, ma egli ne teme uno solo: il senatore Edmund Muskie del Maine. Considera gli altri già sconfitti, dall'ex vicepresidente Hubert Humphrey al pacifista George McGovern, al fotogenico sindaco di New York John Lindsay, al « falco » Henry Jackson, alla negra Shirley Chisholm. L'ultimo dei Kennedy, Edward, detto Ted, ha rinunciato alla gara per ragioni personali. La staffetta Ufficialmente, Muskie ha reso pubblica la sua candidatura la scorsa settimana; ma da due anni i giornali e la radio-tv lo descrivono come il front ruhner, la staffetta democratica, e proprio per neutralizzarlo Richard Nixon ha adottato certe linee politiche, sull'ecologia, sui rapporti tra gli Stati e il governo federale, in parte persino sul Vietnam. Il partito repubblicano svolge una campagna contro Muskie « uomo esitante ed irascibile », confermando cosi, indirettamente, ch'egli è l'unico in grado di impegnare, se non battere, il Presidente. Nixon e Muskie si rispettano a vicenda. Hanno più di un tratto in comune: sono circospetti, riservati, schivi di contatti sociali, legati alla famiglia, preparati, pragmatici, credono nell'etica del lavoro e nelle tradizioni americane. Si presentano entrambi come fautori della « via di mezzo », moderatori del proprio partito, appellandosi all'unità nazionale. Eppure, nell'immagine popolare. Muskie è VantiNixon, e il senatore ne approfitta, esasperandola ad ogni occasione. Questa rivalità, nata nelle elezioni presidenziali del 1968. è l'elemento nuovo della politica americana. Hubert Humphrey, anche per scrollarsi di dosso la pesante eredità di Johnson, scelse allora Muskie come can¬ didato alla vicepresidenza. La campagna fu un disastro; Muskie però, con la sua insistenza sui problemi urbani, l'ambiente naturale, la povertà, con il suo stesso ritegno, ne ricavò un prestigio insospettato. Spiro Agnew, coi suoi interventi, danneggiò invece Nixon. In una vignetta sulla « corsa a ostucoli presidenziale », un quotidiano raffigurò Nixon e Muskie che procedevano affiancati, ciascuno col peso del proprio partner sulla schiena. Per il partito democratico, e pcr l'elettorato, il « messaggio » era chiaro. L'incidente di Chappaquiddick. in cui morì Mary Kopedine, appannò successivamente il mito della famìglia Kennedy: Muskie si trovò di colpo a capo dell'opposizione. Nelle, elezioni al Congresso del '70, fu scelto come portavoce ufficiale democratico. La televisione suggellò la sua popolarità: tanto Nixon vi pareva a disagio, quanto Muskie ne risultava padrone. Scrisse Stewart Alsop: « Il senatore non dà l'impressione d'una personalità di plastica come il presidente Nixon, ma piuttosto di un vecchio medico condotto ». Gli americani credettero di avere scoperto l'antipolitico per eccellenza: un avvocato di provincia, un uomo di buon senso, « per tutte le stagioni ». come disse il senatore Mansfield. Dick l'infido Se le prossime elezioni si disputeranno all'insegna della rivalità tra Nixon e Muskie. lo slogan dominante sarà: « L'onesto Ed contro l'infido Dick » (Honest Ed and tricky Dicky). Grava infatti sul Presidente, a torto, il sospetto che sia disponibile ad ogni compromesso, mentre si riconoscono al suo avversario le qualità dì Lincoln: fortezza, attaccamento ai princìpi, ferrea moralità. Ma a favore di Nixon stanno i risultati da lui ottenuti in politica estera, ed il coraggio con cui ha proposto la svalutazione del dollaro e il risanamento dell'economia. Il mese di marzo, con le elezioni « primarie » nel New Hampshire. dovrebbe essere decisivo per entrambi. Chi è Muskie? Fino al '68 il senatore non vantava una biografia appassionante. Secondo di sei figli d'un immigrato polacco, nato nel 1914 a Rumford, nel Maine, lau¬ reato in legge, cattolico convinto, aveva avuto una solida ma non esaltante carriera. Due volte governatore del suo Stato, eletto al Congresso nel 1958, s'era distinto soprattutto per il suo impegno nell'ecologia e nei prò- blemi urbani. Washington l'aveva ribattezzato « Mister Clean », signor Pulizia, ma Ralph Nader, l'avvocato dei consumatori, l'aveva accusato, ingiustamente, « d'aver combattuto non contro l'inquinamento ma per gli inquinatori ». Veniva qualificato kennediano; non gli piaceva Johnson, ma ne aveva appoggiato la politica. Sostiene la rivista Time che Muskie manca di « carisma a, non ha cioè le qualità del leader predestinato. Il suo fascino sugli americani è tuttavia innegabile. Alto più di un metro e novanta, il volto segnato, nuotatore e giocatore di golf, sempre in compagnia della moglie e dei cinque figli, vestito in modo trasandato (unica civetteria la « farfallina») egli incarna un certo ideale della maggioranza silenziosa. Alla televisione, le donne lo giudicano affascinante, e non ne diffidano neppure gli studenti. I suoi scoppi d'ira sono proverbiali, ma non lasciano conseguenze. Genuina è la sua capacità di comunicare col prossimo: «He is one of us», è uno di noi, si dice a Washington. Non risulta sempre chiaro dove Muskie si collochi politicamente. Per la rivista Fortune, è l'alfiere della sinistra democratica. Theo Lippman e Donald Hansen, nella loro biografia (« Muskie, l'uomo che avrebbe potuto vincere nel '68 e che potrebbe vincere nel '72 »J, lo collocano al centro. Secondo la New Republic, egli dovrebbe invece trovar posto nella destra. Certo Muskie è un po' l'Amleto della politica statunitense. Al momento di votare, si è sempre schierato con gli innovatori: le statistiche gli attribuiscono un primato in proposito, dalla legge sulle « città modello » alla condanna a morie del supersonico di linea. Ma sui massimi problemi ha spesso oscillalo da un estremo all'altro. I lati oscuri Sul Vietnam, è passato dui pieno appoggio alla strategia johnsoniana alla richiesta d'un disimpegno totale anticipato. Si è mostrato al tempo stesso protezionista e liberista. Dapprima ha favorito il riarmo per opporsi poi duramente alla creazione di sistemi antimissilistici. S'è pronunciato a favore della rivolta studentesca, purché attuata nel rispetto delle istituzioni vigenti. Il suo atteggiamento sulla libertà di stampa è discutibile. Lippman e Hansen, nel loro libro pur elogiativo, attribuiscono queste incertezze da un lato al desiderio di Muskie di conciliare posizioni opposte, dall'altro alla sua naturale cautela, e alla volontà di discutere. Ho parlato con Avercll Harriman. lo e statista anziano » dei democratici, il più valido sostenitore di Edmund Muskie. Harriman nega che esista nel senatore una propensione all'equivoco. Afferma che Muskie non prende decisioni «senza aver sviscerato i problemi », ne esalta le intuizioni, la capacità di sintesi, la forza di lavoro. Resta il fatto che, sotto questo profilo. Muskie è esposto a violenti attacchi. Ha detto di lui Agnew: « Il senatore è arrivato oggi a un'importante conclusione: che il 31 dicembre si chiude l'anno nuovo ». Ammettono Lippman e Hansen: « Spesso, come i suoi pensieri intimi, anche i suoi obiettivi politici rimangono un segreto per la famiglia e i collaboratori». Un buono staff A parere di Harriman, la campagna elettorale dissiperà tutti i dubbi sull'« onesto Amleto ». Il senatore s'è circondato, infatti, di uomini dalla fisionomia precisa: lo stesso Harriman, l'ex ministro della Difesa Clark Clifford, che si dimise per protesta contro la guerra nel Vietnam, l'ex consigliere economico di Johnson, Arthur Okun. Sono, da anni, i protagonisti della democrazia americana, i teorici delle «nuove frontiere» e, insieme, della « grande società ». In politica estera scavalcherebbero Nixon, e all'interno attuerebbero 1 incisive riforme. Anche Ted Kennedy sembra intenzionato ad aiutare Muskie. Tramite il senatore Tunney, suo intimo amico, ne ha avallato, sia pure non esplicitamente, la candidatura. Una tale alleanza, che porterebbe a Muskie molti voti dei giovani (sono 25 milioni a votare quest'anno per la prima volta) gli assicurerebbe la vittoria. Muskie non non è però convinto di riuscire ad assicurarsi l'appoggio di questa potente fazione del partito. Sospetta ancora che all'ultimo momento Kennedy si presenti candidato, e che McGovern gli faccia da « copertura ». Clark Clifford ha dichiarato che l'elezione di Muskie sarebbe « una vittoria per l'America ». Lo sarebbe in un duplice senso: confermerebbe che questa è la terra delle « opportunità illimitate », in cui anche il figlio di un « povero mitteleuropeo » può diventare Presidente; esalterebbe i valori più antichi dell'America, la costanza, la frugalità, la volontà. Sarebbe, in un certo senso, un capolavoro politico. Muskie a quarant'anni era ancora un deputato di uno Sialo secondario, con handicap severi quali la sua religione e la sua solitudine. Ennio Caretto o o ftstltnatrpaaHzp II senatore demouralico Edmund Muskie, visto da Levine (Copyright V Y. Rcview ol Books, Opera Mundi c per l'Italia La Stampa)