I sosia servono al "giallo,,

I sosia servono al "giallo,, LA CRONACA DEGLI SPETTACOLI TELEVISIVI I sosia servono al "giallo,, In « Doppio gioco » un intrigo per Ugo Pagliai - Questa sera canzoni, cartoni animati e comica con Charlot Ancora sbuffanti e delusi per l'ultima puntata di Come un uragano gli spettatori si sono visti presentare ieri sera un altro giallo, Doppio gioco di Robert Thomas. Ma c'è giallo e giallo. Durbridge non scherza. Durbridge monta le sue macchine diaboliche (che però tendono a scoppiettare e a incepparsi nel finale) con estrema serietà. Chiunque avrà rilevato che nei suoi copioni non c'è mai l'ombra di un sorriso, l'accensione di un lampo ironico. I cadaveri sono cadaveri da non prendere sottogamba, i poliziotti trovano in Alberto Lupo l'interprete ideale. Durbridge crede profondamente nel giallo (che gli ha fruttato gloria e quattrini) e per lui è un genere sacro. In Doppio gioco, invece, il thriller è acchiappato per il bavero e rivestito con panni che solitamente non sono suoi. L'autore, Thomas, gli ha dato un dialogo e un andamento da commedia brillante, un tono quasi boulevardier. E ha adoperato per l'occasione una delle più antiche e collaudate trovate del teatro di tutti i tempi: i due fratelli che si assomigliano fisicamente come due gocce d'acqua ma che per il resto sono abissalmente separati da una fondamentale diversità di carattere: uno cinico, perfido, prepotente, abituato a spillare abbondante denaro dalle donne con cui va a letto, l'altro introverso, sottomesso, succubo, timido, balbettante: il « cattivo » e il « buono ». Uno spunto che è fatto apposta per creare equivoci a girandola. Ovviamente, trattandosi di un giallo, gli equivoci e gli imbrogli, qui, sono di natura particolare. I cadaveri non mancano. Ma — come dire? — non sono cadaveri troppo tragici. Anche perché sono finti. Come finti sono i sosia, in realtà prodotti di un unico criminale truffatore. Come finta — ed è la sorpresa conclusiva di un finale in crescendo — è la vittima, ossia la miliardaria: né vittima né miliardaria, ma tenente dell'Interpol. Commedia di consumo, leggera e gradevole. E di consumo lo spettacolo, scorrevole e sciolto, ben diretto da Anton Giulio Majano che, lontano dalle imprese pachidermiche e dagli accenti melodrammatici di « E le stelle stanno a guardare », ha dimostrato d'avere anche mano svelta e leggera. La duplice parte era sostenuta da Ugo Pagliai, più convincente come mantenuto che come onesto ingenuo, comunque assai bravo e simpatico. Attorno a lui hanno piacevolmente sgonnellato il tenente Marina Malfatti e Maria Pia Di Meo, appetitosa avventuriera, e hanno recitato con autorità Mario Colli e Carlo Enrici.