Le truppe del Pakistan orientale si sono arrese Gli indiani a Dacca; è nato il "Libero Bengala" di Sandro Viola

Le truppe del Pakistan orientale si sono arrese Gli indiani a Dacca; è nato il "Libero Bengala" Ottantamila uomini cedono le armi, ma la guerra continua all'Ovest Le truppe del Pakistan orientale si sono arrese Gli indiani a Dacca; è nato il "Libero Bengala" Scambi di accuse all'Olili - Navi americane e russe incrociano nelle acque dell'Oceano Indiano La capitolazione incondizionata siglata alle 16,30 dal comandante delle truppe pakistane; Indirà Gandhi dà l'annuncio al Parlamento di New Delhi con accenti trionfali - Il capo del Pakistan, Yahya Khan, dichiara in un discorso alla nazione che la guerra continuerà sul fronte occidentale (Kashmir e Punjab) fino alla vittoria e non risponde alla tregua proclamata, su quel fronte, dal governo dell'India - La resa pakistana a Dacca è stata negoziata all'ambasciata Usa (Dal nostro inviato speciale) Agartala (Bengala), 16 die. Il « grande Pakistan » è finito. La bandiera con la mezzaluna è stata ammainata dai pennoni di Dacca alle tredici di oggi (le 8 e trenta italiane) e sostituita con quella del Bangla Desh. Esattamente alle 16,30, sul prato del campo di corse dove erano stati sistemati un tavolo e qualche sedia, il generale Ni a zi ha firmato la resa di tutte le forze pakistane nel Bengala Orientale. Cinsi, con una campagna durata 11 giorni, l'esercito indiano ha chiuso 1». partita sul fronte dell'Est. La resa pakistana ha avuto tre tappe. Tutto era inizialo ieri pomeriggio, quando è stato concordato tra il generale pakistano Niazi e il comandante in capo dell'esercito indiano, Manekshaw, un cessate il fuoco di 16 ore. Alla trattativa aveva fatto da tramite l'ambasciata Isa a New Delhi, e proprio nelle ore in cui una gigantesca manifestazione, ritmata di urla e slogan ostili, si svolgeva intorno ai suoi edifici, (ìli indiani si impegnavano a sospendere il fuoco sino alle !) ili stamani, dopo ili che, se i pakistani non si fossero arresi, avrebbero ripreso le operazioni. Il secondo tempo della caduta di Dacca si è svolto stamane, a partire dalle 9. Il generale Niazi ha chiesto una proroga del cessate il fuoco, che è stata accordata. A differenza di ieri sera (quando era parso che i paKistani volessero soltanto prendere tempo in attesa che la Settima flotta venisse davvero ad imbarcarli) questa volta non c'erano più dubbi che i pakistani si sarebbero arresi. C'era però da trattare le forme e le condizioni, e per questo alle dodici e trenta il capo di Stato Maggiore del comando indiano dell'Est, generale Jacob, si è recato in elicottero all'aeroporto di Dacca dove aveva sede l'ultimo quartier generale pakistano nella « provincia orientale ». Un'ora più tardi, dopo che Niazi e Jacob ayevano definito sostanza e dettagli della resa, la prima colonna indiana è enfiata nella nuova capitale del Bangla Desh. Ancora spari Quali siano le condizioni della resa è ancora difficile da dire. Il generale Aurora, comandante dell'esercito indiano sul fronte orientale i l'uomo cioè che ha sconfitto Niazi), ci ha assicurato che essa è incondizionata. Lo abbiamo incontrato qui, sulla pista di volo di Agartala ( l'aeroporto indiano più vicino a Dacca, circa ottocento chilometri da Calcutta), mentre tornava dalla cerimonia sul campo di corse della capitale bengalese. Aurora era del suo solito buonumore, lo stesso con cui aveva annunciato quattordici giorni fa che avrebbe costrutto ad arrendersi i pakistani del fronte dell'Est. Gli abbiamo chiesto se sia stato concordato qualcosa circa il rimpatrio dei soldati pakistani toglP| nj c| fii RmI z' ptmrnd2nlrprnsesui adsncamcmcdmigcfdcpl, cti Nessun rimpatrio — ha ri-1 rsposto — almeno per ora. hs si sono prigionieri di guerra, e stiamo già approntando il loro trasporto in India ». - E le voci circa un intervento americano per evacuare l'esercito sconfitto? Aurora ha riso. « Creda a me. non ci sarà alcun intervento. Solo l'India prenderà decisioni cir- hdieo i prigionieri di guerra i. j E la cerimonia della resa? "I j parte pakistana, ed è comprensibile. Poi si è stati vicini all'incidente. Quando ci siamo alzati dopo la firma, e i mìei ufficiali accompagnavano il generale Niazi verso un'automobile, la folla che aveva assistilo alla firma del documento si è mossa, urlando che Niazi bisognava ucciderlo, e subito. La guardia ha dovuto fare non poca fatica perché il generale non subisse alcun danno ». Sul campo di volo di Agartala, da dove tentavamo di raggiungere Dacca, c'era un gran traffico di elicotteri. Da uno di essi, a un certo punto, è sceso il colonnello Osmani, comandante in capo delle forze di liberazione bengalesi. Osmani era pallido, il viso tirato, la voce commossa. « E' una grande giornata, la nascita d'una nazione. Ouanto ai pakistani. Dio ha ; voluto punirli, con una sconfitta cosi ignominiosa, delle terribili atrocità commesse in questi nove mesi ». Tutt'intorno un gruppo di Mukti Bahini applaudiva il I loro comandante* gridava Joy \Bangla (viva il Bengala), sot-1 to gli sguardi soddisfatti degli ufficiali superiori indiani. Poi si è avvicinato un giova| ne, e Osmani lo ha abbracj ciato. Era Kamal Mujibur, il | figlio dello sceicco Mujibur i Rahman, il capo del movimento autonomista. Il ragaz-' I zol (tenuto al sicuro in India ' per tutti questi mesi, e intanto addestrato in un campo militare) andava a raggiungere una imita Mukti Bahini nella zona di Sylhet col grado di sottotenente. Ma torniamo a Dacca. Alle 2 e 30, quando gli indiani erano già entrati da un'ora, nella città si continuava a sparare. Erano le piccole unità pakistane isolate nella cintura della periferia, che ancora non sapevano della resa. Ci sono stati vari feriti indiani, e purtroppo non sono stati i soli. A quanto ci ha detto un ufficiale che veniva da Dacca, i pakistani avrebbero sparato anche contro qualche gruppo di civili che si riversava nelle strade ad applaudire le colonne indiane. Ancora durante la cerimonia della resa, in una atmosfera stralunata di formalità da vicereame (patina che resiste su tanti comportamenti indiami, si udivano colpi d'arma da fuoco. Dacca è duramente colpita dai bombardamenti indiani di martedì e mercoledì. Le sole incursioni aeree di questi due giorni avrebbero provocato circa mille morti. Colonne di fumo si alzano in vari punti della città, che gli indiani cercano di porre il più presto possibile sotto il loro controllo per evitare rappresaglie , contro le famiglie dei milita-1 ri pakistani e contro gli Ibi- frdptoYseabmpdlosgfnrUpdpdhisvsDnp, l e a i o - hari, musulmani d'origine indiana che hanno collaborato in massa con le struppe di Islamabad. Non si vedono donne per la strada, né più né meno di come era già accaduto nelle varie città man mano abbandonate dai pakistani. Le donne sono probabilmente nascoste nelle carn¬ j pagne. dopo le pazzesche vio ? lenzG perpetrate dagli uomi"ni dell'Ovest nel loro ultimo I periodo di predominio j Bengala. i , ao e l nca an rdi n Ingresso a Dacca Quando la seconda brigata paracadutista è entrata a Dacca tra l'una e l'una e trenta di oggi, al comando del generale Nagra, i pakistani non avevano ancora deposto le armi. Essi sostavano ai bordi delle strade, i moschetti a spalla, mentre dalle jeeps indiane ufficiali pakistani li avvertivano con gli altoparlanti di recarsi agii accantona- a menti e di deporre le armi. o, alail sa, e. Quanto all'arrivo del generale Aurora sul pezzo di pista rimasto intatto dell'aeroporto della capitale, i testimoni parlano di scena teatrale, turbanti e bastoni di comando, sa- j luti da parata, una Inghilter- j ra rivissuta a ventiquattro an- a ; ni di distanza su uno sfondo ne n di il I miserabile dove in nove mes: sono morti centinaia di mi-gliaia di bengalesi. La guerra e finita? Il di- scorso della signora Gandhi, ne! pomeriggio, lo fa-ebbe oy \ pensare, con quell'offerta di t-1cessare le ostilità anche sul fronte dell'Ovest a partire da domani sera. Ma mezz'ora dopo che aveva parlato, c'è stato il discorso del maresciallo Yahia Khan, e questo non sembra per ora un preludio alla fine del conflitto: it Una battaglia perduta, ha detto il maresciallo, Tion è una guerra perduta ». Scappatoia verbale dinanzi alla dura realtà dello smembramento del Pakistan, o intenzione di proseguire la guerra? E' difficile fare previsioni. Come pure non è possibile per ora sapere che parte abbiano avuto Usa e Urss nelle ultime ore prima della capitolazione. Le voci di stasera parlano di un veloce rimpatrio dei prigionieri contro il rilascio di Mujibur Rahman. La cosa certa è che l'India ha realizzato il suo vecchio intento, che il Pakist-n è smembrato, che l'Unione Sovietica segna il suo più grosso successo politico in Asia. Da tutto questo non possono non nascere, in un più o meno prossimo futuro, conseguenze di importanza, come si dice, globale. Intanto questa vicenda ha portato, alla ribalta i generali indiani, coi loro turbanti e la vernice anglomane, che il continente dovrà forse abituarsi a considerare protagonisti di molti avvenimenti., futuri. Sandro Viola a , Pakistan, fronte orientale. Movimenti di truppe indiane intorno a Dacca, dopo la resa (Tclefoto Upi)