La religiosa innamorata di Lorenzo Mondo

La religiosa innamorata La religiosa innamorata (Tradotte in italiano le lettere di Abelardo ed Eloisa) Abelardo ed Eloisa hanno avuto il raro destino, concesso per lo più ai personaggi della poesia, di sopravvivere in un binomio potentemente evocativo anche per molti che ignorano la forza irradiantc clic li ha uniti, flatus vocis, per l'eternità. Come Tristano c Isotta, Paolo e Francesca, Runico e Giulietta... Ebbero inoltre il privilegio di edificare essi stessi la loro leggenda, ili tarsi «poeti c novellatori delle loro dolcezze e sventure. Così, nessuno può accostare il loro epistolario (lo pubblica oggi Rusconi nella nitida versione di F. Roncoroni, Lettere d'amore di Abelardo ed Eloisa) senza sentirsi sopraffatto: sensi vivaci e intelligenze affilate scuotono il velo di una cultura e ili una religiosità che sentiamo aliena, raggiungono naturalmente l'incandescenza della poesia. Abelardo vive pressoché intero ne\YHistoria calamitatimi incantili, la lunga lettera a un amico, forse immaginario, in cui narra, sul modello delle Confessioni di Agostino, la sua « conversione ». Dio lo ha guarito anzitutto dal vizio della lussuria. Abelardo ricorda come sedusse Eloisa, .la nipote del canonico Fulbcrto, che, « non ultima per bellezza, superava tutte per la sua profonda, cultura d. Ma la cultura fu esca soprattutto alla passione di lei, subito invaghita del maestro che non aveva rivali nella dialettica e che, per la sua lotta al principio d'autorità, era diventato a Parigi l'idolo della gioventù studiosa. « Con la scusa di studiare avevamo tutto il tempo per amarci », confessa Abelardo, recriminando le smemoratezze di quei giorni in cui trascurava la filosofia per comporre canzoni d'amore: «.Eppure molte di quelle canzoni.., sono ancora oggi diffuse e cantate in molti paesi, soprattutto da coloro cui la vita sorride come allora sorrideva a noi ». La suggestione del ricordo incrina in Abelardo la fermezza dei propositi: per un momento, poi, in rapida successione, c l'affanno, la cautela che non esclude il calcolo e l'ipocrisia, la beffa atroce c la disperazione. Eloisa è incinta, Abelardo spera di placarne i parenti sposandola, ma di nascosto, per non compromettere la propria carriera; una notte, infine, viene aggredito in casa e punito con l'evirazione. Dio lo guarisce anche del vizio della superbia. Alla sua libera scuola sul colle di Saintc-Geneviève, presso Parigi, accorrono gli studenti di tutta Europa. Questi clerici vagantes, che cantano per le strade le sue canzoni, appartengono alla categoria dei dissidenti e degli esclusi. Sono affascinati dall'eleganza e dall'audacia di maestro Pietro, dalla sua febbre del sillogismo, dalla decisione con cui riafferma il suo « intelligo ut credam»; «Sostenevano infatti che i discorsi sono inutili se prima non si capiscono le cose, e che non si può credere a niente se prima non lo si è capito, perché sarebbe ridicolo che qualcuno cerchi dì spiegare agli altri ciò che né lui né quelli cui insegna sono in grado di comprendere ». * * Ebbene, egli, che nessuno osa affrontare sul piano della controversia, brucerà con le sue stesse mani, davanti a un concilio frettolosamente riunito dai suoi nemici, il trattato sulV Unità e Trinità di Dio. La mutilazione spirituale brucia più che quella fisica, così come in lui il « loico » prevarrà sempre sull'amante, sugli amorosi sensi: «Dio, tu che sei l'unico giudice dei giusti, tu solo sai con quanto fiele, nella mia follia, inveissi contro te e con quanta amarezza, accecato dall'ira, li accusassi... *. Ma nella sua vita ormai placata dalla disciplina ecclesiastica e dallo studio, intesa a reprimere le tentazioni dell'orgoglio, irrompe un'altra volta Eloisa. E' badessa nel convento del Paracielo, dove lo stesso Abelardo l'ha ricoverata. Ha letto YHistoria ca¬ lafipdsunfetavomsfprensaescobsgddtadlalelafpdlammgv(tsdvpiafttasmpgecnce o e i o i i a o i i a e i a a orli e i, e, nzuai esa lra el ve oa¬ lamitatimi e si e commossa fino alle lacrime, ma lo rimprovera di averla dimenticata, di non apprezzare la forza del suo amore. Murandosi viva, non ha inteso umiliarlo o perfezionarlo, ma custodirne intatta la fiamma: «Non miravo a farmi sposare né a farmi mantenere; non volevo soddisfare la mia volontà e il mio piacere, ma te c il tuo piacere, lo sai bene. E anche se il nome di sposa pub parere più sacro e più valido, io preferivo essere per te un'amica, una compagna, perfino una concubina, se non ti offendi, o una sgualdrina. Mi sarei annullata di fronte a te, paga soltanto del tuo amore, e sarei vissuta all'ombra della tua grandezza ». Oltre le citazioni dai classici latini e dai Padri, nella prima lettera c'è già tutta Eloisa, con la sua sublime assolutezza; di fronte alla quale il pur comprensibile tentativo di Abelardo di tagliar netto, di tradurre la passione in religiosa testimonianza, finisce inevitabilmente con l'apparire arido e gretto. Pronunciando i suoi voti di « monaca abclardina » (così leggiamo nella sapida introduzione di Ceronctti), Eloisa dimostra l'implacabilità delle eroine bibliche che le vengono proposte come esempio, utilizza contro Abelardo i rigore logico che ha appreso alla sua scuola. Ma in questa femme savantc dall'animo forte troviamo poi inattese civetterie e ricorsi alla strategia amorosa: «Se tu fossi meno sicuro del mìo amore, carissimo, forse ti preoccuperesti di più e saresti più sollecito ». * * Archetipo purissimo e tragico della monaca insofferente e ribelle, che tanti sviluppi e contrastanti derivazioni avrà nella poesia dell'Occidente, si confessa infine, abbandonatamente, rifiutando pentimento e rimorso: « Per me, d'altra parte, i piaceri dell'amore che insieme abbiamo conosciuto sono stati tanto dolci che non posso né odiarli né dimenticarli... neppure quando dormo riesco a calmarmi. Talvolta, da un movimento del mio corpo e da una parola che non sono riuscita a trattenere tutti capiscono quello a cui sto pensando ». Piuttosto di rinnegare se stessa, tacerà («al cuore non si comanda, ma si ubbidisce soltanto»). Voglia almeno, il maestro, farle parte della sua sapienza e prudenza, istruendola sulle origini del monachesimo femminile e preparando al Pafaclcto una regola più temperata e consona ai tempi. Ne nasce un piccolo, dotto trattato in cui. più che l'assunto, interessano i temi laterali, come la corruzione presente dei monaci (l'uso smodato di vino e infusi d'erbe, il commercio di croci e reliquie): Abelardo ne colpisce l'ipocrisia e la superstizione, inserendo la sua voce nel coro dei grandi riformatori del tempo. Interessa lo sfondo di una Francia verdissima e alacre che tra poco fiorirà di bianche cattedrali, viva e aperta in quel secolo dodicesimo che non conosce ancora i grandi irrigidimenti politici e dottrinali. Ma queste pagine, prese complessivamente, segnano soprattutto l'avvio a quell'esaltazione della donna che troverà l'estremo punto d'arrivo nei riti laici dell'amore cortese. Chi pensi alla misoginia che si esprime nei sermoni, nei trattati e nella favolistica dell'alto Medioevo, alle stigmate impresse sulle figlie di Eva, leggerà con meraviglia l'ultima lettera di Abelardo ad Eloisa: è il suo testamento, la professione di fede che San Bernardo di Clairvaux, suo accanito avversario, ha atteso inutilmente da lui: « Eloisa, sorella mia, un tempo a me cara nel mondo, oggi ben più cara in Cristo, la logica mi ha reso odioso al mondo ». Quando muore, Eloisa lo fa seppellire al Paracleto, nell'attesa di trovar pace con lui, congiungendo cenere c cenere. Lorenzo Mondo qtessdssgsptcmzseuadddicrtnagzgtdncksceantmp

Persone citate: Roncoroni, San Bernardo, Tristano

Luoghi citati: Eloisa, Europa, Francia, Parigi