Le scelte primarie del piano chimico
Le scelte primarie del piano chimico Il progetto passato lunedì al Cipe Le scelte primarie del piano chimico Due criteri fondamentali: razionalizzazione dei centri esistenti e concentrazione dei nuovi impianti in Sicilia - I compiti delle aziende pubbliche e delle imprese private Due erano i criteri fondamentali del «piano chimico», presentato lunedì all'approvazione del Cipe: la razionalizzazione dei centri produttivi esistenti, così da por fine ai troppi casi d'impianti inferiori alle dimensioni economiche (almeno 400 mila tonnellate all'anno di capacità produttiva in termini di etilene); la prevalente concentrazione in Sicilia dei nuovi impianti di produzione, così da rendere possibile il collegamento mediante «etilenodotti». Non è stato facile realizzare un compromesso fra i vari interessi in gioco, ma alla fine l'intesa è stata raggiunta, almeno sulla carta; si tratta ora di vedere se reggerà alla prova dei fatti. Il maggiore dissenso riguardava la priorità accordata dai programmatori alla Sicilia: la Montedison avrebbe preferito impegnarsi in Sardegna, più precisamente nella zona di Cagliari; la Liquichimica, una società controllata dalla Liauigas, che nei mesi scorsi si era fatta avanti, fra la sorpresa generale, con progetti assai ambiziosi, chiedeva di poter operare a Sibari. Il Cipe ha respinto le due alternative.ribadendo la scelta siciliana. In cambio, ha autorizzato la Montedison a espandere la produzione di etilene nell'area nord-orientale: oltre all'entrata in funzione, all'inizio del 1972, di un nuovo steam-cracker a Porto Marghera (da 250 mila tonnellate), si prevede per il 1975 il raddoppio di tale impianto o la costruzione, sempre nel quadrilatero Marghera, Mantova, Ferrara, Ravenna, di un nuovo stabilimento da 400 mila tonnellate l'anno. La stessa Montedison potrà aumentare a 400 mila tonnellate la capacità dello stabilimento di Brindisi, oggi in fase di espansione a 360 mila, e a 630 mila tonnellate quella dell'impianto siciliano di Priolo, destinato ad essere collegato con gli impianti Eni di Gela e Ragusa. Il Cipe ha inoltre deciso di creare in Sicilia, entro il 1976-'77, un nuovo steam-cracker di grosse dimensioni (con una capacità iniziale di almeno 500 mila tonnellate di etilene) e d'invitare ad accordarsi, per la sua costruzione, Montedison, Anic (del gruppo Eni), Sarp e Liquichimica. La Sarp è una- società mista, il cui capitale appartiene per il 70 per cento all'ente minerario siciliano (controllato dalla Regione) e per il resto alla Sir, l'impresa che ha grossi investimenti a Porto Torres e grosse partecipazioni nella Rumianca (tanto che si parla comunemente di gruppo Sir Rumianca). In sede di definizione del piano chimico, questo gruppo ha ottenuto l'aumento dello stabilimento di Porto Torres a una capacità di 300 mila tonnellate; l'aumento alla stessa dimensione dell'impianto Rumianca di Assemini (presso Cagliari) entro il 1975 e la garanzia, fino al 1975, di forniture adeguate di etilene da parte della Montedison. Un'analoga garanzia è stata data alla Liquichimica, per quanto riguarda l'etilene e il propilene, sempre ad opera della Montedison. mentre l'Anic si è impegnato a cedere cloro. In cambio di queste forniture Liquichimica e Sarp si sono impegnate ad accordarsi con Montedison e Anic per la costruzione del grande impianto già citato, da ubicare in Sicilia d'intesa fra il Cipe, le aziende interessate e la Regione siciliana. Questa rete di auspicati accordi fra imprese pubbliche e private sottolinea la preoccupazione dei programmatoli di evitare, nei limiti del possibile, doppioni ed eccessi di capacità che inciderebbero, fra l'altro, sulla competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali. Il conìrollo degli investimenti nella produzione di etilene serve, indirettamente, anche a controllare gli investimenti nella produzione di derivati dall'etilene. E poiché le domande già presentate a questo proposito prevedono incrementi che superano di gran lunga i fabbisogni prevedibili al 1975, ben si comprende la preoccupazione di rivedere tutte le richieste d'incentivi già presentate dalle aziende per valutarne la compatibilità con gli obiettivi del piano chimico approvati lunedi. Ciò non significa che il Cipe, nonostante la crisi attualmente attraversata da quasi tutte le imprese chimiche europee, abbia proceduto o abbia in progetto, riduzioni degli investimenti inizialmente previsti. Si pensa anzi che, dopo un quinquennio di ristagno, gli investimenti dell'industria italiana debbano riprendere al più presto, e con vivacità, per riguadagnare, se possibile, una parte del terreno perduto. Arturo Barone Ni (cshzdCrnzgtqmè'7dccnzaledhsccrtg 7 programmi spaziali Non a fondo perduto i miliardi per l'Esro (Nostro servizio particolare) Roma, 7 dicembre. (g. m.) Il ministro per il coordinamento della ricerca scientifica, sen. Ripamonti, ha reso noto che l'approvazione, avvenuta ieri, delle indicazioni da lui presentate al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione) comporta la partecipazione dell'Italia anche ai programmi esecutivi del progetto internazionale Esro, ai quali aveva già aderito in materia di ricerca scientifica. La partecipazione italiana è di 5,9 miliardi di are nel '72, di 8,2 miliardi nel '73 e di 9,4 miliardi nel '74. L'accordo prevede che la partecipazione comporti un ritorno in Italia dei fondi stanziati, attraverso commesse alle nostre industrie. Lo sviluppo della nostra partecipa¬ zione alle ricerche spaziali internazionali giustifica la decisione del Cipe che il centro di ricerca per l'aviazione, da creare nel Sud, sia attrezzato anche per le ricerche spaziali, con una concentrazione di ricercatori (che è più produttiva) e di mezzi.
Persone citate: Anic, Arturo Barone, Priolo, Ripamonti
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