Gli inglesi ci guardano di Mario Ciriello

Gli inglesi ci guardano L'INGRESSO DELLA GRAN BRETAGNA NELLA COMUNITÀ Gli inglesi ci guardano « La nuova Inghilterra — ha detto Heath — sarà europea non solo nella politica, ma nello spirito » - Il governo ordina di studiare il francese, l'italiano e il tedesco - Che cosa pensano i sindacati, gli uomini politici, i magistrati, gli studenti - «Dobbiamo costruire tre Europe: politica, economica, militare» - Le riserve sulla «burocrazia» di Bruxelles: « E' troppo macchinosa, deve diventare più flessibile » - I giovani sperano in un vero Parlamento europeo (Dal nostro corrispondente) Londra, 4 dicembre. Ogni mattina, da poco più. di una settimana, 48 funzionari dello Stato escono dai loro ministeri, attraversano Whitehall e scompaiono in una palazzina accanto al Parlamento. Una passeggiata di due minuti. Non vi è nulla di segreto in questa riunione: i 48 funzionari vanno a scuola, vanno a perfezionare il loro francese. «E' un corso di tre mesi, molto severo — i spiega l'insegnante. — Un'ora e mezzo di lavoro in classe, poi compiti a casa ». S'insiste molto sulla pronuncia. Due parole ven¬ gono imparate correttamente fin dalla prima lezione: « Europe » e « marche commun ». Il premier Heath ha mantenuto l'impegno assunto con Pompidou. « La nuova Inghilterra — promise — sarà europea non solo nella politica, ma anche nello spirito ». Mai s'è vista riforma varata con tanta speditezza. Il governo ha ordinato di accrescere « ovunque sia possibile » lo studio del tedesco, dell'italiano e soprattutto del francese (non per nulla è nata una nuova entente cordiale) e i 48 funzionari diverranno presto 700. D'ora e in poi, almeno sette bambini su dieci faranno la conoscenza del francese alle elementari. Sono passati pochi anni da quando gli inglesi credevano che « se urli abbastanza a lungo gli stranieri ti capiscono ». L'Inghilterra cambia e si ' accinge ad affrontare il suo « destino europeo » con una serietà e uno slancio che i continentali sottovalutano. Non bisogna lasciarsi impressionare troppo dai sondaggi secondo i quali la maggioranza è ancora antiMec. Le istituzioni britanniche mutano lentamente, ma l'inglese ha assorbito in pochi giorni la « decimalizzazione » delle monete, accetta il sistema metrico delle misure. Nascono nuovi interessi, come quello che la magistratura mostra adesso verso la Corte europea di giustizia. Accenni di flessibilità affiorano nei luoghi più impensati, basta scavare. Sono al Tue, il Trades Union Congress, la confederazione sindacale. La posizione ufficiale è duramente anti-Mec, le Unions si sono pronunciate contro l'ingresso nella Comunità, otto milioni di no contro due milioni di sì. «Ma cosa farà il Tue — domando — dopo il primo gennaio '73, quando la Gran Bretagna, si presume, sarà nella Cee? ». Si apprende allora che « naturalmente » il Tue non potrà « ignorare il fatto », che i suoi interessi vanno protetti, che suoi rappresentanti siederanno nelle speciali commissioni a Bruxelles. Il potere del Tue è relativo, sono i grossi sindacati a imporre il ritmo della marcia, ma è un passo avanti. Debolezze Che tipo d'Europa vogliono gli inglesi? Le risposte | sono pressoché eguali, provengano dai ministri o dai giornalisti, dagli europeisti del Labour Party o dai giovani. Harold Lever. esperto finanziario, ex ministro laborista e ora nel « gabinetto ombra ». mi dice: « Dobbiamo lavorare per costruire parallelamente tre Europe. Una economica, ima politica, ed una capace di contribuire maggiormente alla propria difesa. L'importante è che si stabilisca una parità di condizioni ». Questa la premessa. Ma è avvenuto qualcosa che lui indotto gli architetti inglesi dell'Europa a ristudiare i loro piani. I lunghi negoziati con i Sei hanno messo in più chiara luce non solo le doti della Cee, ma anche le sue debolezze: e la crisi monetaria Ita tolto altri veli. « Ancora un anno fa — mi dice un alto funzionario — il Mec ci appariva come un motore versatile e possente, oggi ci rendiamo conto che è un meccanismo più mode sto ». Non sono sfuggite qui le parole di Dahrendorf, commissario della Cee. sul negoziato con l'America: « Non sono affatto sicuro che noi siamo pronti politicamente o anche intellettualmente ». Il direttore del Times. William RecsMogg. teme che l'unificazione possa essere ostacolata da avversità economiche, esterne o interne. La sua ricetta per il futuro? « Evitiamo, in Europa, i problemi politicamente più spinosi. Procediamo dal facile al difficile. Le questioni mo¬ nenfqetDn netarie interne dovrebbero essere lasciate per ultime ». Altro colloquio in un ministero. « Ci sarà molto da fare, e rifare, per costruire quelle tre Europe, politica, economica e militare. In certi settori, vi è il deserto ». Difesa, ad esempio. Londra già si lagna che i suoi partners riluttano dall'affrontare il problema, reso più urgente dall'insistenza Usa per « distribuire l'onere » e dall'insistenza russa per una conferenza sulla sicurezza europea. L'Inghilterra considera « inevitabile » la costituzione nei prossimi anni di una «organizzazione difensiva europea». Già considera probabile una modifica in America della legge Mac- Mahon. Ciò estenderebbe alla Francia la cooperazione nucleare adesso limitata agli Stati Uniti e all'Inghilterra. Europa economica. Certo, Londra vuole l'unione economico-monetaria, vuole una valuta europea, ma vuole anche altre cose. Vuole una radicale riforma della politica agricola comunitaria (« L'attuale si sta sfasciando e non basta rappezzarla — sostiene Lever — ne occorre una nuova »); vuole che la «Grande Europa » assuma energicamente l'iniziativa per ridurre, in tutto il mondo, gli ostacoli ai commerci. La libertà degli scambi è più vitale per gli inglesi degli accordi monetari (« Preoccupiamoci meno delle fluttuazioni e più delle esportazioni »). Con gli inglesi, l'unione economico-monetaria potrebbe essere più lenta, più gradualista, ma forse più solida. Flessibilità Europa politica. Londra non ama molto Bruxelles. Il Times, irritato dall'insoddisfacente accordo sulla pesca, considera « ignominioso » cTze dei ministri degli Esteri debbano restare alzati tutta notte a discutere punti altamente tecnici, e tuona: « Questa burocrazia è troppo macchinosa, deve divenire più flessibile ». Il Foreign Office sostiene che non vi sono ancora piani precisi per la riforma (si dice solo che bisogna « rafforzare » e « democratizzare » tutte le istituzioni), ma si sa che, nell'attesa di un rinnovamento, Heath favorirà consultazioni e decisioni inter-governative. Manca ancora un anno alle nozze con il Mec, e tutti i piani sono necessariamente vaghi. Alcuni sviluppi sono però già visibili, inevitabili: una Comunità arricchita dall'Inghilterra non solo potrà avanzare più decisamente sul fronte tecnologico, ma vedrà irrobustite col tempo le sue istituzioni. Per i giovani europeisti britannici vi è una tappa obbligatoria, l'elezione di un genuino Parlamento europeo. John Watson, 28 anni, presidente nazionale del « giovani conservatori », dice: « Procediamo pure passo passo, ma cerchiamo fin dall'inizio di far partecipi gli europei dell'Europa ». Mario Ciriello e l a , j i n | n a l a a i Londra. I prati di Hyde Park, tradizionale ritrovo dei giovani nelle prime ore del pomeriggio (Foto Team)

Persone citate: Dahrendorf, Harold Lever, John Watson, Lever, Mahon, Pompidou, William Recsmogg