Così mi hanno espulso da Cuba

Così mi hanno espulso da Cuba È rientrato stanotte in Italia il nostro inviato Giorgio Gandolfi Così mi hanno espulso da Cuba Quindici minuti per lasciare L'Avana - L'accusa: avere scritto che alcuni azzurri del baseball erano denutriti per la mancanza di carne e pasta ■ Il ritorno attraverso Gandor, Praga e Zurigo - Nemmeno il tempo di prendere il vestiario (Dal nostro inviato speciale) Zurigo, 1 dicembre. Sto rientrando in Italia, con un volo Avana, Gandor, Praga, Zurigo, Milano: sono stato espulso da Cuba per avere scritto che «alcuni azzurri del baseball erano denutriti per la scarsa assuefazione al cibo locale e la mancanza di carne e pasta». Il direttore della stampa cubana, organo governativo, mi ha concesso quindici minuti di tempo — tre dei quali impiegati per leggermi la motivazione della mia cacciata — perché lasciassi L'Avana. Una critica alla cucina dell'albergo è stata interpretata come un'offesa al regime di Cuba. Da quattro giorni ero praticamente sotto accusa, da quando cioè dall'Italia era rimbalzata a Cuba, tramite l'agenzia Ansa ed altri organi internazionali di stampa, la traduzione di uno dei servizi inviati dall'Avana, quello riguardante l'incontro con il Messico. Secondo la traduzione in spagnolo, riportata con grossi titoli da quasi tutti i giornali del Sudamerica, «gli italiani avevano perduto contro il Messico perché si trascinavano per il campo come fantasmi famelici». Era un'interpretazione molto fantasiosa o addirittura paradossale della parola «denutriti»; e avrebbe fatto sorridere, se non avesse scatenato tanta attenzione e così vive polemiche sul continente americano. Felice Ruiz, direttore delle relazioni internazionali cubane, ha subito convocato Aldo Notari, vice presidente della «Federbaseball», invitandolo a smentirmi. Il dirigente italiano ha potuto rispondere soltanto che io non facevo parte, così come gli altri giornalisti, della delegazione italiana. Caso strano, nella stessa serata dopo due settimane a base di uova, baccalà, zuppette di ceci e «pescado» (con l'apparizione di una porzione di pollo definita dai giocatori azzurri «carne d'avvoltoio») è stato servito un piatto di carne. La sorpresa è diventata una consuetudine nei giorni seguenti. All'indomani l'accompagnatore della squadra italiana, che assisteva alle nostre spalle all'incontro con il Canada sul campo di Matanzas, allorquando i canadesi realizzarono il punto del successo, esclamò: «Perdete anche se mangiate bistecche». La mancanza di carne e pasta, avvertita anche dagli schermidori italiani partecipanti all'Avana ai mondiali («li abbiamo nutriti noi per due settimane» ci hanno raccontato all'ambasciata) e recentemente dalle ginnaste, ha messo in difficoltà anche gli azzurri del baseball, sottoposti oltretutto a pesanti spostamenti attraverso l'isola, con sveglia alle sette e rientri all'Avana verso lo due-tre di notte. Giocando tutti i giorni, con un vitto insufficiente o sgradito, il rendimento della squadra non poteva che essere scarso. Soltanto contro il Portorico, cioè nella giornata inaugurale, l'Italia ha reso secondo le sue possibilità, bloccando gli avversari sull'uno a zero, sorprendendo i cinquantamila tifosi di Cuba presenti all'incontro. Per un turista baccalà, zuppette, «pescado» e un gelato possono essere anche più che sufficienti (ammesso che sia disposto a pagare diecimila lire al giorro di pensione, senza possibilità di scelta); per un atleta, indubbiamente no. Soprattutto per autentici \ dilettanti come gli azzurri, che più dei giocatori di altri Paesi hanno risentito le fatiche dei mondiali, non avendo la lunga preparazione dei concorrenti. Cinquanta giocatori cubani erano in ritiro da quaranta giorni: si possono considerare dilettanti? I canadesi essendo in pieno inverno, si erano allenati per due mesi in Messico, presentandosi poi ai mondiali con due giocatori professionisti, smascherati per altro dall'allenatore di Panama, il quale aveva avuto occasione di giocare con loro in una Lega statunitense. Così si spiegano i capogiri di Laurenzi, il nostro miglior battitore in campionato, il quale invece u Cuba, su venti presenze alla battuta, è riuscito a colpire soltanto una volta in modo valido. Lo stesso vale per Bertoni, crollato dopo tre riprese contro il Messico, Passarotto ed altri ancora. Silva ha avuto addirittura una discussione con il presidente Beneck, che gli aveva crudamente rimproverato la frase: «Ragazzi, brindiamo, mancano dieci giorni all'alba», cioè al rientro in Italia In queste condizioni con che spirito può giocare una nazio naie? Al seguito degli azzurri c'era un fotografo, ospite della federazione, ma non un medico; e la persona che avrebbe dovuto sostituirlo era completamente sprovvista di vitamine od altri energetici. La «Prensa latina», cioè l'agenzia di stampa governativa, nella protesta contro il mio servizio, mi ha posto la secca alternativa: o smentire il cablogramma inviato in Italia, o essere espulso. E' possibile, mi chiesero, che un cablogramma possa essere male interpretato? Certamente, risposi; in teoria è possibile «Allora a Torino sarà successo cosi?». « No. Non è nelle consuetudini del mio giornale deformare la realtà dei fatti», risposi. «Lei ha scritto — fu aggiunti — che i cubani hanno visto di malocchio la squadra azzurra». «Non è assolutamente vero. Su La Stampa sono apparsi titoli di due o tre colonne sull'eìitusiasmo degli sportivi dell'Avana nei confronti dell'Italia». Avendo confermato quanto era apparso su La Stampa, specificando anzi che, secondo il mio parere, la squadra italiana aveva reso al quaranta per cento delle sue possibilità per il cibo, la stanchezza e la disorganizzazione, sono stato invitato a lasciare risola senza la possibilità di avvisare l'ambasciata (che è stata ugualmente informata da un collega e che ha avuto modo di manifestare la sua sollecitudine), né il tempo indispensabile a portar via il vestiario. Sono partito con una maglietta estiva e con il cappotto sulle spalle. Il primo aereo che lasciava Cuba andava in Canada: dopo sette ore di volo sono giunto nell'aeroporto di Gandor, nel pieno di una bufera di neve. Dopo cinque ore — era ormai mezzanotte di lunedì — ho ripreso il viaggio verso l'Europa su un aereo ad eliche, il «Britannia», i cui piloti, dopo sedici ore di volo, atterrando nella nebbia di Praga si sono accorti all'ultimo momento di essere in fondo alla pista. Poi un'altra tappa a Zurigo; telefonato il servizio, ripartirò per l'Italia. Giorgio Gandolfi ♦

Persone citate: Aldo Notari, Beneck, Bertoni, Felice Ruiz, Giorgio Gandolfi, Laurenzi, Passarotto, Silva