Dalla Juventus del quinquennio al "Grande Torino,, di Superga di Paolo Bertoldi

Dalla Juventus del quinquennio al "Grande Torino,, di Superga Dalla Juventus del quinquennio al "Grande Torino,, di Superga Due favolosi momenti nella storia delle squadre torinesi - Quando Orsi faceva strage di biciclette con i suoi tiri «zembati» - Gli anni d'oro dei bianconeri - Gli assi di capitan Valentino Mazzola sconfitti soltanto dal destino Com'era il Torino del 1920, con il trio Baloncieri-Libonatti-Rossetti? Parla. Baloncieri, l'alessandrino spesso considerato nativo di Rosario di Santa Fe per uno strano equivoco: « Sono venuto al mondo a Castel CerioIo presso Alessandria, nel 1897, ma quando ancora ero un ragazzino, mio padre si trasferì, con tutta la famiglia, in Argentina. Perciò hanno parlato di me come di un oriundo. In realtà sono un emigrante. Nel '14, proprio come Rivera, ho esordito in maglia grigia come ala sinistra. Nel '20 sono entrato in Nazionale. Al Torino sono arrivato ormai ventottenne, in tempo comunque per vivere uno straordinario periodo. Con Janni alle spalle, con due ali veloci su cui aprire il gioco, con Libonatti, quando arrivò, e con Rossetti diventammo quella che oggi si definirebbe una macchina da gol. Segnammo otto volte a Reggio, vincemmo per undici a zero contro Napoli e Brescia. Battemmo ancora la Reggiana per quattordici a zero. Soltanto contro la Juven¬ tus le cose non erano semplici. Il primo derby di quel girone finale fu nostro, specialmente per la grande partita di Libonatti, cui rispose Combi con una serie incredibile di parate ». « Allora i portieri potevano muoversi prima del tiro sul penalty. Il grande difensore juventino mi parò un rigore. Io avevo cercato di piazzare un colpo di astuzia, ma Combi con una controfinta nel piazzamento, riuscì ad arrivare sul pallone ed a salvare la porta. Nel secondo confronto di stagione fummo sconfitti. Segnò dapprima il solito Libonatti, poi Vojak pareggiò e Rosetta, ricordandosi delle sue origini di attaccante centrò il pallone decisivo. Per me, comunque, la squadra del trio è la più brillante vista prima del girone unico. Poi la Juve del quinquennio ed il Grande Torino si disputano la fama dei migliori. Non credo si possano far paragoni. La Juve aveva un complesso di valori tecnici insuperabili in senso assoluto, il Torino di Superga era l'unità più equilibra- ta, moderna e forte per i tempi ». Il lungo romanzo del derby ha una pausa nel '2S-'29, quando lo scudetto toccò al Bologna. Riprende con veemenza pochi mesi dopo. Il titolo va all'Ambrosiana Inter. E' un titolo importante poiché per la prima volta si adotta, in campionato, la formula più sportiva del girone unico. Juventus e Torino evitarono di danneggiarsi. Due zero a zero conclusero il duplice incontro. Ai juventini erano giunti formidabili rinforzi: Cesarini ed Orsi, la stella di Amsterdam, che era dovuto rimanere un anno inattivo, prima di ottenere il tesseramento. Ho rivisto Orsi due volte di recente. E' venuto dapprima in Italia, trascinato da ima nostalgia inguaribile. Guardava Torino con gli occhi di allora, ma i giovani non sapevano chi fosse quel signore distinto, completamente incanutito, che pateticamente si illudeva: « Potrei essere molto utile, come trainer od osservatore ad una squadra italiana ». Dopo i settant'anni e talvolta anche prima, in questo mondo tecnologico, nessuno è più utile a nessuno. Orsi rivisse ancora una parentesi di football italiano, quando il Milan andò in Argentina a vincere il titolo intercontinentale. Mumo percorse in macchina con un amico 1000 chilometri da Mendoza a Buenos Aires. «Sono sempre in forma » ripeteva. Ricordiamo pure la prima apparizione della stella di Amsterdam nel 1929 sul campo di corso Marsiglia. Or.si, quel giorno, fece una strage di biciclette. I motoscooters dovevano ancora essere paracadutati nella vita attuale (questi motorini sono stati inventati infatti per le truppe aviotrasportate sul finire dell'ultimo conflitto). I ragazzi andavano ad ammirare gli allenamenti in bicicletta. Orsi tirò fuori dai suoi scarponi da football la sorpresa dei palloni « zembati » che dalla bandierina, con una parabola curva, entravano in rete. Tiri come quello di Chiarugi, domenica scorsa in Fiorentina-Torino. Allora nessuno se li aspettava. Quando erano troppo alti piombavano sulle ruote delle biciclette sistemate dietro la porta di Combi, insieme con i loro proprietari. Con lire una e cinquanta centesimi di riparazione ai raggi, molti giovani tifosi ebbero la gioia di vedere i primi calci di Orsi, il giocatore che con il suo arrivo contribuì a segnare la fine degli anni felici per i sostenitori granata. La stagione successiva dava il via al quinquennio ed anche i derby ne risentono. Munerati e Cesarini realizzano le reti del due a zero del 1930 e nel retour match è molto per i granata riuscire a contenere sull'uno a uno (gol di Ferrari e Libonatti) la superiorità di un undici che doveva vincere il primo dei suoi cinque titoli consecutivi e segnare in campionato ed in Nazionale un'epoca indimenticabile nella storia del football italiano. Per lo scudetto del torneo seguente divenne centromediano dei bianconeri Monti; giocò anche Magli, il quale però preferì ritornare precipitosamente in Argentina, ai primi sintomi di tempi difficili. Uno zero a zero ed un tre a zero incominciano a delineare la superiorità della Juve che in seguito « trova » anche Bo¬ rpnFu rei e schiera lo squadrone più completo del quinquennio. Proprio Borei realizza al Filadelfia, nel dicembre '32, una rete indimenticabile. La formazione che suscita ancor oggi un'ondata di orgogliosa commozione nei juventini da cinquant'anni in su era: Combi, Rosetta, Caligaris, Varglien, Monti. Bertolini, Sernagiotto (o Munerati), Cesarini (o Varglien II). Borei (o Vecchina), Ferrari, Orsi. « La Juventus — ricorda Ferrari — tecnicamente mi appariva perfetta, equilibrata in ogni reparto e dava l'impressione di essere insuperabile in difesa. Non cercava i grossi punteggi, ma lanciava in contrattacchi micidiali ora Borei ora Orsi ». Inutile aggiungere che nel '33-'34, anno del trasferimento bianconero all'attuale stadio comunale, i derby, per quanto aspri, non diedero dìsillusioni ai tifosi dei campioni. Due vittorie (4-0 e 2-1) poi un pareggio ed un successo (1-1 e 3-1) concludono la serie degli scontri del quinquennio. In queste ultime stagioni di gloria si fa luce Depetrini, che più tardi doveva dare vita ai famosi duelli con Ferraris II (allora i mediani giocavano sulle ali). Si era però ritirato con la fama di campione del mondo Giampiero Combi sostituito da Vallinasso, ed anche Orsi e Cesarini avevano preferito allontanarsi dal clima eroico della guerra d'Africa, per tornare in Argentina. Nel derby i bianconeri fecero sentire ancora l'orgoglio del nome e portarono ad otto anni il periodo di imbattibilità nei confronti dei rivali. Soltanto nell'ottobre del '36 la serie d'oro finì. Galli con la rete dell'uno a zero fece ammutolire di delusione i tifosi juventini del Comunale. Le vicende del campionato hanno poi una brusca svolta. Presentano un breve periodo di risultati alterni fino alla stagione '42-43: ultimo campionato regolare disputato nonostante la seconda guerra mondiale ed inizio del Grande Torino, che naturalmente si affermò in entrambi i derby. La squadra aveva già Loik. Gabetto (passato dai bianconeri ai granata insieme a Borei), Mazzola, Ferraris II ed Ossola. Si ripresentò, appena finito il conflitto, affermando si nel girone finale. L'intelaiatura base era, come tutti sanno, Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castìgliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris (che nel '48 doveva poi cedere definitivamente il posto ad Ossola). Tolto Ferraris, sono tutti scomparsi a Superga. In quegli anni disputarono anche gare in maglia granata Rosetta, poi centromediano della Fiorentina e della nazionale, Martelli, Fabian, Bongiorni, Schubert ed altri. Il Torino si affermò come campione ininterrottamente dal '46 al '49 quando lo stroncò la tragedia. Paolo Bertoldi (III. continua) Valentino Mazzola