Dall'Arialda alla pittura

Dall'Arialda alla pittura LE MOSTRE D'ARTE Dall'Arialda alla pittura I quadri di Giovanni Testori - Due importanti esposizioni dedicate a Licini e Alfieri Una sorpresa: Giovanni Testori pittore, fatta da Mario Tazzoli con 23 tele al pubblico della « Galatea » (via Vela Hi, un pubblico abbastanza collo per conoscere il Testori critico d'arte antica e moderna, l'ispirato saggista del « Gran teatro montano », cioè il poetico interprete della coralità estetica ed umana del Sacro Monte di Varallo, il drammaturgo, il romanziere, il poeta; ma forse non altrettanto aggiornato su un segreto esercizio già dal medesimo artista tentato nella prima giovinezza, mai interamente tralasciato, e da qualche tempo ripreso con straordinario ardore, con dedizione appassionata a un impegno che ora certo egli ritiene preminente —■ e lo è — nella storia più sincera della sua vita; e con risultati tanto più alti quanto meno attesi. Questa storia, del resto, apparirebbe affascinante come « caso » di assoluta coerenza affettiva e creativa, se vi fosse qui spazio per narrarla: per dimostrare che il rivendicatore delle umanissime glorie dello Spahzotti e di Gaudenzio Ferrari opposte alle mitologie degli «uomini d'oro» del Rinascimento, il fraterno esegeta dei Manieristi lombardi e piemontesi combattuti tra imperativi controriformistici e spontaneità di sentimenti evangelici, il compagno di strada del Ceruti descrittore del mondo dei « pitocchi », e infine lo scrittore del « Ponte della Ghisolfa » e dell'« Arialda », il poeta di « Per sempre », non poteva dipingere diversamente da come son dipinti questi quadri. E' una pittura che con la sua corposità di inconsueti spessori plastici, col peso di una materia cromatica trattata a guisa d'un collage di colore giustapposto a colore, si dichiara anzitutto una presa di possesso, perentoria e vorace. Infatti, questa pittura di pasta chiarissima, al limite talvolta del bianco puro interrotto però da vivacissimi inserti di diverso timbro, appare nient'altro che la confessione più esplicita della costante volontà di Testori d'impadronirsi d'una realtà tìsica per trasformarla in una realtà morale. Ancora una volta, dipingendo semplici immagini di atlèti, un flore, un. oggetto, egli dimostra l'efficacia della lezione antica, ma da lui interpretata .-con' sensi moderni, dèi maestri del realismo che ha cosi a lungo ed amorosamente studiato, ★ ★ Al gracile mistero poetico di Osvaldo Licini (1894-1958) il pubblico torinese che ricorda le mostre di « Francia-Italia» (1957) e alla Galleria civica d'arte moderna (1968) può ora riaccostarsi nelle saie della « Narciso » di piazza Carlo Felice 18, dove sono riunite 60 opere del pittore di Monte Vidon Corrado, presentate sul catalogo da Marzio Pincttini. Osiamo dirlo « gracile », quel mistero fantasticamente intessuto delle bizzarre figure da lui battezzate Angeli ribelli, Amalassunte (con due s. chi sa perché), o di simbologie seleniche, malgrado il livello altissimo sul quale una seria critica, da Marchiori a Zeno Birolli, da Valseceli! a Carluccio. da Fagiolo a Santini, da Aldo Passoni a Paolo Fossati (quest'ultimo nel libro adesso uscito da Einaudi, L'immagine sospesa), l'ha posto,collocando Licini tra i maestri della pittura europea contemporanea. Sono note le sue tappe espressive: naturalismo dal 1915 al '30, astrattismo nel decennio seguente, poi il libero corso di un'immaginazione minuta, per certi lati ermetica, a parer nostro da ricollegare con Klee, anche se Licini, polemizzando con Carrà, la indicava desunta da Cézanne, Van Gogh, Matisse. Sbaglieremo, ma non siamo convinti di tanta grandezza, se mai fatta di seduzioni più letterarie che pittoriche. E più che nei segnetti ammiccanti delle sue «Lune» (che , valgono milioni) vediamo il vero pittore in certi suoi paesaggi marchigiani del periodo naturalistico. * ★ Una mostra imponente di Attilio Alfieri, marchigiano nato a Loreto nel 1904, si presenta nel palazzetto al Valentino della Società promotrice di Belle Arti come un riepilogo dell'intera attività d'un pittore eccezionalmente versatile che sul catalogo è dal presentatore giustamente consideralo un precursore di alcuni aspetti della Pop Ari. Queste sue anticipazioni risalgono addirittura agli Anni Trenta, quando l'Alfieri, per necessità pratiche, si dedicava con successo alla cartellonistica pubblicitaria con soluzioni geniali che tanto più tardi sarebbero apparse in un Rauchenberg linguisticamente innovatrici. Alfieri non si è mai lasciato travolgere dai deliri figurali dell'americano, ma la sua originalità grafica s'impose ugualmente in vari manifesti composti per le Triennali milanesi, lodati da Persico e da Giolli. Anche precorse, pur in upchannsuebpdMnbusmzacliplaL una solitudine che ostacolò per anni la vasta rinomanza ch'egli merita, la polemica antiretorica del gruppo milanese di « Corrente », e alcuni suoi quadri qui esposti, per esempio II portinaio e Ambiente strano, del '33 e '34, preannunziano quelli di Badodi e Birolli del '38 e '40. Ma le doti pittoriche più genuine di Attilio Alfieri ci sembrano manifestate attraverso un gusto cromatico che plasma la forma con padronanza splendida e alterna la ricchezza degli impasti, la malinconica finezza dei toni plumbei con gli «acuti» squillanti del colore puro. mar. ber.

Luoghi citati: Loreto, Monte Vidon Corrado, Sacro Monte, Varallo