II manicomio agonizza di Franco Giliberto

II manicomio agonizzaGiudizio di Basaglia, psichiatra d'avanguardia I II manicomio agonizza L'assistenza di settore potrebbe dargli il colpo di grazia - Basaglia: «Non si può cominciare a occuparsi dei malati nuovi, lasciando in deposito i vecchi - Bisogna partire dall'ospedale psichiatrico: la collettività deve riabilitarlo, con i suoi malati » « Un'amministrazione pubblica, prima in Italia, ha avuto il coraggio di scardinare le disumane strutture del manicomio, per dar vita a nuovi, funzionali metodi di assistenza psichiatrica ». Questo potrebbe essere, fra cinque o dieci anni, il commento all'attività « qualificante» della Provincia di Torino, impegnata dal 19fi!l nel programma della « psichiatria di settore ». Ammesso che i suoi piani vadano a buon fine (cioè a vantaggio dei malati di mente) e sia superata l'odierna fase sperimentale con le polemiche che ne sono nate. Ciò eh; si sta tentando di fare a Torino va consideralo soprattutto per l'imponenza dell'annunciata innovazione. In Italia ci sono già state sporadiche iniziative per mutare la renila manicomiale e gli abbrutimenti che genera. Ma (eccetto la comunità terapeutica di Basaglia, nel manicomio di Gorizia, con 700 malatii sono maturate sempre fra piccoli gruppi. Dove era facile «manovrare» cinquanta o cento ricoverati al massimo, ottenendo per molli di loro riabilitazioni definii ive o comunque di lusinghiera durata. I reparti di Collegno, Grugliasco, Savonera, via Giulio e le ville Regina Margherita non possono invece esser considerati una « realtà manicomiale » di piccole dimensioni. Ospitano mille schizofrenici, mille fra psicotici dell'età involutiva, etilisti e maniaci depressi, mille fra paranoici, sifilitici del sistema nervoso, epilettici, parafrenici e malati di varie forme di nevrosi. Una massa di persone che un giorno potrà in gran parte essere curata e guarita — dice la Provincia — fuori dalle mura e dalla desolazione del manicomi grazie alla « psichiatria di settore ». Cioè a un'assistenza decentrata, da praticarsi « nel vivo » della città suddivisa in zone, ciascuna dotata di presidi sanitari ed èqui/ics di specialisti. Per queste ragioni l'esemplo di Torino potrebbe divenire trainante per lutti i manicomi d'Italia: solo che 11 programma della Provincia riuscisse a verificare nella pratica le enunciazioni di principio' e la bontà delle, innovazioni terapeutiche oggi ln embrione. Ma gll ostacoli e i dubbi non sono pochi. Sono noie, la recente polemica della Provincia con 11 ministro della Sanità Mariotti; la presa di posizione della maggioranza del personale (1800 dipendenti circa) degli ospedali psichiatrici; le lesi di molti dei medici « disponibili » per l'attività di settore («Tutto è manicomio — affermano alcuni — dalla casa alla chiesa, nella misura in cui è repressione »). A ciò si aggiunge una recente dichiarazione del prof. Franco Basaglia. Di ritorno da Roma, dove s'erano incontrali con Mariotti « per un chiarimento delle posizioni in merito alla psichiatria di settore 11, alcuni sindacalisti hanno riferito un commento del noto psichiatra'sul programma della Provincia: « Quella di Torino è una classica iniziativa razzista n. Basaglia, a torto o a ragione, e considerato uno dei più « avanzati » esponenti della moderna psichiatria; non soltanto un abile teorico, ma un operatore che è sceso sul terreno dell'impegno concreto, con interessanti risultati terapeutici. Perché ha fatto questa affermazione? Lo raggiungiamo per telefono, a Venezia, dove lo psichiatra abita. « Non per cattiva volontà dei giornalisti — afferma Basaglia — ma mi e Quasi sempre accaduto di fare dichiarazioni e poi di vedere II mio pensiero travisato». Questa volta non accadrà, riferiamo testualmente. SI comincia dalla frase: « iniziativa razzista di Torino ». Dice Basaglia: il II discorso è molto plU ampio, ha significato soltanto se preso nella sua globalità. Quella frase, da sola, è priva di senso. Per l'attività di settore II problema è se sia giusto lasciare dentro l malati e cominciare il discorso con quelli "freschi". Io non sono d'accordo. Non ci sono malati psichiatrici c malati non psichiatrici. Quelli dentro gll ospedali psichiatrici sono logicamente malati psichiatrici. Non si può lasciare il "deposito" da una parte e cominciare con soggetti nuovi la nuova psichiatria. Le colpe del padri ricadono sui figli, quindi noi dobbiamo prendere "tutta" l'eredità del manicomio. In questo contesto io posso aver detto quella frase a Roma ». Aggiunge: « A Trieste da tre mesi è stato fatto un programma di attività extraospedaliera zonale. I malati sono 1200. tutti fanno parte del tessuto su cui operiamo. Cominciamo adesso, stiamo studiando l'argomento dal punto di vista urbanistico e sociologico. Il malato ha bisogno di prevenzione, trattamento e riabilitazione. Questo trinomio rappresenta il fondamento dell'approccio all'ammalato di mente. Non si può pensare alla riabilitazione senza jìcnsarc alta cura c alla prevenzione. Tutti coloro che sono dentro l'ospedale sono considerali per legge malati di mente. Quindi io Ito una problematica con ciascuno di loro, di ognu¬ no devo risolvere t problemi, senza possibilità di esclusioni. Praticamente, non dimettendo un malato clic lo considerassi in grado di vivere nella società commetterei un reato di sequestro di persona ». Professore, secondo lei questo pericolo esiste a Torino, dove a più riprese è stato dichiarato che metà dei ricoverati in manicomio potrebbero essere dimessi da un giorno all'altro, perché praticamente guariti? « Se sono guariti che II dimettano, o si trovi una soluzione adeguata. Ma non II lascino in manicomio, siano tolti dall'influenza della legge del 1904. Magari cambiando l'etichetta in eronicarlo, riabilitando il manicomio in definitiva ». Ma si dice che non si sa dove metterli, non ci sono strutture esterne che possano ospitare i «dimissibiliii, né tutte le famiglie (per chi ancora le ha) sembrano disposte a prenderli... «Questa ù la contraddizione nella quale si ricade quando non st affronta il problema netta suu totalità, ma con soluzioni parziali. Ripeto, r l'ospedale psichiatrico elle dev'essere preso in mano globalmente, e deve essere " riabilitato " dalla stessa collettività. Non si pud pensare alle innovazioni mettendosi alle spalle un tale carico di umanità. Del resto lo per primo, dopo aver fatto una denuncia della situazione manicomiale con ta comunità terapeutica di Gorizia, oggi razionalizzo Il discorso con la questione settoriale, di zona. Ma partendo dall'Interno dell'ospedale psichiatrico per cambiare tu meglio le cose ». Franco Giliberto

Persone citate: Basaglia, Franco Basaglia, Mariotti