Una lunga vendetta di Ferdinando Vegas

Una lunga vendetta ANALISI Una lunga vendetta L'assassinio del primo ministro di Giordania, Wasfi Tali, ò l'ultimo episodio cruento della lotta fratricida che da quindici mesi si combatte tra 1 Fedayin (come si usa designare i guerriglieri palestinesi) e re Hussein di Giordania. Per vendicare le centinaia e centinaia di compagni uccisi tra il settembre '70 e il luglio '71 dall'esercito di Hussein, i guerriglieri hanno colpito a morte l'«uomo del re», il fedelissimo servitore del suo sovrano, che era Wasfi Tali. Il commento di Al Fatah, la maggiore delle organizzazioni guerrigliere, è molto duro: «Crediamo che la sua sia la line naturale di uomini le cui moni si sono macchiate del sangue del popolo palestinese e di quello giordano». Tuttavia, nel contesto arroventato della lotta politi- ca, è un commento che si attaglia alla realtà dei fatti. Wasfi Tali non poteva ignorare, proponendosi di sterminare la resistenza palestinese, che cosi scendeva egli stesso in combattimento, assumendone tutti i rischi, compreso il rischio estremo. Dal re Abdallah, il nonno di Hussein, assassinato nel 1951, al primo ministro Al Maiali, ucciso nel '55, non è la prima volta, del resto, che personalità giordane pagano di persona le scelte fatte in politica interna ed estera. Wasfi Tali era stato nominato primo ministro dà Hussein, per la terza volta, il 28 ottobre 1970, subito dopo la guerra civile del mese precedente, durante la quale l'esercito regio aveva assestato il primo forte colpo ai guerriglieri palestinesi. Come «eminenza grigia» del re, però, egli non era estraneo neppure a questa prima fase dell'impresa, che poi aveva continuato, concludendola infine lo scorso luglio con lo smantellamento definitivo delle forze di resistenza, in parte uccise, in parte catturate, in parte ancora costrette alla fuga, persino in Israele. Hussein aveva espresso la propria soddisfazione. C'osi il primo ministro aveva eseguito alla lettera, secondo una sua esplicita dichiarazione, l'ordine impartitogli dal sovrano di condurre mi 'azione «audace e rude contro il pugno di ci'minali e cospiratori di proless:one che si servono del movimento dei commandos, per mascherare i loro atti di tradimento». Non meraviglia quindi che il presidente egiziano Sadat chiamasse Wasfi Tali il «carnefice» del movimento palestinese di resistenza; aggiungendo che egli avrebbe «pagato caro 1 suoi delitti», come infatti è avvenuto, proprio al Cairo. Ogni accordo, in realtà, era impossibile tra due antagonisti che si contendevano il potere sul medesimo territorio, la Giordania. La vittoria è toccata a Hussein non solo perché egli è stato più forte e abile, e ha fruito altresì dell'appoggio esterno (gli aiuti militari americani), ma anche perché i suoi avversari hanno commesso troppi errori, politici e militari, tattici e strategici. Se la resistenza palestinese è stata schiacciata con relativa facilità, lo si deve, più che ai carri armati e ai beduini del re, al fatto che essa aveva finito per chiudersi in una specie di isolamento dalla popolazione giordana, che quindi non si è mossa in suo aiuto. Gli scopi dei guerriglieri, inoltre, erano troppo ambiziosi: «Lottare su due fronti, contro Israele e Hussein», come aveva detto Arafat ad Alberto Moravia. Né le varie organizzazioni erano d'accordo tra di loro, altro che sulla lotta di liberazione della Pa lestina; non certo sulla rivoluzione sociale da diffondere, partendo dalla Palestina, c dalla Giordania, nel mondo arabo. L'assassinio di Wasfi Tali non risolve e nemmeno modifica questa situazione di fondo. Ferdinando Vegas F«drsad ILCAItlO 6 \* feS^ ARABIA \ '. SAUDITA \ EGITTO-

Persone citate: Abdallah, Alberto Moravia, Arafat, Fatah, Sadat

Luoghi citati: Cairo, Egitto, Fes, Giordania, Israele, Palestina