Ora i pakistani stretti d'assedio di Sandro ViolaEnnio Caretto

Ora i pakistani stretti d'assedio C^"c>i^i^ 1 t^ai^ac> gli scontri, c'è sempre minaccia di guerra Ora i pakistani stretti d'assedio Il Bangla Desh, soffocato mesi or sono nel sangue, ha ripreso forza con l'aiuto dell'India, che preme al confine orientale - New Delhi esige trattative dirette tra il Pakistan e gli autonomisti, e il ritorno in patria dei dieci milioni di profughi 1 misti otto mesi fa. prima che I Sero a ferro e fuoco il Ben ^ala Orientale per demolirne | la volontà autonomista. Mai reggimenti pakistani rnettes(Dal nostro inviato speciale) New Delhi, 26 novembre. La possibilità d'uno scontro aperto Ira India e Pakistan è ancora concreta. A renderla tale non son» tanto le sparatorie sui confini (ripetutesi anche oggi sia all'Est che all'Ovest) quanto la mancala evoluzione delle posizioni indiane, il fatto che esse restino, nella sostanza, intransigenti. In un discorso ai governatori degli Stati dell'Uniom.. il presidente della Repubblica Giri ha ripetuto oggi che l'India non vuol la guerra e che eviterà di farsi trascinare in una provocazione da parte pakistana. Nello stesso temilo egli ha però ribadito che la sola possibilità di soluzione della crisi è quella di una trattativa tra il maresciallo Vahya Khan e i responsabili della « Avvalili League », il cui primo passo dovrebbe essere la liberazione del « leader » bengalese Mujibur Rahman. Una soluzione di questa tipo non può, è evidente, essere accettata dal regime militare pakistano. La « Awami League » e Mu jibur Rahman erano autono oggi sono per l'indipendenza del Bengala, per un nuovo Stato (che ha già d'altra parte, il suo governo in esilio) e insomma per lo smembramento del «grande Pakistan». Essi non accetterebbero più, ora che hanno in piedi un'organizzazione armata di notevoli dimensioni (dai 40 ai 50 mila uomini) un'altra soluzione, salvo l'indipendenza. I generali pakistani sono disposti a tanto, e cioè, in pratica, a ritirare le truppe dal Bengala orientale accettando lo smembramento? Gli osservatori concordano nel pensare che no, che tutto questo è per ora impossibile. La posizione indiana s'identifica sempre più nettamente con quella degl'indipendentisti bengalesi. Nel suo discorso di ieri, il ministro della Difesa Jag.jivan Ram d'esponente più autorevole della linea « dura » nel governo indiano) non ha lasciato spiragli per accomodamenti che non siano la nascita del Bangla Desh. « Se il Pakistan non vuole la guerra deve far rientrare i dieci milioni di profughi, e se intende davvero farli rientrare deve concedere la indipendenza al Bangla Desh». Posizione già abbastanza ferma, cui il ministro ha credu to comunque di dover aggiun- ere un grave avvertimento al Pakistan: « Se mai le nostre Ione dovessero essere co¬ strette alla battaglia, questa non si svolgerebbe sul nostro suolo, ma su quello del nemico. A questo punto noi non ci ritireremmo più. e occuperemmo per sempre le zone lasciate in nostre mani ». E' tale fermezza dell'atteggiamento indiano, la sua impermeabilità ad ogni eventuale proposta o intervento internazionale, che aumenta le preoccupazioni nelle grandi capitali, Pechino compresa. L'autorevole Statesman, uno dei maggiori quotidiani di qui, mette oggi le mani avanti circa un possibile intervento dell'Orni. Dopo aver analizzato le posizioni dei vari paesi che fanno parte del Consiglio di Sicurezza, e aver stabilito che l'India può contare pienamente soltanto sull'appoggio dell'Urss e della Francia, l'editorialista conclude affermando che comunque vadano le cose l'India deve preoccuparsi di risolvere il problema dei profughi, realtà assai più importante di un voto alle Nazioni Unite. La situazione sul campo, intanto, si fa sempre più diffìcile per le truppe pakistane nel Bengala Orientale. L'offensiva dei Mukti Bahini, i guerriglieri controllati dal governo del Bangla Desh che siede a Calcutta (e dagli indiani) prosegue. Sempre più attive sono anche le formazioni guerrighere di sinistra, i cosiddetti Mujib Bahini, e la conseguenza è che in alcu ne zone si è ricreata la situazione dell'aprile scorso, quando le truppe pakistane non avevano ancora avuto ragione della prima fiammata secessionista: i reggimenti di Islamabad tengono le città e alcuni nodi di comunicazione più vitali, i guerriglieri circo lano liberamente nel resto della zona. La pressione in diana sulie frontiere completa quel che si può ben cniamare un assedio del corpo di spedizione pakistano nel Ben gala. In mancanza d'un progetto di mediazione internazionale, di fronte all'inflessibilità delle posizioni pakistane, indiane e bengalesi, la domanda che si può porre ancora stasera non è se la guerra ci sarà, ma quando e dove, se all'Est o all'Ovest sulle frontiere del Kashemir e del Punjab. L'atmosfera in Pakistan è assolutamente febbrile, i preparativi sono tipici di chi non si aspetta che lo scontro. Oggi le autorità hanno cominciato a requisire gli automezzi nelle zone di confine, mentre continua lo sgombero dei cittadini stranieri Sandro Viola (A pag. 20: Mediazione americana tra India e Pakistan, di Ennio Caretto).

Persone citate: Mujib, Vahya Khan