I calcoli di Delhi di Sandro Viola

I calcoli di Delhi I calcoli di Delhi (Dal nostro inviato speciale) New Delhi, 25 novembre. « L'isterismo delle autorità pakistane » Ila detto oggi il ministro degli Esteri indiano Sing « serve a coprire le loro gravi responsabilità. Esso ci lascia comunque indifferenti ». L'India ostenta una calma assoluta dinanzi alla situazione sui confini col Pa kistan, e al pericolo che es sa possa degenerare in una guerra aperta. Mentre il Parlamento si è occupato oggi soltanto dì affari correnti, nulla, a New Delhi, fa peti sare per ora che il governo intenda proclamare lo stato d'emergenza. Le fonii ".faciali ribadiscono che la posizione sul terreno resta quella descritta ieri della signora Gandhi: le truppe indiane sono attestate entro i confinì nazionali, benché abbiamo l'ordine di oltrepassarlo «quando ciò fosse reso necessario» dai movimenti delle unità pakistane. Secondo il governo di qui, insomma, nessun soldato indiano si troverebbe al momento in territorio pakistano. Del tutto diversa è la versione di Islamabad. Secondo le fonti pakistane, unità appartenenti a cinque diverse divisioni indiane occuperebbero una zona di sessantacinque miglia quadrate nel Pakistan Orientale. La situazione è perciò esplosiva. In una dichiarazione di stamane, il maresciallo Yahya Khan ha addirittura parlato di « punto di non ritorno ». Il Pakistan non vuole la guerra, ha detto pressappoco il maresciallo, ma l'aggressività indiana ha condotto le cose a un punto in cui è difficile scorgere qualsiasi soluzione. La situazione sta divenendo in realtà, per i comandi militari pakistani, molto pesante. L'offensiva in tre zone diverse del Pakistan Orientale lEst, Nordest e Nord) dei guerriglieri bengalesi, sta impegnando seriamente ì reggimenti Punjabi. Nello stesso tempo, i pakistani devono restare all'erta sui confini a causa della pressione indiana. Se si aggiungono, al qua dro strategico, le difficoltà dei rifornimenti, la precarie tà delle comunicazioni e soprattutto l'animosità dell'intera popolazione del Bengala Orientale, non è difficile capire le ragioni di quello che viene chiamato qui « l'isteri I smo pakistano », la forte ten | sione che regna a Dacca e Islamabad L'impressione è che il calcolo indiano si fondi appunto sull'usura delle posizioni politiche e militari pakistane. L'atteggiamento più vantaggioso, per l'India, è per ora di aspettare, lasciando che le azioni dei guerriglieri (abbondantemente equipaggiati con materiale indiano) e l'isolamento politico del regime militare, deteriorino sempre più la capacità di resistenza dei pakistani. Questo deterioramento potrebbe portare a due risultati: o il cedimento del gruppo dirigente (con un nuovo governo disposto a liberare il capo degli autonomisti Mujibur Rahaman e a trattare coi nazionalisti bengalesi), o un gesto di disperazione, vale a dire un attacco contro le posizioni indiane. L'India (che è militarmente più forte) potrebbe reagire senza attirarsi la condanna della comunità internazionale Questa posizione di attesa di New Delhi rende difficile anche un intervento dell'Olili. Se il Pakistan domandasse la convocazione del Consiglio di Sicurezza, e ne ottenesse 0 un invito a cessare il fuoco o una raccomandazione a trattative dirette tra le due parti, l'India si rifiuterebbe di accettare tanto l'uno quanto l'altra L'India non può cessare il fuoco, dicono i portavoce del governo, per la semplice ragione che non sta sparando. Né intende av- viare una trattativa diretta, perché il problema non è quello dei rapporti tra India e Pakistan, ma tra il governo pakistano e la popolazione del Bengala Orientale. Posizione abile, che si spiega nel quadro della vecchia rivalità tra India e Pakistan, e prende forza dagli avve nimenti. La repressione del la volontà autonomista nel Bengala Orientale da parte dei militari pakistani, l'esodo dei profughi e lo shock che ne è venuto all'opinione pubblica mondiale, la sor prendente combattività dei guerriglieri nazionalisti han- no avvicinato l'India a un risultato che ancora un anno fa sarebbe stato impossibile sperare. La crisi, se non lo smembramento, del «Grande Pakistan ». Sandro Viola iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniii

Persone citate: Gandhi, Sing, Yahya Khan