Condannata a 7 anni la ragazza capo della banda che assaltò con due amici la banca nel Novarese di Remo Lugli

Condannata a 7 anni la ragazza capo della banda che assaltò con due amici la banca nel Novarese Processo per direttissima per la rapina di Fontaneto d'Agogna Condannata a 7 anni la ragazza capo della banda che assaltò con due amici la banca nel Novarese Ai complici sono stati inflitti 11 e 7 anni - La giovane, ventenne, era già tura della sentenza ha cominciato ad urlare ed hanno dovuto portarla via di stata arrestata per furto e tentata truffa - Alla leipeso - La madre, presente al dibattito, è svenuta (Dal nostro invialo speciale) Novara. 24 novembre. La rapinatrice ventenne che si vantava di capeggiare la sua bnnda — una Bonnie nostrana con due Clyde anziché uno — è stata condannata dalla Corte d'Assise di Novara a sette anni e quattro mesi di reclusione e quattro mesi di arresto. Processo per direttissima: appena giovedì mattina lei, Margherita Talamona, e i suoi due complici, Teresio Gramoni, 23 anni, e Leonardo Leone, li) anni, hanno fatto irruzione nell'agenzia di Fontaneto d'Agogna della Banca Popolare di Intra e già stasera i tre vanno a dormire in carcere con la loro buona dose di condanna: a Gramoni sono stati inflitti undici anni e quattro mesi di reclusione e otto mesi di arresto, a Leone sette anni e quattro mesi di reclusione e due mesi di arresto. Personaggi non certo piovuti di punto in bianco nel fosco mondo della malavita. Teresio Gramoni, residente a Momo, il più navigato, ha subito in passato una condanna a sei anni e nove mesi per rapina. Era uscito di carcere un mese prima di questo fatto, per scadenza di termine, dopo avere scontato soltanto due anni. Leonardo Leone, nativo di Canosa di Puglia e residente a Novara, in via Monte Grappa 0, ha avuto un perdono giudiziale per furto militare. Margherita Talamona, la Bonnie, era uscita di carcere, in libertà provvisoria, a metà ottobre: il 23 settembre si era presentata alla Banca Popolare di Novara insieme con un amico, Domenico Todisco, per incassare un assegno di seicentomila lire che era stato rubato durante la notte nell'ufficio novarese della Assicurazione Lloyd Italico. Era stata arrestata con l'imputazione di furto e di tentata truffa. La libertà provvisoria magnanimamente concessale le aveva dato la possibilità di mettersi in contatto con il Gramoni e il Leone per organizzare la rapina a Fontaneto d'Agogna. Un « colpo » che, secondo lei, doveva riuscire alla perfezione. I due complici, martedì 16, rubano una « Giulia » e la nascondono in una strada di campagna. Giovedì 18 vanno a prenderla tutti e tre. Vestono tute da falegname, si coprono il volto con calze da donna, raggiungono Fontaneto. Gramoni resta al volante, entrano la Talamona e il Leone, quest'ultimo armato di pistola. « Mani in alto » eccetera eccetera. Escono con un bottino di due milioni. Ma non possono fuggire nella direzione già decisa, verso il luogo nel quale hanno lasciato l'« Appia » di | proprietà della sorella del Gramoni, perché c'è una strada ostruita da una macchina. Vanno verso Vaprio, insegiti- ti da un cliente della banca il Leone sporge la rivoltella dal finestrino minacciosamente. La fuga prosegue a piedi. I tre credono di essere già fuori pericolo, ma due ore dopo, sporchi, infangati, si imbattono in una pattuglia di carabinieri. Sono sospettati, fermati, interrogati. Nella stessa serata confessano, indicano il luogo ove hanno nascosto la busta di plastica con il denaro, la rivoltella e le Iute. La Bonnie dice, altezzosamente: « Sono io la capobanda, sono io che ho organizzato la rapina». Eccola qui, in aula: minigonna cortissima; stivaletti neri lucidi attillatissimi, che salgono a fasciare il ginocchio; capelli castani lunghi e sciolti; bocca carnosa. La minigonna è corta proprio oltre ogni limite e un ufficiale giudiziario corre ai ripari, prima che entri la corte, portando alla ragazza il suo giubbotto di pelle. La Talamona fuma una sigaretta dietro l'altra, aspirando il fumo con forza e avidità. Alle nove e quaranta entra la corte (pres. Francesco Bertone, giudice a latere Giovanni Milano, sei giurati popolari di cui quattro donne). L'avv. Giulio Cesare Allegra per il Leone e l'avv. Ferdinan- do Cardinali per la Talamona e il Gramoni chiedono il rin vio del processo per avere il tempo di studiare gli atti. Il rinvio viene concesso, ma è di poche ore: l'udienza riprenderà alle 15. I carabinieri invitano la Talamona a lasciare l'aula per tornare in carcere. Lei ha una crisi di isterismo, non si sa bene se spontanea o recitata. « Non voglio » grida e cerca di gettarsi a terra, si dibatte forsennatamente. Devono tirarla su, portarla via di peso. In queste scomposte manovre gli abiti si scompigliano, la minigonna già cortissima sale ancora. Dal pubblico, che è folto, salgono mugolìi. Chi è questa Bonnie del Borgomanerese? Andiamo a cercare sue notizie, nell'intervallo. Sua madre, Rosa Anna Talamona, 47 anni, è svizzera. Vive a Novara dal 1946. Qui si accompagnò molti anni fa con un suo connazionale che era già sposato e dal quale ha avuto cinque figli: Eduino, 25 anni, Rosanna 22, Margherita 20, Ernesto 18, Carla 16. Una nidiata non felice. Eduino lavora, Carla è in collegio, Margherita è qui sul banco degli imputati, Ernesto gira per il mondo, è stato in galera per sfruttamento della prostituzione. Il padre svizzero una dozzina di anni fa se n'è tornato in patria e lei, Rosa Anna Talamona, si è sposata con un veneto. Bruno Marcon, che ha tredici anni di meno. Insieme hanno avuto un Aglio, il sesto della nidiata, Marino, che ora ha dieci anni e si trova in collegio. Un fratello del Marcon, Erasmo, che ha 27 anni, ha sposato Rosanna, la figlia maggiore della Talamona, diventando così, oltre che cognato, anche genero della donna. In questo ambiente ha vissuto Margherita dopo essere uscita dai vari brefotrofi e collegi che l'hanno ospitata fino all'età di quattordici anni. Parliamo con Ernesto, il fratello capellone che da tre anni non vive più con la madre e il patrigno ed è tra il pubblico che assiste al processo. Dice: « Come poteva fare Margherita a stare in quella casa? Lui. il marito di nostra madre, era troppo esigente, non la lasciava uscire, se non la domenica e il sabato. Erano sempre liti. Anch'io non ce la facevo a resistere e me ne sono andato ». Andiamo a parlare con la madre di Margherita, che lava i piatti alla mensa sottuf¬ ficiali dell'aeroporto di Ca-1 meri. Ha letto sui giornali della rapina, ma non sa che ! oggi c'è il processo. « Allora chiedo di uscire prima e Dodo anch'io in tribunale. Quanto crede che daranno alla mia Margherita? ». « Tre o quattro anni » rispondiamo ottimisticamente, (f Povera la mia stella » dice la madre. Ha una gran capigliatura fulva, occhi vivacissimi. « Cosa potevo fare, con tutti questi figli e un marito che non è il loro padre? Dovevo per forza lasciarli vivere come volevano, non ero capace di fare diversamente ». Il processo s'inizia regolarmente alle 15. Si ascoltano i testimoni: il direttore e il dirigente dell'agenzia di banca rapinata, il proprietario dell'auto rubata, il capitano dei carabinieri. Non ci sono colpi di scena e per gli avvocati si prospetta ben poco margine di successo, di fronte alla confessione piena. Il p.m., dott. Canfora, chiede delle pene pesanti: 20 anni e 7 mesi per Gramoni, 12 anni e 7 mesi per la Talamona, 12 anni e un mese per Leone. Dopo le arringhe della difesa la corte si ritira. La lettura della sentenza avviene nel silenzio, ma subito dopo Margherita Talamona si mette a urlare, si dibatte, come già ha fatto al mattino. Grida: « Come possono darmi sette anni?! ». Devono riportarla via di peso. Alle sue grida fanno eco le grida della madre che vorrebbe raggiungere la figlia per parlarle, ma poi sviene su una panca del corridoio. E mentre cade le si spegne in gola un'invocazione: «La mia Margherita». Remo Lugli

Luoghi citati: Canosa Di Puglia, Intra, Momo, Novara