Una nuova allucinante versione è fornita dal mostro di Marsala

Una nuova allucinante versione è fornita dal mostro di Marsala Durante il sopralluogo segreto di ieri al tragico pozzo Una nuova allucinante versione è fornita dal mostro di Marsala Michele Vinci dice di aver tenuto Antonella per un giorno legata ad un albero - « Pentito di quanto avevo fatto, gettai anche una corda nel pozzo perché le due sorelle si aggrappassero. Volevo tirarle su» - L'atroce agonia di Antonella nella scuola abbandonata - Due lettere dell'assassino alla moglie: «Venite a trovarmi sennò divento pazzo» (Nostro servizio particolare) Marsala, 17 novembre. Michele Vinci ha guidato ancora una volta il procuratore della Repubblica Cesare Terranova, i carabinieri e la polizia in contrada « Amabilina » accanto alla cava di tufo abbandonata dove uccise le sorelline Virginia e Ninfa Marchese. Il sopralluogo è stato eseguito in gran segreto, dopo essere stato preparato accuratamente per evitare che a Marsala si spargesse la voce della traduzione del mostro dal piccolo carcere di Mistretta. Gli inquirenti e in primo luogo il procuratore, in effetti, hanno temuto per la vita del Vinci. Per questo, pur avendo incontrato ieri i cronisti a Mistretta dove era andato ad interrogare il Vinci per oltre cinque ore. il magistrato si era ben guardato dall'annunciare che di li a poco, il mattino successivo, sarebbe avvenuto a Marsala il sopralluogo con il Vinci presente. L'assassino di Antonella, Virginia e Ninfa è arrivato scortato da numerosi carabinieri armati di mi*ra. Aveva un cappello e un -aio di occhiali scuri, un espediente per evitare che potesse essere riconosciuto. Michele Vinci ha parzialmente modificato il suo primo racconto e dalla nuova versione che ha fornito emerge, inquietante, un nuovo particolare: egli, addirittura, si sarebbe pentito del gesto compiuto scaraventando le sorelline Marchese nel pozzo e avrebbe cercato di salvarle, come vedremo appresso. Terrorizzata Quando Antonella, che aveva assistito terrorizzata al volo delle amichette nel fondo della cava, si mise ad urlare, lui l'afferrò saldamente e la condusse nell'auto su cui l'aveva portata con le Marchese lì in campagna. Immobilizzata Antonella, le applicò addosso il nastro adesivo, l'imbavagliò e quindi la trascinò verso un albero dove la legò. Quindi se ne tornò a casa. Il giorno dopo, 22 ottobre, assalito dai rimorsi — almeno cosi ha raccontato -— senza dare nell'occhio andò in un negozio in periferia dove acquistò una robusta e lunga corda. Corse nuovamente in contrada « Amabilina » dove trovò Antonella sempre legata all'albero e dove, in fondo al pozzo, scorse Virginia e Ninfa che si agitavano ancora invocando aiuto. « Mi affacciai sul bordo del pozzo — ha detto il mostro — e guardai verso il basso. Le bambine erano ancora vive. Ma Antonella chiamava e allora tornai per un attimo da Antonella e pensai che avesse fame. Colsi dei frutti da un campo vicino, le liberai la bocca facendoglieli mangiare. Lei li prese con avidità». Subito dopo, Michele Vinci si precipitò ancora verso il pozzo della mor- te e gettò alle due sorelline la cima della corda forse nella speranza che loro l'afferrassero e si tirassero su, cosa assolutamente impossibile perché sicuramente Virginia e Ninfa, a parte che erano stremate, non avrebbero mai avuto la forza di salire la corda per ventisette metri. Morte nel pozzo Vinci ha sostenuto che non conosceva un'altra via per raggiungere il fondo della cava, cioè l'altra vicina cava di tufo che è stata oggetto di una accurata ispezione nei giorni scorsi. Ninfa e Virginia ormai folli di paura, scorgendo là sopra il mostro che si agitava, strisciarono verso il cunicolo che si diparte dal fondo melmoso della cava. Qui morirono di lì a poco asfissiate. L'assassino ha aggiunto che a questo punto staccò Antonella dall'albero dove la bambina era stata legata per più di un giorno e, tenendola sempre imbavagliata la condusse nella scuola abbandonata di contrada « Giardinello » Era già notte fonda e deposto quel fagottino tremante in un cantuccio della costruzione incompleta, abbandonò la zona temendo di essere scoperto sul fatto. Tornò in città e si unì ai gruppi di vo lontari, partecipando alle battute. L'indomani mattina, facendo ancora credere di correre in campagna per collaborare alle richieste, si ripresen tò nella scuola di contrada « Giardinello » provvisto di pane, carne in scatola e salame: avrebbe voluto dare da mangiare alla nipotina. E qui il racconto si salda con quello già fatto durante la confessione resa nei giorni scorsi. « Mi accorsi che la bambina era molle — ha detto — e allora pensai che fos:;e morta ». A questo punto la tragedia era giunta all'apice, orrenda e truce. « I suoi occhi terrorizzati mi facevano spavento, e allora glieli coprii con il nastro adesivo, poi la cosparsi di petrolio e le diedi fuoco. Scappai ». Antonella prima legata all'albero per oltre un giorno, le due sorelle che dal fondo della cava urlavano disperate, ancora Antonella che poi rimane per più di tre giorni nella scuola di « Giardinello », tutto ciò dimostra che purtroppo le ricerche, all'inizio, furono contrassegnate sì da una grande tensione ma pure da un certo disorientamento. Avrebbero potuto trovarle tutte e tre vive? E' probabile. Ammesso però che la confessione del Vinci sia veritiera. svdtVsfrcptscqsrrPttrcaepcMLe lettere « Leggete, leggete queste lettere e spiegatemele voi, perche io sono troppo ignorante per capirle... ». Anna Impiccichè, moglie di Michele Vinci, ha pianto stamane quando l'avv. Silvio Forti, uno dei due difensori d'ufficio di suo marito, le ha consegnato le due lettere che Vinci ha scritto nel carcere di Mistretta e che il procuratore della Repubblica ha consentito che le venissero recapitate. « Mia cara Anna ti scrivo queste due parole — dice Vinci — per farti sapere che sento tanto la vostra mancanza. Mi sento solo senza di voi. Per favore devi andare dal procuratore per farli dare l'autorizzazione per venire a trovarmi ». Vinci non solo invita la moglie ad andarlo a trovare, ma 1 rivolge analoga richiesta an j che al padre di Antonella: ( « Se vuole venga anche — scrive — Pino, perché gli devo dire qualche cosa malgrado quanto è successo. Quanto è successo — prosegue Vinci — Dio lo sa ed io sto soffrendo. Se vi è possibile fate venire anche mio suocero, perché devo dire qualche cosa anche a lui. Cara Anna prima di tutto voglio vedere te; lo so quello che state pensando in questo momento contro di me, però devo dire qualche cosa che non posso scrivere nella lettera. Mia cara Anna devi cercare di venire al più presto possibile. Per ora tanti saluti e baci tuo Michele ». La lettera ha un post scriptum: « Tanti saluti a tua sorella Carmela, Tina e Maria, ci devi dire a tua madre che anche qui si trova la chiesa ed io ci andrò come sempre tutte le domeniche e dille di pregare anche per me qualche volta. Tanti baci a tutti. Michele, a presto ». Maria, indicata nella lettera, è la mamma di Antonella. « Sentite, come conclude — dice Anna Impiccichè — "a presto": sembra che non si renda conto della gravità del fatto che ha commesso e delle conseguenze che ci saranno. Quello che conta è non ciò che intendeva fare, ma quello che ha fatto. E nessuno di noi gli può perdonare di avere ucciso Antonella ». 11 prego vieni Ed ecco il testo della seconda lettera del Vinci alla moglie: « Ti prego di venire perché impazzisco senza vedere nessuno di voi. Capisco quanto è successo! Il Signore lo sa quanto soffro in questo momento, come ho già detto nella prima lettera. Per favore devi andare dal signor procuratore e ti fai autorizzare e porta pure tuo papà e se è possibile fai venire anche Pino, che gli devo parlare. Cara Anna come tu sai il giorno 28 novembre scadono due cambiali della macchina, una da 15 mila e l'altra da 85 mila, presso la Banca Agraria. Vedi di fare qualche cosa, altrimenti pai-lane con mia sorella Rosa e vedi di venderla. Togli la radio ed altri accessori. Cara Anna, per favore, non dovete abbandonarmi, altrimenti impazzisco. Riguardo la riparazione che ho fatto nella macchina devo dare soltanto 15 mila lire: dalla ditta avevo preso un acconto di 20 mila lire. Cara Anna di' a tua madre di pregare per me, come io prego per voi tutti. Per ora non ricordo altro. Spero solo che qualcuno venga presto. Salutami tanto tua sorella Maria, Carmelìna, Tina, Nino, Matteo. Pino, papà, mamma e nipoti. Baci a tutti, manda qualcuno dalle mie sorelle e di' quello che ti ho scritto per la macchina e me le saluti tanto. Michele ». Anna Vinci ed i suoi familiari non riescono a rendersi conto della apparente tranquillità di Michele. Dice Leonardo Valenti: « Ciò che più mi stupisce è che chieda di incontrarsi con me e con mio suocero, il nonno di Antonella. Io, per conto mio, andrei ad incontrarlo in carcere, ma non ne uscirei più nemmeno io; meglio lasciare stare questo incontro. Ormai ognuno di noi ha la sua strada segnata ». Antonio Ravidà Marsala. Michele Vinci, con gli occhiali, a sinistra, durante il sopralluogo, avvenuto ieri, davanti al pozzo nel quale gettò le sorelline Gina c Ninfa Marchese (Tel. Ansa)