Cavallero ha rievocato la rapina con sei morti

Cavallero ha rievocato la rapina con sei morti Dinanzi alla corte d'assise d'appello Cavallero ha rievocato la rapina con sei morti Il conflitto a fuoco durante l'inseguimento a Milano - Il bandito sostiene di aver sparato per uccidere e tenta di scagionare i complici - Interrogato anche Donato Lopez (Dal nostro corrispondente) Milano, 16 novembre. Davanti ai giudici della corte d'assise drappello Pietro Cavallero ha continuato oggi la rievocazione delle imprese di cui è stato protagonista assieme ad Adriano Rovoletto, Sante Notarnicola e Donato Lopez: in particolare, nel corso dell'udienza odierna, il fuorilegge ha ricordato la clamorosa rapina avvenuta a Milano il 25 settembre 1967 a conclusione della quale quattro persone rimasero uccise e venti ferite. Una quinta persona, un invalido sofferente di cuore, mori qualche giorno dopo per lo choc subito, mentre una signora è morta qualche mese dopo in ospedale a seguito delle lesioni riportate alla spina dorsale raggiunta da un proiettile. Pietro Cavallero per la prima volta ha ammesso di aver sparato per primo sulla polizia e sui passanti anche se ha categoricamente escluso di aver colpito uno di questi. Nella sua lunga e dettagliata rievocazione il fuorilegge ha cercato di addossarsi la maggior parte delle responsabilità scagionando il più. possibile i suoi complici e in particolare Donato Lopez. « La rapina al Banco di Napoli di largo Zandonai — ha esordito Cavallero — doveva essere l'ultima della nostra carriera. L'avevamo organizzata per lanciare una sfida alla Questura di Milano che aveva fatto sapere, in seguito al colpo di qualche giorno prima in corso Lodi, di aver organizzato un servizio di sorveglianza che avrebbe dissuaso ogni rapinatore. Qualche giorno prima del colpo reclutai Donato Lopez. Lo conoscevo da qualche tempo ». « Capii subito che non era un elemento adatto per la banda. Aveva troppa paura. Durante la rapina di largo Zandonai il ragazzo, che aveva avuto l'incarico di fare da palo in strada, non si era reso nemmeno coiito di quanto stava succedendo in banca e quando io, Rovoletto e Notarnicola uscimmo a precipizio balzando sulla nostra vettura, il Lopez rimase perplesso e indeciso ». , Pietro Cavallero ha quindi rievocato la fuga, la sparatoria nelle vie della città e la cattura della banda: «Al volante della nostra auto c'era Rovoletto, alla sua destra il Lopez che teneva fra le gambe un sacco con le armi, sui sedili posteriori io e Notarnicola. In via Pisanello nei pressi della Fiera campionaria un'auto della polizia riuscì ad intercettarci e a lanciarsi all'inseguimento, lo la tenni sotto controllo con il mio mitra e se si fosse avvicinata a più di 50 metri mi sarebbe slato facile metterla fuori combatiimento. Invece la polizia si tenne- sempre a distanza di sicurezza». «Esasperato, diedi ordine a Notarnicola di sparare. Così feci anch'io: abbiamo sparato anche sui civili ma sono certo che nessuno di costoro è stato colpito. Per distanziare la vettura inseguitrice ad un certo punto ordinai al Rovoletto che era al volante di superare un'auto civile. Avevo intenzione di sparare alle gomme per farla sbandare e bloccare di conseguenza la corsa della vettura della polizia ». «Dopo essere riusciti a seminare i nostri inseguitori fermammo l'auto in via Procaccini dandoci alla fuga a piedi: io e Notarnicola davanti. Lopez in mezzo. Rovoletto più indietro. Fatti pochi passi il Lopez, che nella sparatoria era stato colpito di striscio alla fronte, chiamò il Rovoletto per passargli il sacco contenente le armi: il ragazzo non aveva più il coraggio di continuare. Gli feci coraggio passandogli il mio berretto per coprirsi la ferita. Poco dopo, alcuni agenti sbucarono a bordo di una "pantera" da una via laterale e bloccarono il Rovoletto che si era attardato. Vista la scena tornai indietro per liberare il mio compagno. Mentre mi avvicinavo, visto l'autista della "pantera" che stava a sua volta correndo con la pistola in pugno, gli sparai senza esitazione col preciso intento di ucciderlo ». « Puntai lu mia pistola anche contro un terzo agente ma l'ai ma si inceppò. Il poliziotto però non se ne accorse. Credevo che mi sparasse in vece lo vidi girare l'arma verso Rovoletto e far partire un colpo. Il mio complice si accasciò a terra. Alla scena era presente un civile: ho poi saputo che si trattava dell'invalido Roaldo Piva deceduto pei la paura qualche giorno do po in ospedale. Con il Notarnicola e il Lopez abbiamo continuato la nostra fuga: fatto un centinaio di metri, siamo entrati in uno stabile che aveva una doppia uscita Ci dividemmo: Lopez tornò u Torino, io e Notarnicola andammo alla stazione di Porta Genova per prendere il treno per Alessandria ». « Durante il viaggio ero co- \ sì assetato di vendetta clic ì vrasMsnvptoztobaRtèMasss volevo uccidere a freddo due ragazzi e un pescatore che ci avevano dato un passaggio sulle loro auto fino a Casale Monferrato dave la polizìa ci scovò il 3 ottobre successivo nascosti in un casello, ferroviario abbandonato ». Licenziato il Cavallero, il presidente ha chiamato al pretorio Donato Lopez: il ragaz- zo durante l'interrogatorio | Mimmi non ha mai alzato gli occhi da terra. Donato Lopez ha confermato quanto dichiarato nel processo di primo grado e ha aggiunto di essere entrato nella banda in seguito alle minacce di Cavallero: « Quando mi rifiutai — ha soggiunto il Lopez — il Cavallero mi prese a schiaffi e minacciò di fare del male al¬ la mia sorellina ». g. m.

Luoghi citati: Alessandria, Casale Monferrato, Milano, Torino