"Requiem" per il bandito ucciso

"Requiem" per il bandito ucciso Ieri sepoltura sotto la pioggia, presenti un centinaio di persone "Requiem" per il bandito ucciso In un fascio di lettere dalla Germania, le inquietudini e le amare esperienze dell'emigrante: è l'autodifesa postuma di Bruno Barbaro - «Scusate se ancora una volta sono stato un po' triste» - La coabitazione forzata negli alloggi della fabbrica, le serate di desolata solitudine, un senso acuto di inferiorità: « Il tedesco è una macchina con un cervello, gli stranieri pale meccaniche » - Le lettere si fermano all'aprile scorso - Poi tornò in Italia con gli amici che dovevano seguirlo nella rapina Bruno Barbaro è stalo sepolto ieri. La bara e stata chiusa alle 15, la madre ha tagliato una ciacca di capelli del tiglio e gli ha messo tra le mani un'immagine sacra. Poi il furgone funebre e partito e ha attraversato veloce la città, seguito da un corteo d'auto. Un centinaio di persone si sono raccolte al cimitero: i genitori, fratelli e sorelle, compagni di scuola, gli inquilini di via Collino 23, dove abitava. Un solo cuscino di garofani e rose sulla bara: i coinquilini avevano preferito contribuire alle spese per il funerale, perché la famiglia è povera. Alle 16, dopo la benedizione, la bara è stata murata in un loculo di cemento. In silenzio: solo il rumore della pioggia, qualche singhiozzo soffocato, una frase a mezza voce del padre: « Figlio, tiglio mio ». La madre era come impietrita. Cosi si è chiusa, a 28 anni, una vita inquieta. «Era il maschio primogenito — ha detto il padre, l'altro ieri — per noi meridionali, il beniamino. Mi aspettavo cose grandi da lui ». Lo tanno studiare: tino alla seconda media il collegio dei salesiani, poi una scuola privata e nel '61, n diciott'anni. il diploma di ag giustatore meccanico alla scuola allievi Fiat. Ma -nel 1964 lascia la fabbrica e cominciano gli anni inquieti: passa da un'officina all'altra, nel Veneto, di nuovo a Torino e infine, l'autunno scorso, in Germania. Sale sul treno degli emigran- I ti e dice: « Papà, quando torno voglio sistemarmi e aiutare tutti voi ii. Il sogno per cui gli emigranti, all'estero, risparmiano lira su lira, consumando anni di vita dura e difficile, u Invece — dice il padre — abbiamo ricevuto solo tante lettere trtstt e dolorose ». Eccole qui: un fascio di una ventina di fogli, coperti di una fitta scrittura. Non sono soltanto lettere, ma pensieri, appunti, ricordi. Anche una poesia, perché Bruno ha ambizioni letterarie. Ed è un peccato: spesso la facile retorica offusca la spontaneità della testimonianza. Che potrebbe esser anche la confessione di un rapinatore ucciso. « La città dove abito — scrive nella lettera a un amico — si chiama Ducsseldorf, molti la chiamano la piceolu Parigi ed è grossa come Torino. Ma ci sono ti doppio dei Locali che ci sono a Torino, specialmente nel punto dove sorge la città vecchia ogni dieci metri c'è un locale che apre alle 5 dì sera e chiude alle 5 del mattino. In molti locali fumano hashish e prendono LSD, quelli che non si drogano si ubriacano. In questi locali non c'è tempo per annoiar si. anche perché buona parte dei clienti è composta da donne e tra un bicchiere e l'altro arrivano subito le 5 del mattino e allora si perde la giornata di lavoro ». Per Bruno, che viene da Torino, non ci sono molte sorprese in una grande città industriale (f Per prima cosa ti dirò che la Germania non è come alcuni pen sano, il sistema dì lavoro e i sa lari non variano molto da quelli dell'Italia, motivo per cui converrebbe ad ognuno dì starsene a casa sua. Il primo mese ho vissuto come uno zingaro, senza fissa dimora, poi abbiamo trovato una pensione. Giuseppe ed io, ma è stato per poco: dopo quindici giorni ci hanno sbattuti fuori perché abbiamo portato due donne alle due di notte. Ora la fabbrica dove lavoro mi ha dato anche la casa, che sarebbe una stanza con quattro letti dove siamo in quattro, due italiani, uno slavo e un bulgaro ». Molte pagine sono dedicate alle difficoltà della coabitazione, alle liti con i compagni di camera, all'alimentazione. Dice con ironia: « Il pasto è molto vario, se un giorno non mangi patate è perché non hai mangiato ». C'è un acuto senso d'inferiorità: « L'italiano all'estero: come grado d'i- struzione viene dopo il turco, prima ci sono tutti gli altri ». E la sensazione di perdere la propria personalità: « Il tedesco è una macchina con un cervello, gli stranieri sono pale meccaniche ». Le prime lettere sono spensierate, spavalde: « Di solito vado in giro con un bulgaro, un bra¬ vissimo ragazzo che parla tutte le lingue, jugoslavo, cèco, russo e oltre al tedesco un poco d'italiano e d'inglese. E' un vero fenomeno, con lui ho risolto il problema della lingua perché la maggior parte degli emigrati qui è formata da slavi, cèchi, italiani. spagnoli e portoghesi. Con spa- gnoli c portoghesi ci capiamo benissimo, agli altri ci pensa lui ». Ma, a poco a poco, le lettere si fanno più brevi e fredde: « Scusute se ancora una volta sono stato un po' triste, ma penso che questo sia il mio modo di scrivere ». E subito dopo la preoecu- pazlone di rassicurare la madre: « Con ciò non vuol dire che sto male, anzi non sono mai stato così bene ». A casa scrive sempre meno, si abbandona invece a fantasticherie che mette sulla carta. Ecco il lontano ricordo d'infanzia, nella remota Calabria, di un matrimonio rusticano. « Ma ecco che n a a a a e arriva la sposa, ha in testa una corona di fiori bianchi e i capelli neri raccolti e intrecciati, un abito semplice. Si sforza in un sorriso goffo e il suo viso è già segnato dalle lunghe fatiche e dai lavori dei campi, il corpo magro e bruciato dal sole, le gambe secI che e i piedi scottati da quella ! terra arsa dalla lunga estate: una | terra che produce solo sassi e \ spine ». Nella u piccola Parigi n tedesca, ! i locali notturni dove « non c'è j tempo per annoiarsi » perdono presto ogni attrattiva e Bruno si dilunga in un'esercitazione letteraria che, sotto il suono falso delI la retorica, lascia trasparire la i solitudine dell'emigrante: ti Come I ogni sera esco e vado al bar. FacI ciò un giro attorno al banco, e mi siedo dove sedevi sempre tu. j II barista già lo sa e mi porta la mia "ìiell" (birra chiara, n.d.r.), la guardo, la peso e la ripeso, poi la bevo pensando a te. Passano due minuti e il bicchiere è di nuotiti pieno, il barista ormai lo sa. Ora sono arrivato al sesto, al settimo ormai ti vedo già danzare nel bicchiere, ma il tuo profilo ben fisso nella mia mente si dissolve in mille bollicine. E' passata un'altra ora, ormai i bicchieri non li conto più. ma tu sei li, con me. mi guardi, mi sorridi e mi parli di te e mi dici che ti ho persa, ti ho persa per una "Iteli" che ho preferito a te. Barista, un'altra birra ii. Non c'è. in questo fascio di lettere, nessun accenno ai due amici, Raffaele Sabatasso e Ciro D'Angelo, con cui tornerà in Italia all'inizio dell'estate. Né alla donna che verrà con loro: l'amica di Sabatasso. Diana De Angelis, che abbandona per Sabatasso il marito e quattro figli a Wiesbaden. Ma è certamente nel giro di queste amicìzie che si deve ricercare il motivo per cui Bruno Barbaro, il « beniamino » di una onesta famiglia, sabato scorso impugna la pistola e va a rapinare un piccolo orefice della cintura. « Quella sera — dice il padre — ini ha salutato allegro. Erano anni che non lo vedevo sorridere: sempre cupo e triste. Ho creduto che si fosse riconciliato con la vita. Invece andava a morire ». In una poesia ingenua e zoppicante, dedicata a un amico, aveva scritto: ii Ha lasciato la sua patria I è scappato in cerca di qualcosa I ma non sapeva che cosa. I Ha abbandonato parenti ed amici I fratelli e genitori I ha girato paesi e città i provato gioie e dolori I ha imparato nuove lingue e nuove usanze ! ha avuto amici I ha avuto nemici i sempre alla ricerca di quella cosa I ma non sapeva quale I che a casa aveva I e qui non ha. I La libertà a. oSjXt' i^Om- cc^jfc S)sv di ^i /Le -"ì,-^» li. 7 r ■a. l*3jcf f 1 W i lo Vv-O tue. (Icxtc--^ c tot- ^ t ("♦cerve C-fJ.'Vi .lo C/c m isU*~ old S' ék-' Of/va- l t ■fi it^.c a ,-Y^c i fe- tu. i t,ct LlCcJUI j -'tr Ol.cC! .A-v.- Ve* le fWvi Un passo del diario di Bruno Barbaro: « Tra un bicchiere e l'altro arrivano subito le 5 del mattino, allora si perde il lavoro » - Diana De Angelis

Persone citate: Bruno Barbaro, Ciro D'angelo, De Angelis, Raffaele Sabatasso, Sabatasso