Le macchine e i filosofi

Le macchine e i filosofi Le macchine e i filosofi Un» decina ili anni fa, al « Massachusetts Institutc of. Technology » furono condotte, mediante microelettrodi, delle ricerche ormai famose sull'occhio della rana c sulle sue capacità visive. Il risultato fu che, in realtà, la rana non vede ciò che noi chiamiamo « mondo ». Essa vede pochissime cose, quelle che interessano da vicino la sua sopravvivenza: (piali la mosca che si muove o Pala dell'uccello carnivoro che si avvicina; ma non scorge la mosca che le si posa di fianco. In una conferenza tenuta a Royaumont (ora tradotta in Il concetto d'informazione nella scienza contemporanea, De Donalo Ed.), Giorgio de Santillana s'è argutamente servito di questo esempio per giustilicarc in qualche modo gli storici di fronte a un'accusa che spesso viene loro rivolta: quella di guardare ciascuno al passato secondo una prospettiva unilaterale. Lo storico è un po' come la rana c dobbiamo essere indulgenti verso di lui. Anch'egli vede certe cose, mentre non ne vede altre; decide ciò che interessa e ciò che non interessa nella sua descrizione c decide |icr lo più in base a schemi pregiudiziali, che dipendono da ciò ch'egli ritiene bene o male, dal senso che dà al cammino della storia c da molte altre convinzioni. Dobbiamo tuttavia ammettere una certa diversità tra lo storico e la rana. Nessuno rim provera a questa la sua uni lalcralità prospettica, mentre lo storico che vi indulge sembra svolgere in modo non adegua to il suo compito. L'analogia ci insegna a dubitare dell'illusione di una « oggettività » sto rica assoluta (che implicherebbe, al limite, l'eliminazione della personalità dello storico); ma ci indica anche in che sen so si può legittimamente prc tendere una sia pur relativa oggettività. Diversamente dalla rana, lo storico può cambiare la propria ottica, sebbene questa sia una delle imprese più difficili che esistano. E' caratteristica propria del « grande » storico quella di saper moltiplicare le proprie ottiche: solo così, fuori degli 'schematismi semplificatori, il passato rivive nella vari;! ricchezza dei suoi aspetti. Per il lettore che non voglia restare prigioniero di una prospettiva ristretta, è ottima cosa informarsi su o|icrc di argo mento alfine, ma di autori diversi. E ciò vale ancor più se l'argomento in questione è una delle « svolte radicali » che contrassegnano il cammino della civiltà: c la loro stessa complessità che richiede il moltiplicarsi degli schemi interpretativi. Una « svolta » di questo genere è il fiorire della scienza moderna nel secolo XVII. * * Quali sono i precedenti c le connessioni con le vicende storiche più generali? La molla di questa rivoluzione è l'appello all'esperienza, esemplificato da Bacone, - o un mutamento più profondo di strutture concettuali? Sono puri teorici i principali autori del rivolgimento o ad esso contribuiscono egualmente anche tecnici e artigiani? Ecco alcune soltanto delle questioni che lo storico in generale e, in particolare, lo storico della scienza c chiamato ad affrontare: e le sue risposte, naturalmente, sia pur soltanto nelle sfumature, risentiranno della sua ottica specifica. Negli ultimi decenni s'è avuta una rapida crescita degli studi sull'argomento, sì che s'allontana il pericolo della chiusura in una prospettiva ristretta. Ed è un caso felice che siano uscite ora in Italia, (piasi contemporaneamente, le seconde edizioni delle Origini della scienza moderna di Herbert Butterfield (ed. Il Mulino) e dei Filosofi e le macchine di Paolo Rossi (ed. Feltrinelli). Le due opere si integrano ottimamente tra loro e il lettore ha occasione di un salutare esercizio di lettura poliprospettica. Il libro del Butterfield ha già una genesi adatta allo scopo: nato da una serie di conferenze tenute a Cambridge nel '48, è stato pubblicato dal suo autore (nel '57; del '62 è la prima edizione italiana) con l'intento di suscitare « nello storico un po' d'interesse pei la.scienza e nello scienziato un po' d'interesse per la storia ». Lele trd'Barpenaunlasobrulasptanococodcodsiscc nn«tee teinliLtigpfincvdvacisannsltnrivneftvs o a e a o o i o o o e, e r euli e a ie a, e ni riclnro n oha onge al è on lo ei un ». Le ottiche, molto lontane, delle cosiddette « due culture » trovano qui una possibilità d'incontro. E su questo tema Butterfield è ritornato in un articolo posteriore, ora in appendice alla traduzione italiana del suo libro. L'autore, del resto, non è uno « specialista » di storia della scienza: egli è stato professore di storia moderna a Cambridge ed è anche l'autore di uno studio su Machiavelli. Per la capacità di apertura prospettica ciò rappresenta un vantaggio. In primo luogo egli non soggiace alla tentazione, così forte negli specialisti, di considerare tutto dall'interno di una scienza o di un piccolo gruppo di scienze. Pur dando il peso dovuto alla fisica c all'astronomia, non trascura le vicende della chimica c della biologia e, soprattutto, non perde mai di vista la connessione delle scienze c dello «spirito scientifico» con il contesto generale dell'epoca. * * Inoltre, anche se non le cita e discute particolareggiatamente, la sempre i conti con le interpretazioni degli « specialisti », dal Duhcm al Koyrc. La contemperazione delle « ottiche ». con l'eliminazione d'ogni estremismo, è il contributo più genuino dato dal Butterfield, ed è qualcosa di « originale »; come docente, egli sa che è facile insegnare dei nuovi fatti su qualcosa, ma il difficile è proprio rompere il vecchio schema con cui si era abituati a considerare quella cosa. Dato il carattere di sintesi, il volume del Butterfield non si sofferma in analisi minute, anche s'egli è convinto che la nostra migliorata comprensione sia conseguenza « di uno studio molto più analitico delle opere di una grande quantità di scienziati minori, il cui nome sino ad ora eia rimasto relativamente sconosciuto ». E' in questa direzione che si muove esplicitamente Paolo Rossi nel volume già edito nel '62 ed ora ristampato, con una prefazione che discute la letteratura più recente. Anzi, Rossi va ancor oltre nell'esigenza di studiare non solo le cime, bensì anche le vallate. Gli autori minori presi in esame non devono essere esclusivamente tra quelli classificati come «scienziati» o come «filosofi»: si tratta di analizzare anche scritti in cui si manifestano con forza « idee c valutazioni destinate a divenire centrali e ad assumere notevole importanza, anche se espresse, in molti casi, con scarsa o nessuna sistematicità e su un piano ben lontano da quello del rigore concettuale o della coerenza del sistema ». E' in tale prospettiva che Rossi studia la profonda incidenza che l'affermarsi della tecnica e delle macchine, e le connesse ideologie, ebbero nel sorgere della scienza moderna. In questo senso, il suo libro integra bene gli accenni del Butterfield. Ed anche qui, l'avvertenza critica dell'autore non rende mai esclusiva l'ottica. Eppure il rischio dell'esclusivismo è così connaturato al mestiere dello storico, che lo stesso Rossi pare sfiorarlo, almeno nella nuova prefazione. Non si può non essere d'accordo con la sua presa di posizione nei confronti di quella tendenza della cultura contemporanea, nata dal «congiungimento di un marxismo mal digerito con gli esiti dell'irrazionalismo di Heidegger », e che istruisce un processo contro la ragione esprimentesi nella scienza e nella tecnica. Rossi non vuole che « i maghi, gli alchimisti, gli sciamani, facob Bóhme e Paracelso » tornino a occupare il posto di Bacone, Galileo e Diderot. E si può essere con lui, anche se il futuro storico della nostra epoca dovrà « capire », e non condannare, il perché di tale tendenza. Tuttavia, il lettore consape vole dei rischi della prospettiva unilaterale non dovrà interpretare, come potrebbe essere tentato di fare, quel richiamo a Bobine e Paracelso come una condanna del Rossi «storico» alla componente magica e mistica del sorgere della scienza moderna. Significherebbe chiudersi pregiudizialmente in un'ottica, significherebbe non capire, ad esempio, l'importanza di un Keplero. Francesco Barone (D—etepdimlippsrmilscpnsqgondlsnaIeSptsldcsniia

Luoghi citati: Cambridge, Italia, Massachusetts, Royaumont